Riforme Istituzionali
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Corriere della sera 14-06-2006
 
Referendum: CATTOLICI DIVISI
Accenti diversi dopo il richiamo dei vescovi al «dovere civico» delle urne. Il cardinale Tettamanzi: niente scomuniche reciproche
 
Strappo della Compagnia delle opere 
In una nota tutte le ragioni dell’astensione. Appello Follini-Mastella-Cossiga per il no
 
MILANO - Chi vota no alla devolution perché dice che poi vuole una riforma finalmente «condivisa», chi vota sì per la stessa ragione, chi sotto sotto vota sì o no perché guai a cambiare una virgola. Il mondo è bello perché è vario e i cattolici, sul referendum costituzionale del 25 e 26 giugno, non fanno eccezione. Se possibile, anzi, tra i movimenti la faccenda si complica. Da ultimo, ieri, la Compagnia delle opere, costola imprenditoriale di Comunione e Liberazione, ha proposto la variante numero cinque: «Oltre il referendum! L’astensione non conta, ma vincerà». Il che, si premura di precisare il presidente Raffaello Vignali, non significa di per sé un invito all’astensione, «diciamo che è una constatazione, non un’indicazione: noi siamo cattolici e, se i vescovi dicono di andare a votare, andiamo a votare» dice. Non che il volantino della Cdo, per la verità, sprizzi entusiasmo. L’agenzia Sir, pur confermando che i vescovi non daranno indicazioni per il sì o il no, esortava a votare come «dovere civico ancor più rilevante» in quanto espressione di «fedeltà alla Repubblica» ovvero di «cura e attenzione per le istituzioni, che sono di tutti». Per la Cdo, tuttavia, è «la classe politica», cioè «in questo caso gli oppositori della riforma voluta dal Polo, divenuti nel frattempo maggioranza di governo», a «chiedere al popolo italiano un ennesimo voto che rischia di allontanare ulteriormente la gente dalla politica». Lo dice lo stesso Vignali, «sono temi che non si possono risolvere con un no o un sì».
Quello che in realtà sta succedendo è che «la classe politica, e una nutrita schiera di intellettuali con essa, sta spingendo per trasformare il voto in un referendum pro o contro i partiti che hanno fatto del sì o del no le proprie bandiere» scrive la Cdo: un pretesto, anzi «l’ennesimo pretesto». Così «prendere posizione per il sì o il no equivale a entrare in questo gioco». Morale: «Non bisogna avere paura di essere uniti per costruire, al Meeting lo diciamo da anni: si deve aprire una nuova fase costituente» comunque vada. «E nessun monosillabo, certamente il no ancor meno del sì» potrà «fermare questo desiderio». Insomma: sì e no non servono, «ma se vincessero i sì sarebbe forse più facile che si aprisse un dialogo sulle regole fondamentali, la maggioranza dovrebbe rimettere le mani alla Carta» spiega Vignali.
Il no, di conseguenza, diventa l’opzione peggiore. L’esatto contrario di quanto accade altrove nel vivacissimo mondo cattolico. Sempre ieri, il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, il ministro udeur Clemente Mastella più Marco Follini e Bruno Tabacci dell’Udc hanno firmato un appello trasversale per un «no costituente al referendum» tanto per distinguersi «da chi come Scalfaro vota no perché non cambi nulla della Carta del ’48» considera Tabacci. Mentre il «giù le mani» dalla Costituzione sale dall’appello per il no diffuso dall’agenzia Adista ( adistaonline.it ), già 43 testate cattoliche dai padri gesuiti di Aggiornamenti sociali ai comboniani della Misna, ai paolini. E poi ci sono le Acli che hanno aderito al referendum «Salviamo la Costituzione», l’Azione cattolica che «raccomanda vivamente una partecipazione informata e responsabile al voto» e che a Milano e a Modena si è espressa chiaro e tondo per il no.
Le gerarchie, chiaro, stanno in silenzio. «I preti facciano i preti e non diano indicazioni di voto, mica sono in ballo questioni legate alla morale o alla fede» chiarisce il vescovo di Como Alessandro Maggiolini, che peraltro andrà a votare, «e certo che ci andrò!». Quanto ai laici cattolici, padronissimi di «illuminare le coscienze». Il «no» dell’Azione cattolica ambrosiana sul settimanale diocesano, peraltro, ha creato polemiche. L’altra sera il cardinale Dionigi Tettamanzi era ospite d’onore di un incontro organizzato dal gruppo Etica e Finanza presieduto da Angelo Caloja, nella sede di Banca Intesa, ad ascoltarlo c’erano tra gli altri Giovanni Bazoli, Corrado Passera e il sindaco Letizia Moratti. Quando gli hanno accennato alle discussioni, l’arcivescovo ha sorriso: «Non posso che ripetere quanto dissi l’anno scorso: tanto più ora, i cattolici evitino di scomunicarsi a vicenda».

Gian Guido Vecchi
 


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Speciale "Referendum costituzionale" 2006
 
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