Riforme.net
06-05-2006
L'on. Fassino tra i sostenitori del
Sì al referendum costituzionale?
Franco Ragusa
Il 25-26 giugno, come si spera che la
stragrande maggioranza degli elettori già sappia, il Paese verrà
chiamato a confermare o respingere le profonde modifiche alla Costituzione
votate nella scorsa legislatura dalla maggioranza di centrodestra e fortemente
ostacolate dall'allora opposizione di centrosinistra.
Tra gli aspetti più controversi
che più hanno diviso gli schieramenti e che hanno portato alla richiesta
del referendum, la ridefinizione dei poteri del Premier e le nuove regole
(norme antiribaltone) circa le modalità di scioglimento anticipato
della Camera dei Deputati.
Nel progetto votato dal centrodestra,
a fronte di un'eventuale crisi politica della maggioranza, il Premier potrà
essere sostituito (sfiducia costruttiva) soltanto dalla maggioranza parlamentare
uscita vincente dalle elezioni. Da qui gli straordinari poteri che questo
potrà esercitare sul Parlamento.
Al nuovo Premier sarà infatti sufficiente
contare sul sostegno di pochi fedelissimi, un piccolo drappello di deputati
non disponibili a votare la sfiducia costruttiva, per tenere sotto la minaccia
dello scioglimento sia la propria maggioranza che l'intera Camera dei Deputati.
Allo stesso modo, però, lo scioglimento potrebbe essere provocato
anche per iniziativa di una piccola minoranza all'interno della maggioranza
parlamentare, non più disponibile a proseguire la legislatura con
il medesimo Premier o a fianco della medesima maggioranza parlamentare.
Quale che sia quindi la causa, la sostanza
della nuova riforma costituzionale può essere così sintetizzata:
senza l'autosufficienza
della maggioranza uscita vincente dalle elezioni si va a nuove elezioni.
Diversamente da quanto ora prescritto dalla
Costituzione, quindi, se le modifiche costituzionali al vaglio degli elettori
il 25-26 giugno verranno confermate, ogni crisi politica, per volontà
del Premier nei confronti della maggioranza che lo sostiene o per volontà
di qualche settore minoritario all'interno della maggioranza parlamentare,
il meccanismo della sfiducia costruttiva con i soli voti della maggioranza
uscita vincente dalle elezioni porterà, automaticamente, allo scioglimento
della Camera dei Deputati.
Per meglio comprendere la differenza tra
i due testi costituzionali, si pensi a cosa è successo dopo le crisi
di Governo, Berlusconi nel 1994 e Prodi nel 1998, entrambe risolte per
via Parlamentare con la formazione dei Governi Dini e D'Alema. Con il nuovo
testo costituzionale, invece, entrambe le crisi si sarebbero immediatamente
risolte con lo scioglimento anticipato delle Camere.
Questa la posta in gioco, quindi, il 25-26
giugno.
Una posta in gioco che riguarderà
da vicino l'operato del futuro Presidente della Repubblica.
A seconda del risultato, infatti, un'eventuale
crisi della maggioranza di centrosinistra (a puro titolo di esempio: per
far entrare in crisi la maggioranza basterebbe anche il solo voto contrario
dei 3 senatori UDR) potrebbe comportare due diverse soluzioni:
l'automatico
e immediato scioglimento anticipato del Parlamento in caso di vittoria
dei Sì;
la possibilità
di ricercare una soluzione all'interno del Parlamento per permettere la
costituzione di un nuovo Governo anche grazie all'apporto di qualche parlamentare
dell'opposizione in caso di vittoria del NO.
Due scenari completamente diversi che,
viste le diverse implicazioni in ordine allo scioglimento delle Camere,
sono in grado di condizionare profondamente il futuro del Governo. Ma che
riguardano, soprattutto, il diritto-dovere del Presidente della Repubblica
di applicare correttamente il dettato costituzionale.
Appaiono quindi fuori luogo, schizofreniche,
nonché prive di rispetto verso le istituzioni, le dichiarazioni
del segretario DS Fassino (nel tentativo di sostenere la candidatura del
Presidente DS D'Alema) circa i compiti da affidare al futuro Presidente
della Repubblica, come se questi non fossero già dettagliatamente
delineati e delimitati dalla Costituzione.
In riferimento al ruolo di garanzia che
il futuro Presidente della Repubblica dovrebbe rivestire, "il segretario
Ds indica quattro punti che riassumono le sue intenzioni: "L'assicurazione
che se il governo di Prodi dovesse entrare in crisi si tornerà a
votare, in base al principio tipico delle democrazie dell'alternanza per
cui la legittimità di una maggioranza e di un governo viene dal
voto dei cittadini" (6 mag. Adnkronos)".
Non più la Carta Costituzionale,
quindi, a definire i compiti del Presidente della Repubblica, ma degli
accordi da intraprendere tra maggioranza ed opposizione al di là
di quanto la Carta assegna come esclusive prerogative del Presidente della
Repubblica; degli accordi da intraprendere tra maggioranza ed opposizione
anche al di là di quello che sarà il risultato del referendum
del 25-26 giugno.
Perché è soltanto nel caso
della vittoria dei Sì (e per altro dall'entrata a pieno regime del
nuovo testo) che le dichiarazioni dell'On. Fassino potrebbero essere considerate
come una mera anticipazione di quello che il Presidente della Repubblica
non avrà più nella disponibilità di fare.
Diversamente, nel caso di vittoria del
No, l'On. Fassino sarebbe costretto a doversi rimangiare promesse che non
sono nella disponibilità dei leader di partito.
Come sopra accennato, infine, le indicazioni
dell'On. Fassino circa il ruolo del futuro Presidente della Repubblica,
oltre che fuori luogo e irrispettose delle istituzioni, appaiono quanto
mai schizofreniche.
Cercando cioè di analizzare l'effettivo
contenuto della dichiarazione di Fassino, come non scorgere l'incredibile
similitudine con la riforma costituzionale rispetto alla quale il centrosinistra
invita a votare NO?
Certamente, l'On. Fassino altro non fa
che ricordare la Bozza Amato del dicembre 2003. Ma da allora, politicamente
parlando, è passato molto tempo e, soprattutto, è stato promosso
un referendum con lo scopo d'impedire che qualcosa di uguale alle parole
di Fassino possa divenire Testo costituzionale.
A meno quindi di smentite o di rettifiche
da parte del segretario DS, non si può far altro che inserirlo tra
i sostenitori del Sì al referendum costituzionale del 25-26 giugno.
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