Riforme Istituzionali
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Roma, 7 settembre 2000

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Proposta d’interpellanza parlamentare

L’Associazione Progetto Diritti, di fronte al silenzio che di fatto circonda le iniziative portate avanti dall’alleanza Polo-Lega relativamente all’indizione di referendum regionali consultivi sui temi della devolution, ritiene che sia quanto mai urgente che il Governo e le forze politiche assumano una posizione chiara di fronte all’ennesimo tentativo di percorrere la strada delle riforme attraverso colpi di mano e l’aggiramento delle garanzie costituzionali.

L’obiettivo di questi referendum consultivi va infatti al di là del merito politico dei quesiti in discussione, per altro molto generici, ed è chiaro l’intento di creare motivi d’attrito in grado d’interferire pesantemente sui tempi e i modi della riforma federale.

Non è quindi superfluo ricordare che la Corte Costituzionale ha già avuto modo di dichiarare, nel 1992, l’illegittimità costituzionale di un’analoga iniziativa legislativa della Regione Veneto (indizione di un referendum consultivo per la presentazione di una proposta di legge statale, da parte della Regione, per la modifica di disposizioni concernenti l'ordinamento delle Regioni) a seguito dell’opposizione del Governo alla sua approvazione definitiva.

Cronaca di questi giorni, però, è il chiaro tentativo, di alcune forze politiche, per cercare di evitare qualsiasi forma di controllo.

Forti dell’elezione diretta (anche se in un ambito di forte astensionismo e, quindi, espressione fortemente minoritaria del corpo elettorale), alcuni Presidenti di Regione stanno utilizzando la polemica politica, ma soprattutto i toni sempre accesi della "battaglia epocale" da condurre contro il nemico al di fuori della propria Regione, per scoraggiare il Governo dal ricorrere alla Consulta di fronte ad atti legislativi regionali di dubbia costituzionalità; con la minaccia futura, tra l’altro, ai fini elettorali, che l’eventuale prossimo Governo "amico" potrebbe invece tenere un atteggiamento più morbido.

Più efficace della polemica politica potrebbe però rivelarsi la scelta, adottata in Lombardia, di arrivare all’approvazione del provvedimento d’indizione del referendum consultivo attraverso la semplice delibera consiliare. Un "banalissimo" atto amministrativo per il quale non è prevista alcuna forma di controllo preventivo e per il quale i cittadini delle altre regioni non potrebbero opporsi, attraverso il ricorso al giudice amministrativo, neanche in via successiva; tutto ciò pur essendo evidente l’interesse di tutti a che il processo politico sulla riforma federale dello Stato si svolga nel massimo della correttezza e nel pieno rispetto delle garanzie costituzionali.

Si pone, quindi, al di là del merito politico della proposta di federalismo portata avanti, una questione di metodo. Ed è principalmente per questo motivo che l’Associazione Progetto Diritti propone alle forze politiche presenti in Parlamento di raccogliere l’invito a rivolgere l’interpellanza che segue al Governo.

 

Premesso che:

- nella regioni governate dall’alleanza Polo-Lega sono in discussione proposte d’indizione di referendum consultivi sui temi della devolution;

- in data 5 settembre 2000 (agenzia ANSA) l’alleanza Polo-Lega ha definitivamente trovato i punti d’intesa per portare avanti queste proposte;

- con la sentenza N. 470 1992 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della delibera legislativa della regione Veneto recante "Referendum consultivo in merito alla presentazione di proposta di legge statale per la modifica di disposizioni concernenti l’ordinamento delle Regioni" (nello specifico per le seguenti ragioni:

