Riforme Istituzionali
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Repubblica.it 25-01-2006
 
Grazie a un'incessante mediazione sembra ricucito lo strappo con il Quirinale
Dopo il secco "no" dell'Udc messa da parte l'idea di votare a maggio
 
Berlusconi e Ciampi verso un'intesa
 
Voto ad aprile, camere sciolte a febbraio
Per le politiche verrebbe confermata la data concordata a suo tempo
Il Parlamento proseguirebbe invece i suoi lavori per altri 12 giorni

ROMA - Dopo lo scontro di lunedì, una fitta ragnatela di contatti tra palazzo Chigi e il Quirinale sembra essere riuscita a ricomporre la rottura tra Silvio Berlusconi e Carlo Azeglio Ciampi sulla data dello scioglimento delle camere e delle elezioni. L'intesa ipotizzata tra premier e capo dello Stato prevede la conferma del voto il 9 aprile e un breve rinvio dello scioglimento del Parlamento, assicurando in cambio la contestualità con il decreto che indice i comizi elettorali. Berlusconi, se l'accordo sarà confermato, rinuncia così all'idea avanzata lunedì di far slittare le politiche a maggio. Marcia indietro obbligata dal muro alzato dall'opposizione, ma soprattutto dal no dell'Udc.

Se questo scenario si avverasse, i due decreti dovrebbero quindi essere emanati al ritorno di Ciampi da Torino, dove il capo dello Stato sarà il 10 febbraio per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali. Il governo e la maggioranza guadagnerebbero così 12 giorni per l'attività parlamentare prima della definitiva fine della legislatura.

Il premier, secondo indiscrezioni, avrebbe informato il Consiglio dei ministri su questa ipotesi di compromesso, facendo sua la metafora calcistica usata ieri dal ministro per i rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi: "Non pretendo di giocare i tempi supplementari, ma almeno di arrivare all'ottancinquesimo minuto".
Il Quirinale non avrebbe ancora accettato questa ipotesi di mediazione, ma non l'avrebbe neppure respinta. Ed appare chiaro fin dal pomeriggio che qualcosa è cambiato, tanto che in serata il capogruppo di An Ignazio La Russa può dire che domani "si ricomporrà" la questione con il Quirinale e si andrà a votare il 9 aprile tenendo le Camere aperte fino al 10 febbraio.
La giornata si apre con Berlusconi che dai microfoni di Radio anch'io, nuova tappa della sua maratona mediatica, si sforza di gettare acqua sul fuoco e di minimizzare il suo scontro con Ciampi. "Stupidaggini pure", definisce i resoconti giornalistici sul braccio di ferro con il Quirinale. E poi spiega che la legislatura potrebbe sì continuare fino a maggio, salvo aggiungere che si è deciso per il 9 aprile per evitare il cosiddetto ingorgo istituzionale.
"Noi chiediamo solo - dice conciliante il premier - di non gettare alle ortiche il lavoro avviato dal Parlamento e quindi un paio di settimane in più, ferma restando la data del 9 aprile per le elezioni". Una dichiarazione distensiva rispetto al crudo aut aut di ieri.
Dopo pochi minuti, si riunisce l'ufficio politico dell'Udc, che si schiera con Ciampi sulla data del voto ad aprile. "Non esiste per l'Udc una data diversa dal 9 aprile per le elezioni. Non siamo disponibili ad altri giochi e giochini", scandisce il segretario Lorenzo Cesa. Parole che ricevono la benedizione di Pier Ferdinando Casini, che finora si è mantenuto equidistante tra le diverse posizioni in campo.
Poi, nonostante lo scontro alla conferenza dei capigruppo al Senato tra maggioranza e opposizione, con il diessino Gavino Angius che lascia imbufalito la riunione, Piero Fassino va in televisione e fa una mezza apertura sull'ipotesi di un rinvio dello scioglimento delle Camere. Di fronte alla proposta di un titolo per sintetizzare la sua posizione ("Qualche giorno di più? Purché si voti il 9 aprile"), il leader della Quercia commenta: "Per noi è dirimente che si voti il 9. Diciamo che il titolo non è infedele".
Alla fine la volontà di evitare uno scontro deflagrante tra il premier e il capo dello Stato sembra insomma prevalere. Il via libera alla proroga per l'attività delle Camere appare meno importante dell'assicurazione che, quando il Ciampi scioglierà le Camere, il governo non tarderà a convocare i comizi elettorali (premessa indispensabile per far entrare in vigore la par condicio in tv).


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