|
|
Proposta di iniziativa politica
per promuovere l'astensione al "referendum unico" previsto dalla Legge
Costituzionale che ha istituito la Commissione Bicamerale per le riforme
istituzionali
L'Istituzione della Commissione Bicamerale rappresenta
un'altra brutta pagina della politica italiana.
Va subito aggiunto, però, che peggio della Bicamerale
c'era soltanto l'idea di Assemblea Costituente proposta da Segni e Cossiga.
Due soluzioni sulla falsariga di quella cultura dell'emergenza
che da sempre contraddistingue il modo di operare dei nostri politici.
Un approccio alle questioni schizofrenico, che da un lato pone l'urgenza
dell'azione sull'onda dell'emergenza, ma che dall'altro ha la necessità,
per il desiderio di operare degli stravolgimenti di sistema a totale vantaggio
di questa o quella parte politica ora dominante, di prospettare complicati
scenari da palingenesi. E quando si fallisce l'obiettivo, anziché
trarne le dovute conseguenze, l'inazione che ne è derivata diventa
il motivo di una "nuova emergenza", dando così nuovi spunti ai "nuovisti"
di turno per esaltarsi ed autocelebrarsi di fronte alle loro verità
rivelate.
Si spiegano così, allora, un'apposita Legge Costituzionale
in grado di aprire una particolare Fase Costituente, od una nuova e specifica
Assemblea Costituente, come momenti eccezionali e risolutori della vita
istituzionale di un paese.
Nulla di peggio!
Ed è in questa contrapposizione, fra soluzioni
di emergenza e al tempo stesso di "rinascita", che si è persa, come
al solito, la possibilità di procedere a delle semplici modifiche
che avrebbero potuto permettere l'avvio di una Fase di riforma scritta
NERO SU BIANCO e rispetto alla quale avrebbero potuto prendere parte
attiva i cittadini; ma soprattutto, non lesiva dei diritti delle minoranze.
Come detto, per istituire la Bicamerale c'è voluta
una Legge Costituzionale apposita.
Ma allora, perché non procedere ad una modifica
strutturale dell'art. 138?
E i motivi di tale modifica non mancavano di certo.
Primo su tutti: è assurdo pensare che un Parlamento
eletto con sistema maggioritario, e con lo specifico interesse di arrivare
a determinare il Governo del paese, possa poi procedere alla riforma della
Costituzione. Ma chi è che ha votato per riformare la Costituzione
in una data direzione piuttosto che in un'altra?
E nel centrosinistra, tanto per fare un esempio, per
quell'assurda logica di voto imposta dal sistema maggioritario,
sono stati eletti, con il concorso determinante dei voti di Rifondazione
o dei Verdi, dei parlamentari che in tema di presidenzialismo e di azzeramento
bipolare starebbero meglio tra le file del Polo che non in quelle dell'Ulivo;
parlamentari che, con ogni probabilità, parteciperanno ai lavori
della Bicamerale senza di fatto aver ricevuto alcun mandato per farlo e,
soprattutto, per farlo in un dato modo.
Altra stortura introdotta dal maggioritario: l'impossibilità,
per alcune forze, di essere rappresentate in Parlamento. E se ciò
potrebbe avere un senso ai fini della governabilità, ne ha ben poco
ai fini della revisione della Costituzione.
E poco o nulla potrebbe correggere questo grave deficit
di rappresentatività la possibilità, di fronte ai progetti
di riforma approvati da un Parlamento eletto con il maggioritario, di poter
votare sempre e comunque un referendum confermativo; un "prendere o lasciare"
fortemente condizionato nell'oggetto e senza altra possibilità d'intervento.
A livello di proposta, infatti, i Parlamenti maggioritari
sono fortemente contrassegnati dall'assenza sostanziale dell'azione propositiva,
di emendamento, della somma degli interessi convergenti delle minoranze
non adeguatamente rappresentate a livello istituzionale; interessi di minoranze
non rappresentabili grazie alle alchimie istituzionali ma che, per assurdo,
potrebbero invece essere maggioranza nel paese reale (5 minoranze
al 10% non ottengono deputati contro una sola minoranza meglio organizzata
al 30%). E questo fa sì che di fronte alle uniche opzioni offerte
dagli interessi di parte della maggioranza parlamentare, e nell'assenza
della somma degli interessi comuni delle minoranze non rappresentate, venga
considerato normale, fisiologico, scegliere il meno peggio di quello che
passa il convento.
Anche perché, nei cittadini è forte la
consapevolezza che un NO al referendum confermativo implicherebbe la sospensione
dei processi di riforma a data da destinarsi, a cioè quando gli
interessi di parte della maggioranza parlamentare riterranno opportuno
riproporre la questione. E di fronte a questa eventualità, è
forte il rischio che molti "mezzi SÌ" diventino fatalmente dei SÌ
pieni.
In altre parole, di fronte al solito ricatto "o ti
prendi questa minestra o ti butti dalla finestra, spesso non rimane
altra scelta che rispondere come si è risposto a molti degli ultimi
referendum che si sono svolti nel nostro paese: "vada come vada, purché
si cambi!"
Detto questo, perché non era possibile condividere
anche l'idea dell'Assemblea Costituente proposta da Segni e da Cossiga?
