Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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Riforme.net 17-06-2006
Dal Referendum la riduzione dei parlamentari:
meno costi, più efficienza o meno democrazia rappresentativa?
Franco Ragusa
Con la riforma costituzionale all'esame
degli elettori con il referendum del 25-26 giugno 2006 "Viene ridotto
il numero dei parlamentari: da 950 a 773, con significativo risparmio per
le finanze pubbliche".
Questo ci dice il "decalogo della riforma
costituzionale" ad opera del leghista Roberto Calderoli.
Per risposta, il controdecalogo
a cura del centrosinistra ribatte che "La riduzione del numero dei parlamentari
viene rinviata al 2016 per favorire gli attuali capi e capetti. Nel lungo
periodo c’è tempo anche per ridurre la riduzione; per ora c’è
l’effetto di annuncio demagogico mette in evidenza che tale riduzione non
scatterà immediatamente, ma soltanto nel 2016."
Nella sostanza, quindi, le ragioni per
il No alla riforma da parte del centrosinistra divergono da quelle per
il Sì soltanto per l'aspetto "tempi per l'entrata in vigore", temendo
addirittura dei ripensamenti circa questa riduzione. Per altro, come anche
ricordato da più parti, nelle intenzioni del centrosinistra vi è
una riduzione ancora più ampia.
Sulla stessa lunghezza d'onda, sicuramente,
il senso comun-popolare, sempre pronto ad esaltarsi di fronte a misure
che colpiscono i politici, in modo particolare se con la prospettiva di
risparmiare qualche soldo.
Del resto, come non comprendere sentimenti
di questo tipo, con un mondo della politica sempre più lontano dai
cittadini?
Peccato, però, che questi sentimenti
di antipatia nei confronti della politica vengano quasi sempre utilizzati
dalla politica stessa per ridurre gli spazi della rappresentanza democratica
attraverso meccanismi che, in un modo o nell'altro, siano comunque in grado
di cancellare dalla rappresentanza istituzionale ampi settori di elettorato.
Per sgombrare quindi il campo da ogni
dubbio, è d'obbligo una riflessione circa le conseguenze di un eventuale
taglio del numero dei parlamentari sotto il profilo della corretta e democratica
rappresentanza degli interessi sociali.
Per farlo, è sufficiente analizzare
gli ultimi risultati elettorali per il Senato di alcune regioni, avendo
come riferimento la soglia di sbarramento, del 3%, per i partiti
coalizzati.
Con l'attuale legge elettorale, che può
essere riassunta con la formula "maggioritario di coalizione con distribuzione
proporzionale all'interno delle coalizioni", nelle Regioni con meno
seggi a disposizione si sono avuti casi nei quali alcune liste minori non
hanno conquistato seggi, e questo pur appartenendo alla coalizione vincente
ed avendo superato la soglia di sbarramento del 3%.
Questo per effetto di quella che tecnicamente
viene definita "soglia di sbarramento implicita", dipendente dal tipo di
ripartizione, dal numero dei partiti in lizza e, soprattutto, dal numero
delle circoscrizioni elettorali ed il numero, quindi, dei seggi a disposizione
per ogni circoscrizione (nel caso in esame le Regioni)
Regione
|
Numero seggi Regione
|
Liste senza seggi C-Sx
pur avendo superato lo sbarramento
legale del 3 %
|
Liste senza seggi C-Dx
pur avendo superato lo sbarramento
legale del 3 %
|
Abruzzo
|
7
|
Di Pietro Italia Valori 5,1 %
|
UDC - 7,1 %
|
Basilicata
|
7
|
Insieme con L'unione - 4,8 %
U.D. Eur Pop. - 4,7 %
Di Pietro Italia Valori 3,4 %
|
UDC 5,8 %
|
Calabria
|
10
|
Insieme con L'unione - 4 %
La Rosa nel pugno - 3,9 %
|
|
Friuli Venezia Giulia
|
7
|
Insieme con L'unione - 4 %
Di Pietro Italia Valori 5,1 %
|
UDC - 7 %
|
Liguria
|
8
|
Insieme con L'unione - 4,3 %
|
UDC - 6 %
Lega Nord - 3,8 %
|
Molise
|
2
|
Di Pietro Italia Valori 8,5 %
Rifondazione - 5,4 %
|
AN - 14,2 %
|
Sardegna
|
9
|
Di Pietro Italia Valori 3 %
|
|
Umbria
|
7
|
Insieme con L'unione - 4,4 %
La Rosa nel pugno - 3 %
|
|
Come si vede, per i soli 2 seggi a disposizione
del Molise si hanno, ovviamente, risultati da legge elettorale maggioritaria,
con l'impossibilità di conquistare seggi anche con percentuali del
14,2 %.
Ma al di là di questo caso particolare,
nelle altre Regioni con più seggi a disposizione si deve registrare
l'esclusione dalla ripartizione dei seggi di liste con risultati ben al
di sopra del 4 %.
E' quindi evidente che, anche con l'attuale
legge elettorale, la diminuzione dei seggi a disposizione delle singole
Regioni provocherà l'ulteriore innalzamento della "soglia di sbarramento
implicita", il tutto a danno delle forze politiche minori.
Chiariti gli effetti immediati sulla rappresentanza
in conseguenza della riduzione dei parlamentari, che da soli sconsiglierebbero
considerazioni legate ai presunti risparmi di spesa, sarebbe quanto mai
opportuno ragionare in termini di efficienza.
L'efficienza parlamentare non è
infatti data dal numero delle leggi approvate, ma dalla qualità
delle leggi approvate.
Certamente, in una logica di revisione
costituzionale che tutto fa dipendere dal Governo (elezione diretta, norme
antiribaltone, decisione dell'agenda parlamentare), il Parlamento potrebbe
essere considerato più un impedimento che il luogo deputato ad approfondire
e a legiferare sulle istanze che provengono dalla società.
In fondo, se è il Governo che decide
cosa si vota e come si vota, ed i parlamentari di maggioranza, fedeli,
ad eseguire altrimenti tutti a casa, ma per quale motivo non ridurre del
tutto il Parlamento?
A che pro' la finzione di una forma di
governo di tipo parlamentare?
Questo sì che è buttare
soldi!
Diversamente, pensando ad un ruolo attivo
del Parlamento, la riduzione dagli attuali 630 deputati ai 518 previsti
dalla riforma appare soltanto come una diminuita efficienza della capacità
di approfondire le questioni, che costringerà inevitabilmente ad
"esternalizzare", in misura maggiore, gran parte del lavoro parlamentare
verso l'esercito degli ignoti collaboratori che già ora assolve
una buona percentuale del lavoro parlamentare. Basti pensare alla sola
legge finanziaria, un volume di carta da leggere in grado di riempire una
stanza da letto: ma chi è che può ancora credere che dietro
tutta questa produzione vi siano i soli 640 deputati?
Pensare quindi che i futuri parlamentari
non trovino il modo per finanziare l'accresciuta necessità di collaboratori
è una pia illusione.
Le spese della politica non diminuiranno
affatto con la diminuzione dei parlamentari, ma anzi è forte il
rischio che possano aumentare.
Indice "Rassegna Stampa
e Opinioni" - 2006
Speciale "Referendum costituzionale"
2006