Bertinotti: la maggioranza governi con le sue forze
Il presidente della Camera: in futuro usare meno i decreti Accordo
con i dissidenti: non vogliamo che l’esecutivo muoia
ROMA - «Fa bene alla democrazia un rispetto sostanziale del mandato
degli elettori. La maggioranza deve provare a governare per l’intero quinquennio
con le sue forze». E’ il no di Fausto Bertinotti ad ogni tentativo
di «erosione», da una parte e dell’altra, degli schieramenti
parlamentari emersi dal voto di aprile. Il presidente della Camera non
ha dubbi: la maggioranza non si cambia, non si allarga, deve piuttosto
governare mostrandosi unita con le forze che ha ricevuto dalle urne. Per
raggiungere l’unità la coalizione ha però anche il bisogno
di ricorrere alla fiducia: lo farà sul decreto per il rifinanziamento
delle missioni militari all’estero, e tutti i dissidenti del Senato hanno
annunciato che la voteranno. Anche sul tema della fiducia era intervenuto
ieri Fausto Bertinotti: «Se fossi premier troverei comprensibile
il ricorso alla fiducia. Guarderei a questa prospettiva con molto interesse,
essendo una delle modalità attraverso cui verificare lo stato della
propria maggioranza». Bertinotti si augura che da settembre vi possa
essere un confronto «più disteso» fra governo e Parlamento,
con un minor ricorso ai decreti e alla fiducia. «Però in questa
situazione - ha concluso - mi sembra comprensibile».
Dopo un tira e molla di più di un mese il ministro per i Rapporti
con il Parlamento, Vannino Chiti, ieri mattina ha convinto i ribelli. Sarà
un voto di fiducia doppio, ha annunciato Chiti: «Lo strumento per
permettere di esprimere una diversità ma anche lo spirito di coalizione
è mettere la fiducia su alcuni aspetti del provvedimento. Si voterà
sull’articolo due e sul complesso del provvedimento». Il governo
non si opporrà agli ordini del giorno che presenteranno i dissidenti.
Ad annunciare l’accordo è stato il senatore del Prc Claudio
Grassi: «Il nostro dissenso permane - ha detto - ma voteremo la fiducia
perché non abbiamo mai detto di voler far cadere il governo, visto
che il nostro dissenso era solo sul provvedimento».