Riforme Istituzionali
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Corriere
della sera 27-05-2006
Un no condizionato può disorientare
REFERENDUM L’INSIDIA DEL «NI»
Giovanni Sartori
La battaglia referendaria sulla nuova
costituzione sarà dura. Berlusconi ha già annunciato, distorcendo
il problema, che sarà la sua rivincita contro Prodi. E le artiglierie
minori già sparano. L’altro giorno ho contraddetto il «sì»
alla nuova Carta caldeggiata da due ex radicali passati a destra, Calderisi
e Taradash, che mi hanno subito risposto ripetendo il già detto;
il che rendeva superfluo che mi ripetessi anche io. Ora arriva l’Appello
di Barbera e dei suoi allievi per un «no costruttivo», il che
comporta che la sinistra non «dovrà portare avanti una campagna
demonizzante» ma invece dichiararsi aperta al dialogo il giorno dopo
il referendum. Ora, in questo dibattito Barbera è importante non
solo perché è un costituzionalista di tutto rispetto, ma
anche perché è di area diessina, e quindi di impagabile utilità
per la propaganda berlusconiana. Barbera sa benissimo che un referendum
è una scelta binaria: o sì oppure no. Dovrebbe anche sapere
che chi vota non è un immobilista: è semplicemente una persona
che vuole bloccare il «male maggiore». Per di più sa
che quasi tutti i costituzionalisti propongono da gran tempo riforme della
nostra Carta, e dunque che non è vero che il «no» comporterebbe
un «semplice ritorno all’indietro». È vero, invece,
che raccontare all’elettorato che il «no» sottointende per
l’indomani un «sì» negoziale equivale a un «ni»,
a un «no debole» o anche a un «mezzo sì»
che inevitabilmente disorienta l’elettorato. E scommetterei che sotto referendum
vedremo molto Barbera e molto Ceccanti (la sua lancia spezzata) su Mediaset.
Venendo al dibattito, il punto toccato
da tutti è che il bicameralismo paritario «è una stranezza
italiana che non ha eguali in nessuna parte del mondo» (Vassallo),
che è «un mostro tutto e solo italiano» (Calderisi e
Taradash). Il che è abbastanza vero. Però mi fa specie che
questo sia il solo «mostro» per chi ne propone (ivi incluso
specialmente il prof. Ceccanti) di ben più mostruosi:
1) l’elezione popolare diretta del premier,
2) il potere del suddetto premier di sciogliere
le Camere «sotto sua esclusiva responsabilità», e cioè
a suo arbitrio,
3) la normativa anti-ribaltone,
4) il ritorno pressoché automatico
alle urne se le elezioni non producono la maggioranza voluta.
Qui abbiamo quattro mostri che sono davvero
tali non solo perché non esistono in nessuna parte del mondo, ma
ancor più perché distruggono il sistema parlamentare per
sostituirlo con Quasimodo (il mostro di Notre Dame del romanzo di Victor
Hugo). Ciò precisato, nel 1994 scrivevo in un mio libro che «un
bicameralismo che deve presupporre, per funzionare, maggioranze omogenee
fornisce un esempio macroscopico di costituzionalismo mal concepito».
Dopodiché illustravo vari possibili rimedi. Al momento mi preme
soltanto di ribadire che non dobbiamo certo digerire la devolution bossiana
per addivenire a un bicameralismo differenziato.
Un secondo punto - che non c’entra niente
con il referendum - è di come procedere dopo se vincerà il
«no». Barbera e i suoi propongono una «convenzione»
composta per un terzo di parlamentari, per un terzo da rappresentanti delle
regioni e per un terzo da esperti designati dalle organizzazioni sociali.
Davvero un assemblaggio costituente che mi ispira incondizionata sfiducia.
Stefano Rodotà segnala su Repubblica un «grave appannamento
della cultura costituzionale». Ma forse è oscuramento. Tra
i circa 150 sottoscrittori dell’Appello barberiano ho riconosciuto i nomi
di soltanto 5-6 costituzionalisti. Gliene mancano, per essere costituzionalmente
credibile, almeno cento.
Indice "Rassegna Stampa
e Opinioni" - 2006
Speciale "Referendum costituzionale"
2006