il manifesto 02-06-2005
Detto fatto: è «no» anche in Olanda
Oltre il 60% di voti contrari, con una affluenza alle urne impressionante
al referendum sulla Carta Ue. Significativo il No dei giovani. Oggi si
riunisce il parlamento
Luca Tomassini
Anche l'Olanda ha detto no alla Costituzione europea, e lo ha detto
forte e chiaro. Secondo le prime stime dell'esito del referendum «consultivo»
di ieri ben il 63% dei votanti si è espresso contro la Carta e solo
il 37% si è pronunciato a favore. Un vero e proprio abisso dunque,
persino più ampio di quello emerso dalle urne francesi domenica
scorsa. Alle urne si è recato un impressionante 62% degli aventi
diritto, una percentuale tanto più significativa se si considera
che l'affluenza alle ultime elezioni europee è stata del 39% e decisamente
superiore a quel 30% che i maggiori partiti ritenevano necessario per considerare
«politicamente vincolante» la consultazione. E grazie al voto
elettronico, oramai introdotto in tutto il paese con la sola eccezione
di Amsterdam, si tratta di dati estremamente affidabili.
A questo punto il rigetto della Costituzione da parte del parlamento
appare sostanzialmente scontato: la discussione in aula comincerà
già oggi e certamente non durerà a lungo.
Intimoriti ma non certo terrorizzati dall'accelerazione del processo di integrazione e allargamento dell'Unione, confusi da un testo incomprensibile e decisi a difendere le loro conquiste sociali e civili, i cittadini olandesi non hanno voluto rinunciare a quella che è stata percepita come una straordinaria occasione di partecipazione democratica. E chiedono a Bruxelles una pausa di riflessione e maggiore trasparenza nei processi decisionali.
Qualche informazione sul comportamento elettorale dei più giovani è poi arrivata durante la giornata di ieri con la diffusione dei risultati di un piccolo «anticipo» di referendum tenutosi tra lunedì e martedì nelle scuole superiori di tutto il paese. Dei 50mila studenti che hanno partecipato ben il 70% si è dichiarato contrario alla Carta, senza differenze di rilievo tra i grandi centri urbani e le zone rurali.
Il primo ministro Jan Peter Balkenende si è naturalmente detto
«molto deluso» dal risultato, per subito aggiungere che «il
processo di ratificazione della Costituzione deve continuare». Balkenende
ha assicurato che l'esecutivo prenderà molto sul serio «le
preoccupazioni degli olandesi sulla perdita di sovranità e identità
del nostro paese e la velocità del cambiamento», escludendo
implicitamente eventuali dimissioni.
Anche i liberali del Vvd rispetteranno la volontà degli elettori
e sottolineano che l'esito del referendum indica «una diffusa sfiducia
nell'Europa». Altrettanto farà la piccola D66.
Amarezza anche tra i sostenitori di sinistra del trattato, ma per il
segretario dei socialdemocratici del PvdA Bert Koole si è trattato
di «una festa della democrazia».
Entusiasmo alle stelle come naturale in casa del Partito socialista
(Sp), senza dubbio il principale artefice di questo risultato. Per il segretario
Jan Marijnissen «il no dell'Olanda servirà da sveglia per
i politici di Bruxelles e L'Aia», e se «l'integrazione europea
è un fatto e la collaborazione deve continuare, la sua direzione
e la sua velocità devono cambiare». La Sp propone infine una
Convenzione nazionale sull'Europa.
L'estremista di destra Geert Wilders si è detto «immensamente orgoglioso di un'Olanda che ha votato per la conservazione della sua identità e contro il superstato europeo» e ha annunciato la presentazione di una mozione di sfiducia contro il governo. Per il leader della Lista Pim Fortuyn gli elettori hanno detto no a una campagna elettorale «in stile Berlusconi».
Ma quali saranno le conseguenze sul panorama politico olandese di un
voto che a soli tre anni dalle elezioni politiche del 2002 (quelle immediatamente
successive all'assassinio di Pim Fortuyn) indebolisce ulteriormente la
legittimità dell'intera classe politica del paese?
Una caduta dell'esecutivo nei prossimi giorni appare improbabile. Certo,
così come la sua maggioranza il governo è debole e diviso
e lo sarà ancora di più dopo un voto che è anche una
pesante censura al suo operato, ma al momento non ci sono alternative a
Balkenende. Il ricorso a nuove elezioni politiche sarebbe quindi inevitabile
e come è comprensibile i sostenitori del sì, sia a destra
che a sinistra, faranno di tutto per impedire al fronte dei contrari (e
in particolare a una Sp in continua crescita nei sondaggi) di passare immediatamente
all'incasso della vittoria. Una preoccupazione, questa, che probabilmente
toglie il sonno ai vertici del Partito socialdemocratico e dei Verdi: alla
loro sinistra da oggi in poi non c'è un pugno di reduci ma una formazione
politica che su un tema tanto importante ha saputo essere dalla parte della
maggioranza degli olandesi.
Intanto già ieri, a urne ancora aperte, i GroenLinks hanno lanciato
la proposta di una modifica della Costituzione olandese per rendere possibili
referendum «addirittura» correttivi, ripresa in serata dal
vicepremier Boris Dittrich. La base del partito era in larga maggioranza
contraria alla Carta e non è sorprendente che Femke Halsema abbia
sentito il bisogno di ricordare che «è estremamente importante
che l'élite politica lasci esprimere i cittadini più spesso,
per esempio sull'ingresso della Turchia nell'Unione». Sono comunque
in molti a ritenere che da ora in poi sarà molto più difficile
non consultare direttamente i cittadini sulle questioni più importanti.
E se si aggiunge che oramai l'idea di elezione diretta del primo ministro
è definitivamente entrata nel dibattito politico, si ha una misura
di quanto incerto potrebbe essere il futuro dei Paesi bassi.
Mailing List di Riforme istituzionali |