Riforme Istituzionali
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Lombardia: Referendum "devolution" - rassegna stampa da La Repubblica 17 settembre 2000
 

Scontro sulla devolution
Mancino: iniziativa strumentale. Oggi Bossi a Venezia
 
ROMA - Vero federalismo oppure egoistica chiusura del Nord alla solidarietà?
Sulla cosiddetta "devolution" (devoluzione di poteri dallo Stato alle comunità locali) si sono pronunciate ieri le alte cariche dello Stato. Nicola Mancino, presidente del Senato, parla di "iniziativa strumentale" rivolta a dividere proprio mentre si cerca una convergenza per l'approvazione della riforma federalista. Meno pessimista si mostra il presidente della Camera, Luciano Violante: "Spero che agevoli l'approvazione dei principi federalisti che saranno a giorni all'esame del Parlamento".
Per Umberto Bossi, che stamane a Venezia celebrerà il "devolution day", non c'è invece nessuno spazio per il progetto federativo in discussione alla Camera: "Ormai - ha spiegato - è tardi, il federalismo sta arrivando per volere del popolo...".
Intanto nel centrodestra scoppia la prima grana. Il presidente del consiglio regionale veneto, il leghista Enrico Cavaliere, ha attaccato il presidente della giunta piemontese Enzo Ghigo: "Quello che ha fatto Ghigo come presidente della Conferenza delle Regioni è un falso clamoroso, una truffa, un blitz molto grave, che rischia di sbarrare la strada alla devolution".
Questo attacco frontale sgretola l'apparente unanimità con cui pareva essersi conclusa giovedì scorso la Conferenza di Regioni, Province e Comuni in vista della riforma federale che si comincerà a discutere martedì in Parlamento. "Non c'è alcun parere favorevole - precisa Cavaliere - da parte della Conferenza di Regioni ed enti locali sulla riforma federalista: il documento inviato ai capigruppo parlamentari da Ghigo è un falso clamoroso. Non so - spiega Cavaliere - perchè Ghigo si sia comportato così, vorrei sapere se prima ha sentito i presidenti del Veneto e della Lombardia". Ma l'attacco è anche nel merito del presunto accordo. "Così come modificato - dice - l'articolo 117 della Costituzione riconoscerebbe poteri legislativi concorrenti tra Stato e Regioni sul blocco più grosso di competenze, quelle che vogliamo fare oggetto di devolution. Quindi finirebbe col prevalere sempre la legislazione nazionale e i nostri referendum finirebbero col diventare anticostituzionali".
Freddezza all'iniziativa di Formigoni arriva dal suo collega Francesco Storace, esponente di An e presidente del Lazio, che si tira fuori dalla cerchia di chi chiederà il referendum e dice: "Voglio sentire cosa dice oggi Bossi su Roma, perchè accanto al trasferimento dei poteri dallo Stato alle Regioni bisogna anche rivedere il ruolo della Capitale".
Il sospetto del centrosinistra, paventato da Antonio Bassolino, presidente della Campania, è che il Polo voglia "giocare su due tavoli, affossando a livello nazionale la seria riforma federalista e facendo propaganda con referendum regionali dai quesiti poco chiari". Bassolino contesta il modo in cui verrà posto il quesito ai cittadini lombardi: "Si parla di iniziative istituzionali per trasferire alla Regione le funzioni in materia di sanità, istruzione e polizia locale. Ma quali iniziative, se prima non si approva la riforma costituzionale federalista in discussione alla Camera?".


Amato: "Oltre la legge quei referendum regionali"
Il presidente del Consiglio: "Sono obiettabili dal punto di vista legale"
 
