Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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L'Ernesto  07-11-2007

Una proposta istituzionale insostenibile


di Gianluigi Pegolo
(parlamentare Prc-Se)

Quella in discussione alla Camera è una proposta di modifica della seconda parte della Costituzione inaccettabile. Il fatto grave è che il gruppo di Rifondazione comunista la sostiene, nonostante le numerose critiche che sono emerse nei gruppi dirigenti del partito, e che sono state espresse da parte di molte e autorevoli figure istituzionali, da consiglieri regionali a singoli parlamentari. Ma tant’è. E’ il prezzo che viene pagato, da un lato, per mantenere l’asse col Partito Democratico e, dall’altro, per rendere irreversibile il passaggio alla “cosa rossa”. Ma cerchiamo di capire cosa sta avvenendo.
Alla Camera dei Deputati è in discussione un testo di legge di modifica della seconda parte della Costituzione. In questo testo si affrontano temi decisivi per il sistema democratico del nostro paese. Le scelte, sinteticamente, riguardano:
il numero dei parlamentari ridotto sia alla Camera che al Senato;
l’abbassamento dell’età per l’elettorato passivo alla Camera;
il superamento del bicameralismo perfetto attraverso una differenziazione delle competenze fra le due camere, la diversificazione dei processi legislativi a seconda delle materie, e la trasformazione del Senato in organo di rappresentanza territoriale;
il rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio con la proposta di revoca dei ministri e la votazione della fiducia allo stesso;
il rafforzamento del ruolo dello stesso governo, attraverso la possibilità da parte di questo di far iscrivere come prioritario un proprio disegno di legge;
l’abbassamento dell’età minima per essere eletti Presidente della Repubblica.

Molte osservazioni critiche si potrebbero fare su questo insieme di norme, ma una in particolare va richiamata, e cioè quella relativa al ruolo e alla composizione del Senato federale.
L’aspetto più paradossale è rappresentato dalla decisione di comporre il nuovo Senato attraverso un’elezione di secondo grado da parte dei consigli regionali. Il che significa che nell’abito degli attuali consigli regionali alcuni loro membri verranno eletti come senatori. Un’altra quota verrà poi eletta dai consigli delle autonomie, e cioè quegli organi composti da alcuni presidenti di provincia o sindaci, che in precedenza erano stati eletti dai consigli regionali. Il senato, quindi, verrebbe eletto con elezioni di 1° grado (e cioè direttamente dal corpo elettorale) per una manciata di senatori eletti all’estero; per la maggior parte con elezione di 2° grado dai consigli regionali e per una altra quota (minore) con elezione di 3° grado, nell’ambito dei consigli delle autonomie. Anche per un profano della materia risulta abbastanza evidente il pasticcio di questa scelta. La cosa più grave, però, è che essendo le rappresentanze istituzionali delle regioni diverse in ragione delle diverse leggi elettorali in vigore, ne risulta che anche i senatori verranno eletti con criteri diversi. Essendo poi i sistemi in vigore maggioritari, saranno avvantaggiate le coalizioni vincenti, mentre le opposizioni saranno sottorappresentate. Inoltre, i partiti maggiori faranno la parte del leone, perché senza il loro appoggio sarebbe molto difficile per le forze minori ottenere una rappresentanza. In sostanza, avremo un Senato “arlecchino” condizionato dalle caratteristiche diverse dei vari consigli regionali e, in generale, fortemente discriminatorio nei confronti delle minoranze. Senza contare che sarà il trionfo dei notabili locali e di quelle figure , come sindaci e presidenti di province, che hanno acquisito in questi anni un potere decisivo.

Un bel disastro dunque!

Perché Rifondazione comunista appoggia una simile aberrazione? Per due ragioni. La prima, per convergere con il Partito Democratico e compattarsi alla maggioranza di centro-sinistra (anche se i Comunisti Italiani, per esempio, non ci stanno). La seconda, ben più significativa, perché rimodellando il sistema istituzionale secondo un sistema vicino a quello tedesco, si spera di ottenere poi una riforma elettorale analoga. A tale riguardo, tuttavia, va chiarito che non vi è alcuna garanzia che se passasse un simile discutibile sistema istituzionale la legge elettorale sarebbe quella desiderata. Ma non importa, la maggioranza di Rifondazione per trainare la costruzione della “cosa rossa”- per la quale sarebbe molto utile un sistema elettorale con lo sbarramento al 5 % che consentirebbe di vincere le ultime resistenze presenti in alcune forze - non si fa problemi nel mettere in gioco non solo esigenze di tipo democratico essenziali, ma anche la propria stessa rappresentanza futura al Senato.
Come vedete, non c’è limite alla deriva politicista in atto nel nostro partito. Inoltre, risulta evidentissimo il prezzo sempre più crescente che si deve pagare per ottenere quella “cosa rossa” che appare, ormai sempre di più, una costruzione dannosa oltre che velleitaria.



Indice "Rassegna Stampa e Opinioni" - 2007
 

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