Riforme Istituzionali
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Salvi: Serve un limite per il ricorso alla fiducia
Malabarba: «Se mettono la pistola alla tempia potrei ribadire il no»


 
il Riformista 21-07-2006
 
Numeri dell'Unione e centralità del Parlamento
 
Serve un limite per il ricorso alla fiducia
 
di Cesare Salvi
 
Chi opera sulla linea del fronte, cioè al Senato, sa che Anna Finocchiaro ha posto in modo chiaro e trasparente il tema politico vero per il centro sinistra, che non è se fare o meno il Partito desocratico, ma la sopravvivenza della maggioranza e del governo nella situazione di quasi parità numerica nel Senato, derivante dal risultato elettorale.
Che fare? Andare avanti a colpi di fiducia? Non è la risposta, non solo per ragioni. di democrazia ma anche per ragioni tecniche che gli addetti ai lavori conoscono. Quanto alla soluzione più facile, è anche la meno adatta alla crisi Mi riferisco alla grande coalizione, e non motivo ulteriormente. Veniamo all'allargamento della maggioranza, di cui si parla. Se riferita al rapporto con singoli parlamentari mi pare che nei fatti del Senato almeno per ora si stia rivelando perdente anche perché Silvio Berlusconi dispone probabilmente di argomenti più persuasivi. Se riferita a partiti o gruppi politici del centro destra, mi pare in anticipo di almeno un anno, al di là di ogni altra considerazione. E non solo nel lungo ma anche nel medio periodo, nella politica italiana si rischia la fine di cui parlava Keynes.
Scartate queste soluzioni, la mia tesi è che il problema può essere anche un'opportunità, come nell'ideogramma cinese, che a quanto pare, e identico per i due concetti. Voglio dire che l'occasione va colta e non solo per motivi di necessità (i numeri sono quelli che sono e si sa che la matematica non è un'opinione). L'occasione va colta per riformulare positivamente l'assetto di un maggioritario che da un decennio viene vissuto in Italia in modo assolutamente integralista, e anche anomalo rispetto alle esperienze delle democrazie contemporanee.
Il fondamentalismo del maggioritario ha fatto molti danni al nostro paese. Concepire le elezioni politiche come una finale di Coppa del mondo, nella quale la vittoria anche per un rigore consente al vincitore di prendere tutto, non fa parte né della storia politica e istituzionale delle democrazie, né della tradizione teorica del liberalismo, da sempre attentissima ai limiti del governo e ai rischi della "tirannia della maggioranza". Il governo e la maggioranza decidano invece quali sono i temi e le proposte che considerano decisive per l'attuazione del proprio indirizzo politico: fissino, insomma un'agenda di maggioranza. Per i temi fuori da questa agenda, riconoscano apertamente l'autonomia della dialettica parlamentare e delle decisioni che ne derivano.
Propongo, in breve, una centralità dei Parlamento rinnovata e ritrovata.
Ritrovata perché le condizioni della vita parlamentare - come denunciò l'attuale capo dello Stato, inorridito a quel che vedeva dopo il suo ritorno in Parlamento come senatore a vita - sono di avvilente mortificazione. E rinnovata - rispetto a quando fu teorizzata da Pietro Ingrao - perché non cancella ma anzi rafforza l'unità della maggioranza la dialettica maggioranza-opposizione; e al tempo stesso lascia al Parlamento quelle scelte che maggioranza e Governo decidono (tutti insieme e unilateralmente) di affidare a Camera e Senato.
Un esempio di applicazione immediata: l'Afghanistan. Se il Governo ritiene decisivo per la propria sopravvivenza il consenso di tutti ì parlamentari della maggioranza (perché al Senato autosufficienza della maggioranza vuol dire questo), come Massimo D'Alema ha affermato più volte nei giorni scorsi, allora ha non solo il diritto ma il dovere di porre la questione di fiducia, riportando questo istituto alla logica sua propria dai tempi di Cavour. Questo è un caso di ricorso corretto alla fiducia, su un tema considerato decisivo per l'indirizzo politico di maggioranza, e non - come è accaduto finora - su tutti i provvedimenti del governo: esami di maturità, spacchettamenti, milleproroghe e via elencando.
Se invece il Governo ritiene preferibile sulla politica estera un'intesa più ampia, che comprenda in tutto o in parte l'opposizione, allora non criminalizzi il. dissenso di quei parlamentari della maggioranza che non sono d'accordo. Ci sono svantaggi e vantaggi in entrambe le ipotesi: il Governo scelga quale preferibile. Ma averle entrambe mi pare una pretesa eccessiva, oltre che poco cauta. Se c'è una spontanea e libera unanimità in Parlamento su qualche provvedimento ben venga. Pretenderla sa più di Bulgaria dei vecchi tempi che di democrazia liberale. O, per dirla in modo più elegante, un'agenda di maggioranza bipartisan non si è mai vista.



    
Corriere della sera 22-07-2006
 
«Se mettono la pistola alla tempia potrei ribadire il no»
 
«Se poi Prodi mi metterà una pistola alla tempia, deciderò se mantenere ancora in piedi questo governo». Per Luigi Malabarba, il più determinato tra i pacifisti in guerra contro il disegno di legge sull’Afghanistan, la fiducia è un «ricatto irricevibile». Tanto irricevibile che il senatore di Rifondazione potrebbe anche non votarla. Per lui l’unica via percorribile è quella del dialogo. «Voglio discutere fino all’ultimo minuto perché voglio vincere. Rimango sulla questione di merito che è un no chiaro e netto alla guerra». Il governo è a rischio? «Non credo che Prodi cadrà sull’Afghanistan. Ma io chiedo il rispetto della mia posizione di parlamentare eletto, chiedo che non venga posta la fiducia e che io possa adempiere al mio mandato parlamentare su un caso di coscienza come questo». L’intervista del premier al Corriere non gli è piaciuta. «Prodi vuole la capitolazione sulle posizioni della destra in politica estera. Modifichi il suo orientamento, se no è come il governo Berlusconi».


Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2006
 
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