Ai sensi dell'art. 121, secondo comma, Cost., il Consiglio regionale "può fare proposte di legge alle Camere": tali proposte - pur caratterizzandosi come atti propri della Regione - assumono natura strumentale rispetto all'attivazione di un procedimento che é e resta di competenza statale e che, ove giunga ad una conclusione positiva, é destinato a sfociare, attraverso l'approvazione della legge da parte del Parlamento, in una espressione di volontà statuale. Ora, un referendum consultivo quale quello previsto dalla delibera in esame - per quanto sprovvisto di efficacia vincolante - non può non esercitare la sua influenza, di indirizzo e di orientamento, oltre che nei confronti del potere di iniziativa spettante al Consiglio regionale, anche nei confronti delle successive fasi del procedimento di formazione della legge statale, fino a condizionare scelte discrezionali affidate alla esclusiva competenza di organi centrali dello Stato: con la conseguente violazione di quel limite già indicato da questa Corte come proprio dei referendum consultivi regionali e riferito all'esigenza di evitare "il rischio di influire negativamente sull'ordine costituzionale e politico dello Stato" (sent. 256 del 1989, n. 5).
A questo va aggiunto il rilievo che il procedimento di formazione delle leggi dello Stato - quale risulta fissato negli artt.70 e ss. Costituzione - viene a caratterizzarsi per una tipicità che non consente di introdurre, nella fase della iniziativa affidata al Consiglio regionale, elementi aggiuntivi non previsti dal testo costituzionale e suscettibili di "aggravare", mediante forme di consultazione popolare variabili da Regione a Regione, lo stesso procedimento. Tale considerazione, se vale in relazione al potere di iniziativa delle Regioni così come configurato in generale nell'art. 121 Cost., vale a maggior ragione nei confronti di una iniziativa regionale quale quella in esame, destinata ad attivare un procedimento di revisione costituzionale ai sensi dell'art. 138 Cost.:e questo anche in relazione al fatto che la disciplina costituzionale prevede già, al secondo comma dell'art. 138, una partecipazione popolare al procedimento, ma nella forma del referendum confermativo, cui può essere chiamato, per il rilievo fondamentale degli interessi che entrano in gioco in sede di revisione costituzionale, solo il corpo elettorale nella sua unità.);

- è prevedibile, nel caso di vittoria elettorale dell’alleanza Polo-Lega alle politiche del 2001, che il prossimo Governo deciderà di non ricorrere, in via preventiva, contro le deliberazioni legislative adottate dalle Regioni di medesimo colore politico;

- per evitare il controllo preventivo di costituzionalità, uno studio condotto dalla Regione Lombardia prende in esame la possibilità d’indire il referendum consultivo attraverso la semplice delibera consiliare, un "semplice" atto amministrativo non più soggetto, tra l’altro, a seguito della legge 15 maggio 1997 N. 127 art. 17 commi 31 e 32, al controllo preventivo del commissario del Governo;

- per l’evidente peculiarità degli interessi locali, in assenza di controlli preventivi di qualsiasi natura, potrebbe addirittura darsi la circostanza dell’assenza di soggetti decisi a contrastare l’eventuale delibera consiliare attraverso il ricorso al giudice amministrativo, essendo esclusi dalla possibilità di questo tipo di ricorso tutti i cittadini e gli enti pubblici estranei alla Regione emanante l’atto amministrativo, e questo nonostante la sentenza della Corte Costituzionale su citata abbia chiaramente delineato il carattere generale ed invasivo del provvedimento in questione;

si chiede di sapere:

- se l’attuale Governo sia in ogni caso intenzionato, nel caso d’indizione di referendum consultivi sui temi della devolution attraverso la delibera legislativa da parte delle Regioni a ricorrere, in via preventiva, alla Corte Costituzionale;

- se non ritenga necessario intervenire per sollecitare interventi legislativi al fine di evitare che analoghi controlli preventivi possano essere facilmente aggirati con la formula della delibera consiliare, formula in ogni caso in grado di attivare processi politici in grado "di influire negativamente sull'ordine costituzionale e politico dello Stato" come già sancito dalla Corte Costituzionale;

- e se, infine, non ritenga necessario intervenire per sollecitare interventi legislativi al fine di evitare che le esclusive facoltà del Governo a tutela degli interessi di tutta la Nazione, in ordine all’attivazione del controllo preventivo di costituzionalità sugli atti legislativi delle Regioni, possano "occasionalmente" venire meno per evidenti affinità politiche tra Governo nazionale e Governi regionali.

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