L'editoriale
2 giugno 2004
Nessuno parla più del processo
a Saddam Hussein. Come se fosse la cosa più normale di questo mondo,
un Capo di Stato è sparito nel nulla senza che si sappia se e come
potrà avere la possibilità di difendersi di fronte ad un
tribunale legittimo.
Con ogni probabilità, l'eventuale
processo a Saddam Hussein potrebbe riservare brutte sorprese proprio a
chi oggi lo tiene nascosto da qualche parte; e chissà, forse si
sta già pensando a qualche soluzione di ripiego.
Tra il serio e il faceto, alcuni spunti
di riflessione sulla tragica situazione del diritto internazionale.
Franco Ragusa
Lunga vita a Saddam
Che fine ha fatto Saddam Hussein?
Ma soprattutto, come, quando e da chi
verrà processato?
Inutile nasconderlo, il fine di queste
domande non è tanto quello di mostrarsi garantisti anche nei confronti
di Saddam Hussein, quanto quello di riuscire a beccare due, anzi no, tre
piccioni con una fava.
Per essere chiari, “garantisti per forza”:
per riuscire a processare
chi merita di essere processato;
per processare chi
merita di essere processato con il massimo delle garanzie, e questo per
non ritrovarsi, un domani, a “dover incrociare” controverse interpretazioni
del diritto interno ed internazionale che potrebbero ledere i nostri diritti;
per costringere la
comunità internazionale, infine, ad occuparsi di TUTTI i crimini
di guerra e contro l'umanità.
Ma per meglio capire la sostanza del problema,
è il caso di procedere con un esempio, o meglio, è il caso
di procedere con quanto avvenuto in Iraq cambiando alcuni nomi.
Per semplicità ed assonanza sostituiremo
l’Iraq con l’Italia e Saddam Hussen con Silvio Berlusconi.
Sostituire gli USA è un po’ più
difficile, per cui lasciamo a Cesare quel che è di Cesare: la guerra
preventiva.
Ma per quale motivo gli USA dovrebbero
avercela con l’Italia al punto di fargli una guerra preventiva?
Non lo so, ma visto e considerato che
i presupposti per la guerra all’Iraq si sono dimostrati tutti fasulli e
che nessuno si è scandalizzato più di tanto, non è
il caso di fare troppo i difficili.
Anche perché, una volta partiti,
l’importante è continuare ad avere qualche buona scusa per proseguire
e per auto assolversi.
Per cui: non ci sarà alcun problema
a riconoscere che sì, è vero, probabilmente l’Italia non
possedeva armi di distruzione di massa e che neanche sosteneva il terrorismo
internazionale; ma vuoi mettere l’aver liberato gl’italiani da Silvio Berlusconi?
Ma come, direte voi, Silvio Berlusconi?
Quello che chiamava per nome Bush e Putin con tanto di pacche sulle spalle?!
E sì, proprio lui.
Del resto, se tutto ciò è
già successo a Saddam Hussein (che, non dimentichiamolo, ha avuto
un trascorso da statista di tutto rispetto, al punto da potersi permettere
il lusso di gasare iraniani e curdi mentre l’amministrazione USA correva
in Iraq per stringergli la mano), perché mai non potrebbe succedere
anche al Silvio nazionale? |
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Fatta quindi la guerra e catturato Silvio
Berlusconi … che farne?
Se per qualche “sfortunata coincidenza”
non dovesse morire prima, sicuramente un processo.
Certo, in questo Saddam Hussein è
un po’ difficile che possa essere sostituito da Berlusconi, ma facciamo
comunque finta che gli USA, alla fine, siano costretti ad intraprendere
la più impossibile delle missioni.
Ma per l’appunto, non potendo far finta
che Berlusconi sia del tutto assimilabile a Saddam Hussein, la questione
del come processarlo non potrà in alcun modo essere evitata.
Prigioniero di guerra accusato di crimini
di guerra o prigioniero per crimini contro l’umanità?
