il manifesto 14/10/2005
TRUFFARELLUM: Scheda
IL NUOVO PROPORZIONALE
La riforma elettorale prevede un sistema proporzionale basato sulle
circoscrizioni. I candidati saranno inseriti in liste bloccate di partito.
Non ci saranno quote riservate alle donne nelle liste.
2, 4, 10% DI SBARRAMENTO
Nel provvedimento sono previste tre soglie di sbarramento nazionali
per la camera: una del 10% per le coalizioni, una del 4% per le liste non
coalizzate e una del 2% per quelle coalizzate. E' stata introdotta anche
una modifica ribattezzata `salva-Moroni' che prevede che partecipi al riparto
dei seggi anche la lista collegata che ha ottenuto il miglior risultato
pur non superando il 2%. Per quanto riguarda il senato le soglie di sbarramento
sono, invece, regionali e del 20% per le coalizioni, dell'8% per i partiti
non coalizzati e del 3% per quelli coalizzati (per Palazzo Madama non sono
previsti ripescaggi come alla Camera).
IL «CAPO» NON IL PREMIER
Le liste, al momento del deposito del contrassegno, indicano il «capo
della forza politica» (sempre «fatte salve le prerogative del
presidente della Repubblica» nella nomina del premier). I partiti
collegati in coalizione e che si candidano a governare, inoltre, presentano
un unico programma elettorale nel quale viene dichiarato il nome e cognome
della persona «da loro indicata come capo della coalizione».
PREMIO DI MAGGIORANZA
Si prevede un premio di maggioranza nazionale per la camera e un premio
di coalizione regionale per il senato. Qualora non li ottenga, alla coalizione
vengono assegnati 340 seggi di Montecitorio, pari a circa il 54%. La coalizione
che andrà all'opposizione, in questo caso, ne avrà 277 (in
quanto 12 sono attribuiti dalla circoscrizione Estero e uno alla Valle
D'Aosta). Al Senato, invece, il premio di maggioranza attribuisce alla
coalizione vincente il 55% dei seggi assegnati alla regione.
IL LODO MUSSOLINI
Non sono richieste sottoscrizioni ai partiti o gruppi politici con
un gruppo alla camera o al senato e lo stesso vale per le liste collegate
con almeno due partiti e che abbiano almeno un seggio all'Europarlamento.
Una mossa che dovrebbe servire a salvare il partito di Alessandra Mussoloni.
L’approvazione alla Camera d’una legge che ripristina in Italia
un sistema proporzionale pasticciato e inclinato verso la fine del bipolarismo
e gravi rischi di ingovernabilità e nello stesso tempo ignora i
risultati del referendum popolare del 1993 a favore del sistema maggioritario,
costituisce l’ennesimo e il più grave colpo di mano dell’attuale
maggioranza parlamentare.
Una maggioranza incapace di governare e di risolvere i problemi economici
del Paese che parla sempre di dialogo con l’opposizione ma che dimostra
ogni giorno di più di ignorare e non voler rispettare la Costituzione
repubblicana del 1947 che ci ha regalato sessant’anni di democrazia.
La cosiddetta Casa delle Libertà non soltanto accantona la necessità
rispettata in tutti i Paesi democratici dell’Occidente di non cambiare
le regole del gioco elettorale quando sono imminenti le elezioni politiche
generali ma agisce anche stabilendo che non hanno nessuna importanza gli
articoli decisivi della Carta tuttora vigente.
E fa questo sia perché ha una mentalità tendenzialmente
autoritaria che sogna il modello gollista (le eccezioni individuali che
pure ci sono sembrano finora non avere nessun diritto di cittadinanza nella
coalizione berlusconiana) sia perché, tesa nel disegno illusorio
di sfuggire con ciò a una sconfitta ormai inevitabile, ritiene poco
significativi i clamorosi aspetti di incostituzionalità presenti
nel disegno di legge che sarà tra poco in discussione al Senato.
Non c’è bisogno di essere raffinati giuristi per cogliere le
evidenti contraddizioni del testo licenziato dalla Camera dei deputati.
