Riforme Istituzionali
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repubblica.it  04-04-2007
 
Giornata di tensione nel centrosinistra, Rifondazione blocca
le proposte di Margherita e Ds. Rutelli: il quesito uccide il partito democratico

Nell'Ulivo esplode l'ira dei promotori
Parisi: "Sembriamo conservatori"

Il premier: "Sarà anche un'intesa finta, ma intanto la Cdl l'ha trovata"
Fassino ai suoi: "Dobbiamo dire basta ai ricatti dei partiti minori"

di Goffredo De Marchis

ROMA - "Primo: fermare il referendum. Perché sfascia il Partito democratico". È Francesco Rutelli a dettare la linea della guerra frontale al quesito nel vertice dell'Ulivo sulle riforme elettorali con Romano Prodi e Piero Fassino. La sua analisi degli effetti sul Pd è condivisa dal segretario dei Ds, ma soprattutto sposata dal premier che sa bene come il no al referendum sia l'unico vero collante della maggioranza, il filo che tiene insieme Ulivo, Rifondazione e i partiti più piccoli. Così infatti si conclude il successivo incontro dell'Unione: ok alla bozza Chiti e soprattutto botte da orbi al quesito: "È inadeguato".

La decisione della maggioranza però scatena la rabbia dei referendari del centrosinistra. Apre un nuovo fronte trasversale, mette seriamente a rischio l'unità del centrosinistra proprio mentre il centrodestra (escluso l'Udc) trova una sintesi sulle riforme, dopo l'incontro di lunedì ad Arcore. "Sarà anche un'intesa finta - è il ragionamento di Prodi - ma loro l'hanno trovata. E se pensavamo di portare la Lega dalla nostra parte, beh finora non è successo". Dunque, l'Unione è costretta a trovare un punto di equilibrio. Lo fa sacrificando lo strumento del referendum, la spinta che dovrebbe sollecitare il Parlamento a lavorare davvero per modificare la "porcata" di Calderoli.

Questa soluzione però scava altri solchi, crea nuove divisioni. Giovanna Melandri, ministro dello Sport, avverte: "Resto nel comitato promotore. Non basta una riunione ad Arcore e una dell'Unione per risolvere il problema". Arturo Parisi reagisce con stupore, tanto più che nemmeno Prodi ieri si è opposto alla deriva antireferendaria. E da giorni il Professore sta cercando di convincere il ministro della Difesa a fare un passo indietro sui quesiti. "Così sembriamo noi i conservatori - è la tesi di Parisi -. È assurdo non riconoscere all'iniziativa dei comitati i meriti straordinari che ha. A cominciare da quello di aver fatto fare tanta strada al dibattito sulla riforma elettorale. Ora però dobbiamo scegliere: cosa ci guida, la paura o la speranza". Insomma, il referendum non si tocca, è la pistola con cui bisogna sedersi al tavolo della trattativa. "Se salta il referendum, si spegne la luce e la riforma non la vedremo mai", sospira il senatore dei Ds Giorgio Tonini, altro promotore.

L'impressione è che la toppa (no al referendum per nascondere la mancanza di accordo su un'ipotesi di modifica della legge) sia peggio del buco. Rutelli ha spiegato i riflessi sul Partito democratico di una possibile vittoria referendaria: "Saremmo costretti a fare un listone con tutti dentro. Una forza unica fittizia in cui il Pd, il suo profilo riformista, si confondono con le altre anime del centrosinistra. E il potere di ricatto dei piccoli aumenterebbe". Argomenti che possono essere ribaltati. "Se è vero quello che dice Rutelli non si capisce perché i partiti minori facciano le barricate contro il quesito", osserva Tonini. E il costituzionalista dell'Ulivo Stefano Ceccanti avverte i leader: "Il no al referendum dimostra che i ricatti dei piccoli già funzionano benissimo. Comunque noi partiamo il 24 aprile con la raccolta delle firme. Saremo sommersi dalla partecipazione e ci ricorderemo delle posizioni di Rutelli quando eleggeremo la costituente del Partito democratico".

Nella riunione di ieri pomeriggio l'Unione è stata incapace di trovare l'intesa su una proposta. Bloccata dai veti incrociati, dall'aggressività di Rifondazione che ha persino chiesto di tenere fuori le riforme istituzionali dal dibattito. "È un iter troppo lungo, dà ossigeno al referendum", ha spiegato Gennaro Migliore. L'Ulivo ancora una volta non è riuscito a imporre il tanto evocato "timone riformista" alla coalizione. Ha avanzato l'ipotesi del sistema francese e del sistema spagnolo: bocciate entrambe. L'Udeur ha replicato: fate uscire tutti i vostri dirigenti dai comitati referendari. Alla fine è stato il verde Angelo Bonelli a proporre di richiamarsi alla "bozza Chiti", cioè al lavoro del ministro delle Riforme, che per il momento è una modifica minimal dell'attuale legge. A tarda sera Fassino ha convocato la segreteria della Quercia. E l'umore era piuttosto nero. "Dobbiamo dire basta ai ricatti dei partiti minori. Anche loro devono usare il buon senso", ha tuonato. Con qualche perplessità i Ds ora guarda all'istruttoria del "loro" ministro Chiti, troppo accondiscendente con i piccoli. Non sono sfuggiti i continui richiami di Prc, Verdi e Pdci alla "bozza" del ministro. E se anche Fassino pensa che il listone sarebbe un problema per il Pd, non può non difendere il referendum come lo stimolo a una riforma votata dal Parlamento. Oggi Prodi ricomincia le consultazioni con i partiti di maggioranza. Con il serio pericolo serio di trasformare il "giro" in un gigantesco sfogo delle tensioni interne all'Unione.



Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2007
 
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