Cominciamo dalla prima definizione.
Che si tratti di un prigioniero di guerra
è fuor di discussione.
Ma di quali colpe potrebbe essere accusato
un prigioniero di guerra a capo di un esercito che si è soltanto
difeso da un’aggressione esterna?
E sì, la guerra l’hanno voluta
gli altri e l’unica colpa del Silvio nazionale sarebbe stata quella di
non essersi arreso subito. Insomma, proprio ad arrampicarsi sugli specchi,
lo si potrebbe ritenere responsabile delle decine di migliaia di italiani
morti ammazzati per mano dell’esercito della salvezza di fronte al quale
non si sarebbe prontamente arreso.
Conoscendo gli avvocati del Silvio, ben
poca cosa.
E’ pur vero, però, che nel resistere
all’invasione o alla successiva occupazione il nostro buon Silvio potrebbe
aver fatto ricorso a qualche mezzo estremo, per cui potrebbe essere processato
per responsabilità diretta in tutto quello che viene genericamente
definito terrorismo.
Ma anche in questo caso, a ben vedere,
è dura dimostrare la bontà di una guerra per le reazioni
che la guerra stessa potrebbe aver provocato.
No, ci vuole ben altro e di antecedente
per giustificare una guerra che ha riportato all’età della pietra
un’intera nazione.
I crimini a cui fare riferimento debbono
quindi essere precedenti e cosa diversa dalla guerra stessa.
Ma qui sorgono le prime difficoltà,
formali e sostanziali.
In primo luogo, c’è da spiegare
l’imbarazzante constatazione di una guerra decisa in un momento nel quale
il buon Silvio neanche se lo sognava di compiere crimini di guerra o contro
l’umanità.
Delle due l’una, quindi: o ci si scusa
per l’errore fatto e si mette mano al portafoglio per ripagare le popolazioni
per i danni subiti; o si continua a rivendicare, in ogni caso, in considerazione
della brutta fama del soggetto in questione, la bontà di tutta l’operazione
che ha portato al cambio di regime.
Appare quindi evidente che gli USA potrebbero
processare il prigioniero di guerra Silvio Berlusconi per i soli crimini
contro l’umanità commessi molti anni prima.
Ma seriamente, come si fa ad accusare
qualcuno che quando faceva il monello ti chiamava per nome e ti dava le
pacche sulle spalle?
Improvvisamente rinsaviti?
E poi, non è che si può
chiedere troppo alla pazienza della comunità internazionale: vada
per la guerra unilaterale, ma pure il tribunale internazionale “unilaterale”
...
Vuoi vedere che potrebbe non rimanere
altra scelta che invocare … l’ONU… la comunità internazionale?!
Che lo facciano loro il processo.
Ma anche in questo caso, i conti rischiano
di non tornare.
Con quale legittimità, infatti,
istituire oggi un tribunale internazionale speciale per giudicare crimini
commessi decenni prima nell’indifferenza generale?
Non che non sia doveroso, anzi. I crimini
contro l’umanità dovrebbero sempre essere perseguibili e logica
di civiltà vorrebbe che un tribunale internazionale contro questi
crimini vi fosse da sempre.
E per l’appunto, dal 1998 un tribunale
del genere esiste.
Ma è proprio l’esistenza stessa
di tale Istituto a sollevare più di un dubbio.
Come ben tutti sanno, infatti, la Corte
penale internazionale per i crimini contro l’umanità non è
stata riconosciuta da alcuni paesi. Tra questi, anche gli USA e Israele.
Con quale faccia, quindi, questi due paesi,
in ipotesi in prima fila per catturare criminali da giudicare, potrebbero
invocare un tribunale che, quando li riguarda, si rifiutano di riconoscere?
A questi limiti di giurisdizione, c’è
poi da aggiungere che la Corte penale internazionale non può giudicare
per i crimini commessi prima della sua istituzione.
