Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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il manifesto 17-03-2006
 
D'Alema: «Pronti al referendum»
 
«Con le buone o con le cattive» contro il proporzionale già rinnegato da tutti. Ma chi rischia è l'Unione
 
Cosimo Rossi
 
«E' un orrore di legge e noi la cambieremo ricorrendo nel caso anche al referendum popolare», minaccia Massimo D'Alema. Contro la riforma elettorale «infame» varata dal centrodestra il presidente Ds intende insomma che il suo partito e gli alleati dell'Ulivo procedano «con le buone o con le cattive». Perché, in vero, al prossimo parlamento - qualche che sia la forza della coalizione unionista - non sarà affatto facile riuscire a modificare la legge. E tantomeno con l'evocato consenso del centrodestra. Che la nuova formula di voto sia «una porcata» è la confessione resa a sorpresa mercoledì sera dal leghista Roberto Calderoli. «Avendola fatta lui, mi sembra una definizione seria e autorevole», commenta quindi un Romano Prodi più brillante del solito e attento a rimproverare il presidente della camera Pierferndiando Casini: che prima «l'ha approvata in pieno» e ora invece «la critica con durezza» anche lui. Come quasi tutto il centrodestra, per altro. Il Carroccio, in vero, non ha mai visto di buon occhio la mossa della disperazione imposta dal Cavaliere e caldeggiata soprattutto dai centristi dell'Udc: con il maggioritario, infatti, la sconfitta del centrodestra era assicurata e con un considerevole divario di seggi. Anche An, però, ha mal digerito il ritorno al proporzionale, avendo invece sempre sostenuto il maggioritario bipolarista che le ha dischiuso le porte del governo. Lagnandosi dell'oltranzismo verbale dell'ex ministro leghista, il presidente di An Gianfranco Fini ricorda quindi di aver «accettato» anziché «chiedere» la riforma, la cui modifica adesso è «l'ultimo dei problemi». Mentre l'Udc, sponsor principale del ritorno al proporzionale in chiave neocentrista, tanto per non essere da meno rinnova il suo rammarico per l'eliminazione delle preferenze, sale della democrazia clientelare. Rinnegata prima ancora di essere messa in pratica. Ma di qui a poter modificare la nuova legge elettorale il passo non è affatto breve: tante sono le differenze dentro il centrosinistra a proposito delle formule elettorali, e tante altre se ne aggiungeranno dopo il voto anche trasversalmente ai due schieramenti. La possibilità di concordare una modifica della legge è ipotecata soprattutto dall'accordo di legislatura finalmente trovato con Rifondazione, che di maggioritario uninominale non vuol però sentir parlare; non diversamente anche dal Pdci e da riserve di natura differente avanzata dalla Rosa nel pugno (preoccupata soprattutto di non essere fagogitata dall'abbraccio Quercia-Margherita). Ma non è un caso che la scorsa settimana Prodi si sia detto per la prima volta disponibile sia al ritorno al maggioritario che al sistema alla tedesca, prediletto dalle sinistre e sopratutto in grado di tenere insieme tutta l'Unione. Sempre che Ds e Dl non vogliano forzare la mano. Il professore comunque ribadisce «l'esigenza di cambiare» la legge. E il segretario dei Ds Piero Fassino assicura che il centrosinistra lo farà «certamente», ancorché «cercando il consenso della futura opposizione». D'Alema però non si sente affatto sicuro, «perché quando un parlamento viene eletto con una legge elettorale, magari si affeziona». Perciò, spiega il presidente Ds, «stiamo studiando anche la possibilità di ricorrere al referendum popolare». Una possibilità che vuol anche e soprattutto essere una minaccia nei confronti degli alleati, visto che un quesito è già pronto (nel cassetto di Giovanni Guzzetta, costituzionalista vicino alla Margherita) e prevede l'eliminazione dei collegamenti di colazione tra i partiti: che produrrebbe automaticamente il maggioritario secco a turno unico senza alcuna quota proporzionale.


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