Si può perdere il referendum del
25 e 26 giugno? La soddisfazione con cui nel centrosinistra - al di là
delle condanne ufficiali e in qualche modo obbligate - è stata accolta
l'ultima spacconata di Umberto Bossi fa capire che la paura comincia a
farsi sentire. E' quasi un sospiro di sollievo quello che dall'Unione si
lasciano sfuggire insieme alle piccate repliche al senatùr, tornato
ruvido profeta di una via «non democratica » alla devolution.
La speranza per gli spaventati dell'Unione è che l'uscita leghista
si trasformi in un boomerang per la Casa delle libertà. Intanto
perché divide il centrodestra. E poi perché potrebbe riuscire
in quella che è considerata una «missione impossibile ».
Sollevare e portare alle urne a scuole chiuse e case al mare aperte gli
svogliati elettori del mezzogiorno. La partita è aperta. Le previsioni
che circolano ufficiosamente nelle sedi dei partiti danno i sì e
i no molto vicini e soprattutto una partecipazione molto bassa. Il referendum
confermativo non prevede quorum ma per i sostenitori del no vincere avendo
portato alle urne meno della metà degli elettori non sarebbe una
vittoria tranquillizzante. Almeno non per tutti. Non per chi vuole mettere
la Costituzione del '48 al riparo non solo dalle riforme di Calderoli ma
anche da possibili pasticci bipartisan che sia a destra che a sinistra
già si immaginano. Teorizzare, come ha fatto buona parte della sinistra
«riformista», che la Costituzione andrà in qualche modo
cambiata «indipendentemente » dal risultato del 26 giugno è
stato il modo migliore per scoraggiare anche i più volenterosi sostenitori
del no. Adesso i leader del centrosinistra hanno paura. Anche Romano Prodi,
che però non è ancora sceso nella mischia in prima persona
perché teme di scatenare l'effetto opposto, offrendo un assist a
Berlusconi per la sua campagna di «rivincita». Intanto l'Unione
è già in affanno, si vedono i primi segnali di sfaldamento
e c'è chi lavora ai fianchi il governo puntando a cambi in corsa
e maggioranze diverse. Una sconfitta al referendum sarebbe un disastro
per il paese ma anche il sigillo tombale di questo centrosinistra. Facendo
gli scongiuri e sperando che alla fine vada bene si può già
dire che aver depotenziato il valore del referendum è stata una
scelta sbagliata di fronte all'enormità della posta in gioco. Puntare
al pareggio per evitare di perdere non è mai stata una buona idea.
Chi se n'è accorto troppo tardi adesso è ridotto ad attendere,
con paura, le prossime mosse di Berlusconi. Che ancora una volta sta giocando
bene le sue carte. Non vorremmo scriverlo per scaramanzia, ma sembra di
rivedere il film delle elezioni politiche, con un trionfo sicuro diventato
un incubo notturno e poi una vittoria risicata. La «speranziella»
dei leader dell'Unione di cui ha scritto ieri Mario Pirani su Repubblica
è che Berlusconi mantenga il suo basso profilo. Ma se il Cavaliere
sta zitto le sue televisioni e i suoi manifesti - ne ha fatti stampare
quanti basterebbero a lastricare 500 campi di calcio - stanno spiegando
agli italiani che la vittoria del sì aprirà le porte a una
repubblica meravigliosa, con più efficienza, meno parlamentari e
uno sconto sulla benzina verde (l'ha detto Tremonti). E adesso il telegenico
Cavaliere sta studiando l'affondo finale. Si può perdere il referendum
del 25 e 26 giugno. Meglio dirselo finché si è in tempo.