L'Unità 14-09-2005
Non resteremo a guardare
di Antonio Padellaro
È la legge truffa che una destra disperata vuole imporre con
un golpe di maggioranza a sei mesi dal voto. È un colpo di mano
che disattende la volontà popolare sancita in due referendum, quello
sulla preferenza unica e quello che ha introdotto il maggioritario. È
una situazione di emergenza democratica, di fronte alla quale l’opposizione
tutta deve mobilitarsi, subito, nel Parlamento e nelle piazze.
È un imbroglio senza precedenti perché Berlusconi cambia,
all’ultimo minuto e proditoriamente, quelle regole del gioco che in qualsiasi
democrazia, appena decente, devono essere condivise dagli schieramenti
in campo. Si abolisce con un tratto di penna il sistema maggioritario che
secondo tutti i sondaggi tiene la Casa delle libertà dai cinque
ai nove punti sotto l’Unione. E si torna a quel sistema proporzionale,
mercato di voti comprati e venduti ai tempi della prima repubblica e quindi
prediletto dalle consorterie eredi di quella gloriosa tradizione e oggi
pascolanti a destra. La manovra diventa banditesca con lo sbarramento al
4 per cento: fino a oggi limitato alla quota proporzionale (25 per cento
dei seggi); da domani esteso all’intero Parlamento, se il golpe verrà
attuato. Significa, in concreto, che la Cdl conserva più o meno
i suoi voti poichè tutti i partiti che ne fanno parte ( Forza Italia,
An, Lega e Udc) superano lo sbarramento. Mentre nell’Unione, escluse le
tre sigle maggiori (Ds, Margherita, Rifondazione comunista) ci sono almeno
cinque formazioni sotto la tagliola del 4 per cento: Sdi, Verdi, Pdci,
Udeur, Italia dei Valori. Insieme (sondaggio Mannheimer dell’altro ieri)
sommano una percentuale che va dal 5,5 al 9.
Se passa la truffa tutti questi voti espressi liberamente dagli elettori
non conteranno più niente: spariti, cancellati, annullati. Ma il
peggio non è questo. La banda del buco ha escogitato un premio di
maggioranza a favore della coalizione di partiti che prevale sull’altra.
Mettiamo che l’Unione prenda il 43 per cento dei voti complessivi e la
Cdl si fermi al 38 (che è il distacco misurato dai sondaggi più
prudenti). Con la regola messa a punto dai maestri del furto con scasso
la Cdl conserverebbe il suo 38 per cento mentre all’Unione verrebbe tolto
quel 5-6-7 per cento di voti ricevuti dai partiti sotto lo sbarramento.
Risultato: la Cdl non solo vincerebbe pur avendo perso ma stravincerebbe
rapinando all’Unione anche il premio di maggioranza.
Quello che sta succedendo è talmente intollerabile che le forze
dell’Unione si stanno già mobilitando per impedire con una valanga
di emendamenti che a questo disgraziato paese, dopo i furti di verità
e legalità, venga sottratta perfino la libertà di voto. Purtroppo,
a causa dei regolamenti parlamentari che pongono precisi limiti temporali
a una simile azione di contrasto, il golpe potrà essere ritardato
ma non impedito.
Come spesso è accaduto l’ultima speranza è riposta in
Ciampi. Già ci si chiede se il capo dello Stato non debba rifiutarsi
di promulgare una legge così devastante sia della volontà
popolare espressa nei referendum che della regola democratica secondo cui
una maggioranza uscente (e non più maggioranza dopo le ultime ripetute,
clamorose sconfitte elettorali) non debba poter stravolgere il sistema
elettorale per sua convenienza alla vigilia delle elezioni.
La nostra è una pressione su Ciampi? Sì che lo è,
rispettosa ma drammatica, convinti come siamo che anche lui sia consapevole
dell’enormità di quanto sta per accadere.
Purtroppo avevamo ragione nel pronosticare che Berlusconi non si sarebbe
arreso tanto facilmente. Adesso sappiamo che la sua sicumera nel pronosticare
un prolungamento indefinito del regime, pur imputridito e cadente, aveva
una ragione d’essere. Conosceva il piano della banda. Lui faceva da palo
mentre i bravi ragazzi, Follini e Casini, si preparavano allo scasso. Che
triste barzelletta quella dell’Udc, brava e buona. Perciò è
necessario che alla pressione dell’opposizione si unisca quella, pacifica,
democratica ma ferma dei cittadini. Questi signori devono sapere che non
resteremo a guardare mentre loro fanno scempio dei nostri diritti.