Perché ci saremmo trovati di fronte ad un eccesso
di delega rispetto al quale non sarebbe stato più possibile intervenire
se non soltanto alla fine: anche qui il solito "prendere o lasciare" che,
per l'appunto, non lascia alcun spazio ad un reale intervento "di proposta"
da parte dei cittadini. Perché un voto per un'Assemblea Costituente
finirebbe per costituire una delega in bianco sulle ipotesi e non un voto
sui progetti concreti; il tutto, senza per altro aver chiaro fin dove il
processo di riforma potrebbe arrivare. In altre parole: una delega senza
vincolo alcuno di mandato.
Infine, va ribadito con forza che non può essere
permessa a nessuna maggioranza, anche alla maggioranza dei cittadini, la
soppressione di quei diritti essenziali per l'espressione politica delle
minoranze, a partire proprio da quel diritto di effettiva partecipazione
che dovrebbe essere alla base di ogni sistema di democrazia rappresentativa.
E va purtroppo constatato che, di fronte al possibile
totalitarismo della maggioranza tipico dei sistemi bipolari (maggioritari
o presidenziali che siano), o anche realizzato attraverso un uso distorto
degli strumenti genericamente definiti di democrazia diretta (si veda l'uso
demagogico e strumentale che è stato fatto dello strumento referendario
in assenza di tutele forti per le minoranze), i meccanismi di tutela e
di controllo della legittimità costituzionale non sono oggi in grado
di sostenere l'attacco portato avanti da una classe politica che non si
fa vergogna di agire apertamente in contrasto con la legalità costituzionale:
dall'istituzione della Bicamerale e del referendum unico, all'ottusa e
irritata reazione di fronte alla pregiudiziale di costituzionalità
che fu posta nei confronti della proposta di legge di Rebuffa.
Ed è per tutti questi motivi che appariva e appare
quanto mai urgente una modifica strutturale dell'art. 138; una modifica
valida per tutte le stagioni, e non soltanto per soddisfare occasionalmente
le aspirazioni di questo o di quello.
Nulla in contrario che il Parlamento possa elaborare dei
progetti di riforma.
Ma sulla base di progetti finalmente scritti nero
su bianco, e rigorosamente coerenti con il sistema delle garanzie,
andrebbe poi dato modo ai cittadini di poter intervenire costruttivamente.
Anche perché, non è affatto tollerabile che alla fine di
un processo di riforma tutto parlamentare e senza specifico mandato, come
è quello avviato dalla Legge istitutiva della Bicamerale, non venga
data la possibilità di potersi pronunciare separatamente (per poi
caso mai da qui ripartire per operare interventi d'integrazione) su ogni
singola materia: dalla Forma di Stato alla Forma di Governo,
per chiudere il cerchio con il sistema delle garanzie.
Non la farsa di un referendum confermativo "prendere
o lasciare", quindi, ma un deciso intervento d'indirizzo, attraverso l'elezione
di un apposito Organo di revisione largamente rappresentativo di
tutte le espressioni sociali e limitatamente a quei soli progetti di riforma
scritti neri su bianco.
Non una delega sulle ipotesi, quindi, ma un mandato fondato
su delle proposte chiare e inequivocabili, sul modello di quanto previsto,
ad esempio, in testi costituzionali di altri paesi,
dove il Parlamento che promuove la revisione viene sciolto di diritto,
per far poi proseguire questo lavoro alle nuove Camere.
NERO SU BIANCO. Dovrebbe essere questa la formula
sulla quale l'opinione pubblica dovrebbe essere chiamata ad esprimersi
per poter poi indirizzare, attraverso l'elezione di un apposito Organo
di revisione, la conclusione dei lavori di riforma costituzionale.
Diversamente, procedere senza mandato con un Parlamento
eletto per il Governo del paese con metodo maggioritario, o chiedere
un'elezione sulle ipotesi e senza vincoli di mandato riguardo all'oggetto
della riforma (come fatalmente avverrebbe per un'Assemblea Costituente
eccezionalmente costituita), significa voler espropriare i cittadini della
possibilità di intervenire propositivamente nelle fasi del processo
di riforma: l'ennesima delega in bianco per costringerli a subire, come
sempre del resto, la farsa di un pronunciamento popolare sulla base di
un mero "prendere o lasciare". Un "prendere o lasciare" reso ancora più
odioso, come detto, dall'impossibilità di potersi esprimere sulle
singole discipline costituzionali.
Per tutte queste ragioni, è divenuto urgente ripristinare
un sistema di garanzie in grado di restituire a tutte le realtà
sociali, e non soltanto ad alcune, la possibilità di intervenire
concretamente nei processi di riforma istituzionale.
Va quindi, in primo luogo, delegittimata la Fase Costituente
che si è aperta con l'istituzione della Bicamerale e del referendum
unico: una palese introduzione di meccanismi di revisione appositamente
studiati per l'occasione e atti a favorire le aspirazioni di alcune parti
politiche a danno di altre. A tal fine, si propone di iniziare da subito
una campagna per l'astensione al referendum che dovrebbe concludere i lavori
di revisione della Costituzione.
Una campagna da condurre sfruttando tutti i veicoli di
comunicazione, anche soltanto e semplicemente apponendo una riga di commento,
in calce ai propri interventi, che faccia riferimento all'iniziativa.
E per iniziare, comunicando la propria adesione all'iniziativa,
nella speranza di realizzare ben presto un libro di firme ben sostanzioso
da porre all'attenzione delle forze politiche e dei mezzi d'informazione.
Vai
alla Home-Page di "Riforme istituzionali"
|