Come dire: dalle due bombe atomiche sul
Giappone, passando per la pulizia etnica compiuta dagli israeliani a danno
della popolazione palestinese e finendo con i gas di Saddam Hussein contro
iraniani e curdi, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ... per la
Corte penale internazionale è tutto prescritto!
Laddove, quindi, la Comunità internazionale
volesse procedere per crimini compiuti prima del 1998, e che in ogni caso
potrebbero vedere protagonisti i paesi che si sono rifiutati di sottoscrivere
l’istituzione della Corte penale internazionale, non rimarrebbe altra via
che quella già adottata per l’ex-Jugoslavia: un tribunale internazionale
ad hoc.
Un tribunale ed un’azione penale, quindi,
che non nascerebbero sulla base di regole valide per tutti, bensì
sulla base della volontà politica degli Stati.
Ma arrivati a questo punto, chi glielo
dice a Silvio Berlusconi che le regole che valgono per lui valgono solo
per lui e non anche per chi lo vorrebbe processare? E per di più
con il legittimo sospetto della strumentalità dell’accusa visto
che si tratterebbe di crimini per i quali nessuno, prima, aveva sentito
la medesima esigenza di istituire un tribunale ad hoc?
Conoscendo gli avvocati di Silvio, pare
poco probabile che un tale tribunale possa riuscire a lavorare senza occuparsi
anche dei maestri dell’“effetto collaterale indesiderato”. In un simile
processo, l’accusa verrebbe ben presto indicata come esempio per discolparsi
dei tanti possibili “errori” compiuti nel nobile intento di difendere il
proprio paese: può sbagliare Sharon quando massacra il popolo
palestinese, e non può sbagliare Silvio Berlusconi?
A pensarci bene, un simile processo non
sarebbe tanto male: i famosi tre piccioni con una fava; e tutto grazie
agli avvocati di Berlusconi.
Consapevoli, però, che tipi come
Bush e Sharon di fare la fine del piccione proprio non ci pensano, non
rimarrà che un’ultima soluzione: restituire il prigioniero di guerra
Silvio Berlusconi affinché siano i suoi concittadini a processarlo.
Per cui, cambiato regime in Italia con
la forza delle armi, sarà il nuovo regime, scelto dagli occupanti,
a decidere le sorti dell’ex-Capo. E chi meglio di Di Pietro o Travaglio
potrebbe essere scelto per giudicare l’imputato Silvio Berlusconi?
Fortunatamente per Berlusconi, l’incubo
può finire qui.
Saddam si trova dove si trova e la questione
riguarda, per il momento, soltanto lui; sempre con la speranza che possa
arrivare vivo ad un processo che tutti attendiamo con ansia.
Lunga vita a Saddam.
PS: dimenticavo.
La comunità internazionale ha manifestato
profonda indignazione per i casi di tortura, non una voce, però,
per denunziare gli aspetti più gravi del modo di procedere delle
forze della coalizione nei confronti dei “fermati”:
si viene arrestati e liberati
a discrezione, quasi sempre senza mai finire di fronte ad un'autorità
che possa essere definita un giudice;
nessuna assistenza legale;
veri e propri desaparecidos
senza possibilità alcuna di comunicare con l'esterno.
Tra questi fantasmi senza diritti, per
l'appunto, anche Saddam Hussein e Tareq Aziz.
Il secondo, ricordiamolo, prima della
guerra era libero di girare il mondo e d'incontrare tutti, Papa compreso.
Dopo la guerra, nessuno che si chieda che fine abbia fatto e perché.
Vorrei quindi soltanto aggiungere, da cittadino
di un mondo libero e democratico, che se il nostro Presidente del Consiglio
Berlusconi sparisse nel nulla pretenderei, anche per lui, l'applicazione
dell'art. 13 della Costituzione italiana:
La libertà personale è
inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di
detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi
altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato
dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla
legge.
In casi eccezionali di necessità
ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica
sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere
comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se
questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono
revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica
e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi
della carcerazione preventiva. |