Liberazione 14-09-2005
Accordo fatto sul proporzionale, ma è pieno di trappole. Parla
Franco Giordano: «Siamo proporzionalisti ma questa è una proposta
inaccettabile»
La destra cambia la legge elettoraleL'Unione unita: è un
blitz, è illegale
Rina Gagliardi
Una nuova legge elettorale è alle porte: ecco la notizia politica
più rilevante della giornata di ieri. Dopo settimane di indugi,
incertezze e conflitti interni, il centrodestra sembra aver trovato la
quadra, come si usa dire, e ha presentato una proposta di "riforma" che
cancella l'attuale maggioritario e lo sostituisce con un meccanismo di
tipo proporzionale. Tutto di corsa, tutto di fretta, per arrivare in tempo
alle prossime, decisive politiche della primavera del 2006. Tutto ben calibrato
per mettere d'accordo le forze della "Casa della libertà"- i falchi
di Forza Italia e Lega, le colombe dell'Udc, i mediani di An - finora divise
su tutto, anche e soprattutto sulla "filosofia" elettorale e sulla logica
della rappresentanza. E senza tentazioni bipartisan, anzi andando ad uno
scontro frontale con l'Unione e con l'intera opposizione, che annuncia
fiera battaglia. Sarà questo che ci mette subito in forte, fortissimo
sospetto politico e ci impedisce, perfino, di gustare almeno un pochino
questo annunciato affondamento del maggioritario? Sarà che, fino
a prova contraria, vale il vecchio motto timeo Danaos et dona ferentes,
ovvero nessuno, men che mai gli avversari, ti regalano mai nulla che non
contenga una trappola?
Ne parliamo a lungo con Franco Giordano, presidente dei deputati di
Rifondazione comunista, reduce da un minivertice dell'Unione, dove, come
di rado succede, si è convenuto all'unanimità che ci si batterà,
fino in fondo, per far morire questa "riforma". Secondo Giordano, non è
solo come temevamo - è anche peggio. Il trucco c'è, e si
vede. Lo strumentalismo è palese, come l'obiettivo: evitare con
ogni mezzo la sconfitta certa, la débacle leggibile in tutti i sondaggi
come nella coscienza di massa. Perciò, dice il capogruppo del Prc,
la proposta di riforma elettorale berlusconiana è "inaccettabile",
anzi "irricevibile" - anche per noi, vecchi e se mai incalliti proporzionalisti.
Perché? «Perchè per il centrodestra si tratta di un
tentativo di aggirare, quasi di bypassare le proprie difficoltà
politiche e di consenso, con un meccanismo ritagliato su misura sui propri
interessi e le proprie esigenze. Sanno che perderanno, sanno che non un
governo, ma un intero ciclo politico, quello berlusconiano, è ormai
finito. Ma non hanno né progetti né strategie vere di ricambio:
perciò, tentano di agganciarsi ad un'ultima ciambella di salvataggio,
rilanciando un proporzionalismo gravemente pasticciato, ambiguo, truccato.
In queste condizioni, non c'è neppure lo spazio per iniziare un
confronto, o una discussione: in nessun caso, noi potremmo dare una mano
a Berlusconi, o consentirgli una chance in più». In sintesi:
a questa proposta di nuova legge elettorale, il Prc oppone una priorità,
una pregiudiziale politica, prima ancora, perfino, di ogni considerazione
di merito. «Potremmo farlo, certo» spiega Giordano «se
non ci fossero questi più che fondati sospetti, se il campo fosse
sgombrato da ogni inquinamento. Oppure, se la proposta fosse, più
o meno, condivisa da tutti. Ma si dà il caso che non si sia verificata
né l'una né l'altra condizione».
