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La Stampa - 16/09/2000
 
Devolution, primo referendum La Lombardia alle urne in primavera
MILANO
Il primo referendum sulla devolution, quello voluto fortemente dalla Lega e che faceva parte degli accordi per l’alleanza eletterale con il Polo, è stato varato dal Consiglio regionale della Lombardia. L’assemblea del Pirellone ieri ha dato il via libera definitivo, facendo così tirare un sospiro di sollievo a Bossi e ai dirigenti del Carroccio: domani a Venezia il «senator» potrà annunciare di aver portato a casa almeno un risultato. Mancano ancora all’appello Piemonte e Veneto, ma nella prossima settimana il provvedimento dovrebbe diventare esecutivo.
Si tratta di un referendum consultivo, che chiede ai lombardi se sono d’accordo a trasferire alla Regione alcune importanti competenze, attraverso «iniziative istituzionali», cioè leggi costituzionali. Ecco il testo completo del quesito: «Volete voi che la Regione Lombardia, nel quadro dell'unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie alla promozione del trasferimento di funzioni statali in materia di sanità, istruzione, anche professionale, nonché di polizia locale, alla Regione?».
La Lombardia punta a far svolgere il referendum con le prossime elezioni politiche: una scelta che permetterebbe di risparmiare circa 50 miliardi necessari alla consultazione e assicurerebbe una vasta partecipazione al voto. Spetta al presidente della giunta fissarla con decreto.
Nel documento approvato, il Consiglio Regionale della Lombardia sottolinea l'opportunità di un rafforzamento delle prerogative autonomistiche spettanti alla Regione per arrivare a un modello federalistico di amministrazione e di gestione delle materie affidate alle competenze dei ministri.
Il referendum appena approvato dovrà superare lo scoglio dei già annunciati ricorsi al Tar (essendo un atto amministrativo e non di una legge, è impugnabile) mentre, per indire la data della consultazione, la giunta regionale dovrebbe ottenere il via libera del presidente della Corte d’appello e del Commissario di governo.
Il passaggio non è solo formale: il quesito ha soprattutto valenza politica e la maggioranza Fi-Lega-An punta su una massiccia affluenza alle urne, difficilmente ottenibile con un voto disgiunto da quello delle politiche. Il voto della Casa delle Libertà è stato compatto, mentre il centrosinistra è uscito dall’aula per protesta definendo «inutile e propagandistica l’iniziativa».
Dura la reazione dell’Ulivo. «Questa è una truffa - attacca Mino Martinazzoli -, si chiederà ai cittadini di poter fare cose che già possiamo fare. Mi pare che il centrodestra utilizzi con avventatezza lo strumento referendario per la campagna politica».
Non manca qualche polemica anche nel centrodestra. Il leghista Roberto Maroni, ad esempio, non ha nascoto lo stupore per l’assenza del presidente Formigoni, in missione negli Usa, «al momento dell’approvazione di un così importante provvedimento».


 
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