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Segni offre a Prodi la "pistola carica" del referendum contro i proporzionalisti dell'Unione
Franco Ragusa
ROMA - Dopo tanti proclami da parte di
Romano Prodi circa l'unità e la solidità della futura maggioranza
di centrosinistra, nonostante i pochi senatori di maggioranza a disposizione,
arrivano i primi segnali che qualcosa, in questo delicato equilibrio, potrebbe
rompersi.
Dall'Incontro sulla legge elettorale
promosso da Mario Segni, infatti, sono giunti i primi venti di guerra principalmente
rivolti contro gli alleati proporzionalisti all'interno del centrosinistra.
"Sulla legge elettorale sono state
fatte dichiarazioni e promesse che vanno mantenute" è stata
la sostanza del discorso portato avanti da Segni, Morando e Bassanini,
"per questo, c'è la necessità di dare forza al Premier".
La minaccia della presentazione di un
referendum abrogativo, quindi, come una "pistola carica" da mettere sul
tavolo per costringere il Parlamento ad intervenire o, nel caso ciò
non avvenga, come ultima risorsa per cambiare l'attuale assetto ritenuto
sostanzialmente proporzionale.
E l'opposizione di centrodestra?
Certamente, ha messo in evidenza Segni,
anche all'interno del centrodestra ci sono forze che intendono tornare
al maggioritario, ed è quindi possibile prefigurare uno scenario
di consenso trasversale tra i due schieramenti.
E per garantire un fronte il più
allargato possibile, Bassanini ha vivamente sconsigliato di legare eccessivamente
la questione del referendum elettorale con la vicina scadenza del referendum
costituzionale.
Tra "pistole cariche", "maggioranze trasversali,
"ritorno alla cultura maggioritaria" e quant'altro non sono ovviamente
mancate le critiche all'attuale legge elettorale, prendendo a pretesto
l'attuale situazione di difficile governabilità, nonché la
concreta possibilità, come sembrava prefigurarsi, di avere due diverse
maggioranze per le due Camere.
Ad interrompere la monotonia di queste
critiche senza elementi di supporto è giunto il costituzionalista
Stefano Ceccanti.
"Per onestà intellettuale",
ha esordito Ceccanti, si deve rilevare che questi problemi non dipendono
da questa particolare legge, ma dal fatto che nel sistema italiano vi è
un bicameralismo perfetto. Non può quindi esserci legge elettorale
in grado di garantire che due Camere elette da due diversi corpi elettorali
possano esprimere identiche maggioranze, come del resto ciò non
è avvenuto nel '94; parzialmente nel '96 (con una solida maggioranza
del solo Ulivo al Senato ed una maggioranza diversa, Ulivo+Progressiti,
alla Camera); e come avrebbe potuto verificarsi nel 2001 se Rifondazione,
per assurdo, avesse rinunziato a presentare suoi candidati al Senato così
come fece per la parte maggioritaria della Camera.
Per Ceccanti, quindi, il problema della
legge elettorale va legato ad una riforma costituzionale che assegni alla
sola Camera dei deputati il rapporto fiduciario con tutto quanto riguarda
l'azione di Governo.
Ma cosa s'intende abrogare per ridurre
il più possibile gli elementi di proporzionale presenti nell'attuale
legge?
E' stato l'ideatore del quesito, Giovanni
Guzzetta, a spiegare che si tratta di interventi parziali a causa della
natura soltanto abrogativa dell'istituto referendario.
Nessuna possibilità di reintrodurre
i collegi uninominali, sia chiaro, ma la possibilità di costringere
i partiti a doversi presentare sì coalizzati ma senza il proprio
simbolo, bensì con un solo simbolo per tutti, abrogando tutti i
riferimenti della legge nelle parti che prevede le coalizioni.
Nella sua spiegazione Guzzetta si è
limitato ad elencare i soli pregi della proposta, senza minimamente porsi
una serie di domande sul come, però, la legge potrebbe essere interpretata.
Nulla è quindi stato detto circa
l'eventualità che i partiti, anziché confluire tutti in una
lista, potrebbero anche interpretare questa costrizione come l'occasione-necessità
per presentarsi da soli.
Da tenere infatti presente che, rimanendo
le attuali circoscrizioni e quindi dei listini bloccati di candidati lunghi
come un elenco telefonico, sarebbero non poche le difficoltà per
le forze politiche per riuscire ad accordarsi per la scelta dei primi ...
100 posti!
E un mancato accordo con una legge elettorale
che prevede un premio di maggioranza da assegnare a chi prende anche un
solo voto in più, potrebbe comportare il rischio (ora certamente
già presente ma difficilmente ipotizzabile), già con sole
4 liste di peso, dell'assegnazione di questo premio ad una maggioranza
relativa anche di poco superiore al 25%.
Ma di questi problemi, come detto, né
Guzzetta, né Segni, né Morando e Bassanini hanno parlato.
Si è invece parlato delle soglie
di sbarramento che, una volta abrogate le parti relative alle coalizioni,
rimarrebbero del solo 4% per la Camera e dell'8% per il Senato.
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