Resta la domanda: ma dove va a finire, a questo punto, la nostra vocazione
proporzionalista? «Essa resta intera, per la prossima legislatura,
quando rilanceremo il confronto sulla nostra proposta di costruire in Italia
un vero sistema proporzionale, sul modello tedesco, che incorpori anche
l'obiettivo di una riforma di fondo della politica». Ma andiamo a
vedere di che si tratta - andiamo a scoprire le carte distribuite, nientemeno,
che dal mitico Calderoli. (Chi l'avrebbe mai detto, tra parentesi, che
il ministro leghista fosse in grado di scrivere una legge?) Dunque, la
"riforma" del centrodestra prevede prima di tutto l'abbattimento dei collegi
uninominali: al loro posto, liste di partito, articolate su base circoscrizionale,
con lo sbarramento - alla Camera - del 4 per cento. E le coalizioni? Ecco
il primo trucco: le coalizioni, formalmente, scompaiono, ma al loro posto,
ci sarà l'indicazione del premier designato da ciascuno dei due
poli. Una scelta in palese contrasto con il dettato costituzionale. Secondo
trucco: al di sotto del 60 per cento, scatterà un consistente premio
di maggioranza, cinquanta deputati in più allo schieramento vincente.
Terzo trucco: nella celebre "gabina", gli elettori troveranno due schede,
una senza preferenze e una con le preferenze. Avete capito bene, anche
se sembra una cosa da matti: due voti, ambedue proporzionali, per eleggere
le due metà di ogni ramo del parlamento. «Queste tre cose
- dice Giordano - mettono insieme ciò che insieme, in ogni caso,
non sta: nessun sistema elettorale prevede che ci siano sia la quota di
sbarramento sia il premio di maggioranza. In questo modo, la Cdl si confeziona
il meccanismo più adatto al suo pluralismo interno - che è
al tempo stesso quello meno adatto al panorama attuale dell'opposizione».
Spieghiamoci ancora. E' la commistione tra quorum e premio di coalizione
che risulta duramente penalizzante per l'Unione, abitata, come è
noto, da partiti (Verdi, Pdci, Id, Udeur, Radicali, Sdi) che presumibilmente
non raggiungeranno da soli la soglia del 4 per cento: tutte minoranze che
non solo rischiano di non essere rappresentate, ma di non concorrere neppure
a definire la quota di consenso complessiva dell'Unione. Un po' come, insomma,
se la soglia di sbarramento fosse estesa alla coalizione, che pure è
"data", non formalmente rappresentata.
Viceversa, questa commistione risponde bene agli interessi dell'altra
coalizione: divisa, sgangherata, sgangheratissima, ma fondata su partiti
che possono prendere tutti almeno il quattro per cento. «Una prova
ulteriore che la proposta è concepita pressoché esclusivamente
sia sui problemi sia sugli interessi del centrodestra. E che l'opposizione,
compresi i proporzionalisti quali noi siamo, tutto può fare fuorché
aiutarli a varare un meccanismo, sostitutivo di un prevedibile deficit
di consenso». Aggiungiamo infine una spiegazione razionale (si fa
per dire) del mistero della doppia lista: soprattutto a Sud, «essa
serve a riattivare il voto clientelare e di scambio, a tutto vantaggio
dei neocentristi». I furbissimi Follini e Casini, insomma, hanno
capito come si fa, in un colpo solo, a rimanere alleati di Berlusconi,
cioè a non rompere con un leader e un'alleanza che odiano, però
sancendo - per via elettorale - la loro relativa autonomia. Se la manterranno,
quell'altra lista, con le preferenze, non sarà una magnifica leva
per attirare localismi, centrismi e terzaforzismi di tutti i tipi? Così,
mentre sull'Unione si scaricherebbero tutti i problemi di ristrutturazione
e riaggregazione tra forze diverse, la Cdl metterebbe in campo la sua nuova
"offerta" di candidati, la più ricca e articolata possibile. Intanto,
s'intende, il "pactum sceleris" verrebbe (o verrà) completato con
il voto unanime sulla devolution, alla quale l'Udc era avversa e che anzi
aveva addirittura minacciato di non votare. Ora, grazie a questo magnifico
scambio, tutto - dal loro punto di vista - può ricominciare a tornare.
Ce la faranno? «Io ne dubito, nonostante appaiano molto determinati»
afferma Giordano. «Dubito che una legge elettorale possa davvero
servire a mascherare la fine di un consenso, il disaggregarsi di un blocco
sociale, insomma quel tramonto del berlusconismo di cui dicevamo».
Perciò? «Perciò, cercheremo di bloccare questa legge
con il massimo di forza e di unità di cui siamo capaci. Questa può
e deve essere l'occasione giusta per riaprire con pari forza la questione
sociale: che resta il banco decisivo di prova della nostra opposizione
di oggi e. Salari, lavoro, contratto metalmeccanico, lotta alla precarietà,
nuovo modello di sviluppo: il banco di prova vero è questo».
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