Il più rilevante, a mio avviso, è proprio l’elezione al Senato
in cui, applicando il meccanismo del premio di maggioranza alla coalizione
vincente regione per regione, sarà inevitabile che in varie regioni
non si realizzino i presupposti necessari per la rappresentanza o che coalizioni
che hanno raggiunto il 30 per cento rappresentino per così dire
la maggioranza degli elettori. Sicchè verrà a determinarsi
una condizione di indubbia disuguaglianza per l’elettore a seconda della
regione in cui eserciterà il suo diritto di voto.
Questo elemento configura un aspetto importante di incostituzionalità
perché mette in discussione i prefetti espressi con chiarezza dall’articolo
3 della Costituzione che pure la maggioranza di centro-destra non intende
o non osa riformare neppure nel progetto di revisione costituzionale già
approvato dalle Camere e che sarà ridiscusso a partire dal venti
ottobre prossimo per una successiva e definitiva approvazione (salvo l’esito
del prevedibile referendum previsto dalla Carta a richiesta di un quinto
dei deputati,cinque consigli regionali o cinquecentemila elettori).
Se a questo si aggiunge che le liste bloccate sottraggono al corpo
elettorale qualsiasi possibilità di scelta tra i vari candidati
e danno alle segreterie dei partiti l’intero potere di decidere chi andrà
in Parlamento è indubbio che ci troviamo di fronte a una legge che
riesce nello stesso tempo a ostacolare qualsiasi rinnovamento delle classi
politiche dirigenti e ad allontanare ulteriormente la società civile,
già da lungo tempo gravemente delusa, da ogni partecipazione democratica.
In una situazione come quella descritta nei suoi effetti più
significativi c’è da chiedersi se non spetti agli organi di controllo
e garanzia costituzionale (primo tra essi anche in ordine tempo il Capo
dello Stato) intervenire con gli strumenti previsti (richiamati l’altro
giorno anche dall’ex presidente Cossiga che ha ricordato il suo intervento
a proposito della legge sull’obiezione di coscienza) per risparmiare al
Paese le conseguenze assai gravi di una simile scelta.
Avevamo raggiunto undici anni fa l’instaurazione di un bipolarismo
che l’attuale maggioranza di centro-destra aveva abbracciato con entusiasmo
e che in meno di dieci ha consentito a Berlusconi (anche per l’inosservanza
della legge del 1957 sulle incompatibilità) di diventare per due
volte presidente del Consiglio ed ora lo stesso uomo che pareva aver voluto
il bipolarismo lo vuol seppellire nella vana speranza di sfuggire al giudizio
negativo della maggioranza degli italiani.
E lo fa con l’arroganza e la disinvoltura costituzionale (ad esser
buoni) che ha caratterizzato in questi quattro anni la sua opera di governo
ricca di leggi ad personam e contra personam ma scarsa di rispetto verso
i suoi elettori e tutti gli italiani.
Non tutto peraltro è perduto. È così pericoloso
per il bipolarismo e la governabilità, oltre che per gli aspetti
incostituzionalità il testo licenziato dalla Camera, che c’è
da sperare che in una parte almeno della Casa delle Libertà si aprano
spiragli per emendamenti che correggano il pasticcio combinato finora e
che possano esserci emendamenti in grado di eliminare alcune contraddizioni
particolarmente gravi.
Anche se il clima è stato fortemente deteriorato dall’atteggiamento
della maggioranza, il rischio di una mancata promulgazione in tempi rapidi
o di una pronuncia negativa della Corte Costituzionale potrebbero persuadere
una parte della maggioranza a correggere parzialmente l’attuale impostazione.
Questo è almeno quello che dobbiamo augurarci e sperare per
il Paese in cui viviamo e per il bene pubblico che dovrebbero stare a cuore
non soltanto a chi lotta per cambiare ma anche chi detiene oggi la maggioranza
parlamentare. La storia della Repubblica non finisce con le prossime elezioni
ma è destinata ad andare avanti, ci auguriamo, con il metodo democratico
fissato nella nostra Costituzione.
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