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http://sinistrainparlamento.blogspot.it 29-12-2012
"Crisi e mutamenti" (seconda parte: il partito frattale) di Patrizia Turchi
Siamo oltre
la tassonometria classica indicata dalla teoria delle organizzazioni
partitiche, pensiamo al partito dei notabili, il partito cartello, il
partito-azienda.
Ad un anno di distanza i nodi,
per chi li vuol cogliere, non solo non si sono risolti, ma si
ripropongono in tutta la loro drammaticità, e ci si accorge che
la “fase berlusconiana” non attiene semplicemente alla persona fisica,
ma riguarda una filosofia di fondo che sembra aver assunto il comando
di ciò che resta dell'agire politico.
Infatti partiti, media e
istituzioni rispondono a questa impronta, e da questa prendono le mosse.
La vicenda delle Primarie del Centrosinistra, di cui ci siamo
occupati in queste settimane, ne è l'emblema più evidente.
La trasformazione dell'elettore in consumatori di
eventi, fossero anche popolarmente graditi, si perpetua in questo
scorcio d'anno.
Assistiamo ad una rincorsa
senza pari alle cosiddette primarie per i/le parlamentari.
Non è intenzione di chi
scrive deprimere quanti si avvicinano a questa kermesse con grande
slancio e fatica, e soprattutto speranza (ma sarebbe onesto chiamarle
più realisticamente illusione di scelta), ma crediamo sia giusto
proporre un cono di visuale che tenti di buttare un sasso nello stagno
degli accadimenti non assumendoli come naturali, nell'assoluto silenzio
teorico che sembra imbavagliare qualunque tentativo di analisi e
ricerca da parte di chi ha maggiori e ben più dettagliati
strumenti
Il PD sembra aver adottato,
appunto attraverso un percorso storico e non naturale, una connotazione
-in qualità di ciò che un tempo veniva definito
“partito”- che trova le sue basi nella teoria delle organizzazioni. Il
genere a cui facciamo riferimento, rispetto alla TdO, è quello
dell'organizzazione manageriale. e sulla cui base pare incentrato tutto
il processo delle primarie, le cui “regole” sono, per sommi capi,
quelle che hanno disciplinato l'“elezione del premier” (o meglio
dell'indicazione del nome del leader della coalizione che si
presenterà alle elezioni secondo le norme dettate dal famigerato
Porcellum).
Nell'organizzazione manageriale
abbiamo:
un nucleo centrale e
sovraordinato che detiene il potere e l'autorità, che ha chiari
gli obiettivi, la strategia e la tattica per conseguirli,
esistono staff laterali che
collaborano, ciascuno con le proprie competenze (ad esempio la
comunicazione e l'uso dei media),
un corpo manageriale attivo che
è chiamato a portare il proprio contributo, agendo sia a cascata
su possibili “acquirenti”, “fette di mercato”, ecc., che lateralmente
-mettendosi in competizione- anche minando il territorio dei propri
pari. I manager risponderanno agli obiettivi dati con risultati
concreti e valutabili, che si esprimono attraverso la compilazione di
apposite classifiche.
Facendo le dovute e necessarie
trasposizioni troviamo che l'evento delle primarie parlamentari ben
soddisfano questa schematizzazione organizzativa:
l'obiettivo è costruire,
sulla base di un consenso sufficientemente largo (tradotto in
gradimento) un nucleo di possibili parlamentari, che in qualche modo
aggiri parzialmente l'odioso obbligo della elencazione coatta (la
nomina) prevista dal Porcellum.
Questi candidati alla
candidatura devono trovare sostenitori (firmatari) per comparire
nell'elenco (anzi, nei due elenchi, uno per le donne ed uno per gli
uomini).
Costruiti gli elenchi questi
saranno sottoposti a successiva valutazione di gradimento popolare (la
platea di quanti hanno partecipato alla definizione del leader della
coalizione), dando vita alle “primarie dei parlamentari”.
Non entriamo a piè pari
su temi come le “cordate”(sindacali, territoriali, lobby, ecc),
perché avremo modo di farlo più nel dettaglio
successivamente, ma già così è chiaro che
ciò che viene messo in fieri è un processo complesso che
nulla sembra avere a che fare con quella che sino ad oggi potevamo
chiamare struttura partitica. Dove la ricerca del consenso non avveniva
attraverso la reificazione “in carne ed ossa” fisica ma sulla base di
un'adesione (identificazione) che traguardava l'individuo poiché
al primo posto erano appunto le “ragioni del collettivo” (o le “ragioni
sociali” se vogliamo utilizzare un termine aziendale).
Oggi tutto sembra essere
proposto in modo esasperato: dall'individuo, che sceglie, all'individuo
che viene scelto.
A coronamento non solo abbiamo
il soggetto (candidato ad essere candidato), ma anche un programma
individuale, tanto che a fronte di un programma di coalizione, si
declina il programma di partito, e pure quello individuale. In questi
giorni, sui quotidiani, si leggono le biografie dei candidati alla
candidatura che raccontano non solo se stessi (biografia), ma le
proprie priorità programmatiche o addirittura un proprio
programma personale, a volte non proprio armonico con quello del
partito di appartenenza.
Questa impalcatura è
sorretta e proposta con grandi dichiarazioni in nome di un modello di
democrazia che “finalmente” (ri)mette in connessione il “popolo” e le
“istituzioni”, e tutto senza che la leadership o il nucleo
sovraordinato, nelle sue direzioni e scelte, venga coinvolto o messo in
discussione.
Nello specifico si parla di
listini o nominativi direttamente a disposizione del segretario, che ne
disporrà a seconda delle bisogne e delle opportunità.
Naturalmente questa complessa
operazione non poteva non essere copiata dal piccolo partito che si
pone a fianco del PD: Sel. Che infatti adotta in pieno le impostazioni
per le primarie parlamentari del PD (addirittura utilizzando le stesse
sedi di consultazione) ma, essendo nato come “partito personale”, le
modula, addomesticandole, con minor professionalità aziendale
scatenando le ire della base
(http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9037/),
nell'obiettivo di esonerare i membri del cerchio magico dal rischio di
cannibalizzazione o di esclusione.
Non si comprende come questo
processo, molto elaborato e forse per la prima volta sperimentato nella
sua realizzazione, non sia oggetto di analisi politica.
Siamo oltre la tassonometria
classica indicata dalla teoria delle organizzazioni partitiche,
pensiamo al partito dei notabili, il partito cartello, il
partito-azienda (si legga al proposito uno scorrevole testo redatto da
Pierluigi Castagnetti, dal titolo: La sfida della democrazia interna).
Probabilmente dalla “politica
frattale” (Luca Ricolfi) siamo passati al “partito frattale”, che
riproduce sempre lo stesso meccanismo di individualizzazione, a
scendere dal vertice alla base.
Pare un assetto nuovo e per
certi versi mai utilizzato, che riteniamo debba avere attenzione da chi
ha ben altri strumenti di ricerca e di analisi.
Analizzare infatti questi
processi riporta obbligatoriamente alla necessità di
contestualizzare, dando perciò significato agli accadimenti,
assumendo come riferimento l'assunto che questi siano processi storici
(cioè costruiti dall'uomo) e non naturali, e pertanto inseriti
in un contesto (una fase?) e che da questo ne sono al contempo frutto e
determinante.
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