Gennaro
Carotenuto 03-12-2006 Da
Caracas a seggi aperti, voto elettronico in Venezuela e negli Stati
Uniti
Da osservatore
internazionale, e a seggi aperti, non posso emettere
dichiarazioni su temi politici ma è corretto, necessario ed urgente
fare una puntualizzazione tecnica per impedire che
informazioni in malafede possano condizionare l'opinione pubblica
sul processo elettorale venezuelano.
di Gennaro
Carotenuto da Caracas
In Venezuela il
processo elettorale è completamente elettronico. Da
studioso dei sistemi elettorali e da critico del voto elettronico
devo ammettere che nelle ultime 48 ore ho avuto occasione
per ricredermi completamente. Le macchine sviluppate dalla
Commissione Nazionale Elettorale venezuelana (CNE)
sono all'avanguardia nel mondo. Anzi, due giorni fa il
Washington Post, riconosceva che c'è un abisso tra la
sicurezza del processo elettorale venezuelano e
l'aleatorietà arbitraria di quello statunitense. Veniamo ai fatti principali
(che il lavoro di osservatore incombe).
1) La CNE,
è un potere completamente indipendente da quello esecutivo,
legislativo e giudiziario.
2) Si vota con
SOLO due clic sullo schermo, uno per selezionare il
candidato e un altro per inviare il voto. Le macchine a quel punto
stampano una scheda fisica che il candidato ripiega e
inserisce nell'urna come in un voto manuale.
3) Al termine
del voto, alle 16 venezuelane, le 21 italiane, si procede, centro
elettorale per centro elettorale, al sorteggio del 55% dei
seggi e si effettua immediatamente un controllo tra voti
digitali e voti fisici emessi dagli elettori.
Secondo tutti
gli esperti indipendenti, e i vari gruppi di osservatori
internazionali, CNE, UE, OEA, Centro Carter, dei quali mi onoro di
fare parte, il sistema appare ineccepibile e, nonostante quanto
denuncia parte dell'opposizione e parte della stampa
internazionale, per provocare instabilità in Venezuela, non ci
sono possibilità di brogli, o almeno ce ne sono meno che in
qualunque altra parte del mondo, che si voti in maniera
manuale o elettronica. In ogni caso, ci sono migliaia di
osservatori internazionali, e decine di migliaia di rappresentanti di
lista pronti a verificare. In particolare, riprendo
l'articolo del Washington Post, la comparazione tra il
voto statunitense e quello venezuelano è
impressionante nei seguenti punti:
1) solo in casi
quantitativamente marginali, negli Stati Uniti viene emesso un
voto stampato, mentre in Venezuela è emesso nel 100% dei
casi. E' per questo che Al Gore ha dovuto rinunciare a
ulteriori verifiche quando fu battuto da Bush nel 2000.
2) negli Stati
Uniti il controllo viene fatto sul 2% dei seggi (e non si
capisce che raffronto facciano, se non c'è un voto fisico da
confrontare), mentre in Venezuela c'è un reale doppio
scrutinio per il 55% dei seggi, un numero definito
impressionante da Avi Rubin, esperto di voto elettronico, della
John Opkins University.
3) negli Stati
Uniti, le macchine e il software sono di proprietà di
imprese private che dietro la scusa della proprietà
intellettuale, impediscono il controllo del meccanismo. In
Venezuela il software è aperto ed è verificabile ogni
passaggio del meccanismo ed ogni riga di codice che gestisce
le elezioni.
In pratica
quando un elettore vota negli Stati Uniti, il suo voto è gestito
da un'impresa privata che ha vinto un appalto del governo.
Il voto è amministrato attraverso codici proprietari e
segreti perchè protetti dalle leggi sul copyright e non
c'è nessun riscontro che il voto dell'elettore
corrisponda a quello conteggiato dalla macchina. Nella
Repubblica Bolivariana del Venezuela, e ne sono giustamente
orgogliosi, il voto si svolge attraverso un codice aperto e
verificabile, viene emessa una scheda fisica che viene inserita in
un'urna e conteggiata in maniera tradizionale per
poter verificare il voto. Per un'Occidentale medio
è difficile ammettere che un paese del terzo mondo possa
essere all'avanguardia in qualcosa, tantomeno in
democrazia. Probabilmente un viaggio in Venezuela con occhi
aperti può essere occasione per un bagno d'umiltà
necessario.
Ovviamente e
chiudo, ci sono molte maniere per continuare a denunciare brogli. In
questo paese si creano polemiche paradossali sul
nulla, spesso orchestrate dall'estero o dall'estero riprese
pedissequamente per lanciare sospetti.
Per esempio:
1) qualcuno
denuncia che l'elettore non può bivaccare dentro il seggio per
ore, ma può solo votare per poi ritornare, se vuole,
al momento dello scrutinio. Ho diritto -si inventa- a
restare dentro il mio seggio tutto il giorno a controllare. E se
500 elettori volessero bivaccare tutti dentro il seggio per
tutto il giorno? Dove al mondo si può fare?
2) qualcuno
denuncia che la CNE non permette di portare la stampata a casa.
Perché mai la CNE vuole tenerla per sé dentro quell'urna di
cartone? Se provi a spiegare che a) la stampata serve per la
verifica e non come ricordino; b) se il voto uscisse dal
seggio non sarebbe più segreto, ti guardano strano.
3) qualcuno
denuncia che il 55% di verifiche è poco, e che non è il 100%
perché i brogli si faranno sul 45% restante.
Chissà cosa pensa il prof. Rubin, con quel 2% miserello e senza
verifiche degli Stati Uniti?
Su cretinate
simili si sono sprecati fiumi d'inchiostro, in Venezuela e
all'estero. Intento in strada le code sono lunghissime, ma
pacifiche e tranquille e i venezuelani ci accolgono con
amicizia e ci ringraziano per essere venuti a testimoniare della
loro democrazia.