PONTIGNANO (a.p.) - "Questi referendum regionali sono oltre la legge. Dunque soggetti a obiezioni da un punto di vista legale, almeno nella cornice normativa attualmente esistente nel nostro paese". Giuliano Amato si è ritirato in convento, per due giorni, nella pace della campagna senese. E non ha alcuna voglia di parlare di politica interna. Venerdì sera, si era concesso solo una battuta ironica e amara sull'esempio che i politici italiani devono dare ai giovani, accettando la mobilità del lavoro. Un accenno interpetato da tutti come un riferimento alla sua condizione di premier in attesa di giudizio da parte del centro- sinistra. Ma le turbolenze di Roma non gli hanno impedito di presiedere da buon "chairman", come ogni anno, la Pontignano Conference, un incontro e scambio di idee ad alto livello tra italiani e inglesi ("co-chairman" è Lord Ralf Dahrendorf), ormai arrivato alla sua ottava edizione. Amato racconta in inglese - lingua ufficiale del convegno - i temi della discussione, e parla della crisi della democrazia, della incapacità crescente del processo elettorale di fornire agli eletti piena e legittima rappresentatività della volontà popolare.
Ma allora, forse, la devolution e il referendum regionale della Lombardia possono essere un modo di aiutare la costruzione di forme nuove di democrazia?
"Dipende, dipende dalla cornice legale in cui si iscrivono. Nel caso specifico, il nostro ordinamento consente alle Regioni referendum consultivi per sentire il parere dei cittadini su politiche che sono all'interno della giurisdizione regionale. Questo referendum va invece oltre la cornice legale, perché chiede ai cittadini se devono passare alle regioni materie sulle quali esse non hanno giurisdizione. Mi ricordo di quel bel libro di Gustavo Zagrebelsky sulla democrazia, in cui si chiedeva se era stato democraticamente legittimo da parte di Pilato sottoporre a referendum l'uccisione di Gesù Cristo. E la sua risposta era no. Lo stesso ci si può interrogare sul senso di un'altra ipotesi di referendum, quello di recente ventilato in Germania sull'allargamento dell'Unione Europea. Dunque questi referendum regionali sono obiettabili dal punto di vista legale, lascio alle corti valutare..."
Intende alle corti di giustizia?
"Non mi fraintenda. Voglio dire che è materia per esperti di diritto e avvocati".
Eppure lei ammette una crisi della democrazia e della rappresentanza politica.
"Certamente. I partiti non sono più generalmente accettati come mezzi ordinari di rappresentanza della volontà popolare. O complichiamo il processo democratico e così facendo gli ridiamo senso, oppure l'unica conclusione cui rischiamo di arrivare è che le elezioni, da sole, non ci legittimano più come decisori in nome del popolo. Me ne sono accorto con Seattle, oppure a Washington, alla riunione del Fmi, quando i rappresentanti delle organizzazioni non governative ci contestavano esattamente il diritto di prendere decisioni tecniche, per quanto sensate, anche a nome dei popoli. La questione era: chi rappresentava legittimamente i popoli? Noi o loro? C'è forse bisogno di una "democrazia populista"? Sono di questa portata le paure e le ansie che genera la globalizzazione".
Anche l'Europa sembra soffrire di un deficit democratico. Secondo lei, siamo di fronte a una vera e propria crisi dell'Euro?
"No, non c'è. L'Euro è più debole di quanto ci aspettavamo ma non più debole di quanto è stato storicamente accettato nel passato. Se guardiamo alle fluttuazioni marco-dollaro, ci accorgiamo che a metà degli anni '80 la moneta americana è stata anche più forte di adesso. Io sono uno di quelli che credono che i "fondamentali" contano più di tutto. E se è così, i problemi per la stabilità economica del mondo oggi vengono in primo luogo dal Giappone, poi dagli Stati Uniti, per il forte livello di debito estero, e solo in terza posizione viene l'Europa".
Lei è tra coloro che ritengono che l'Euro ha bisogno di un governo politico comune dell'Unione o, come dice Issing, membro della Bce, pensa che l'Euro deve abituarsi a vivere senza?
"Siamo realisti. Io penso che l'Unione europea deve dimostrare di far bene il suo lavoro, oltre che a occuparsi di "visioni" per il futuro. E, al momento, il suo lavoro è portare a compimento le riforme previste nel prossimo trattato di Nizza. Se avremo successo, ciò farà bene all'Euro. Se falliremo, ciò farà male anche alla moneta".


 
Cacciari: è solo demagogia per loro sarà un boomerang
Il filosofo: chiedono il permesso di fare leggi che potrebbero approvare già oggi
 
VENEZIA - Professor Cacciari, bisogna allarmarsi per il voto del Consiglio regionale lombardo che decide il referendum sulla devolution?
"Io ho la sensazione che nessuno abbia capito nulla di ciò di cui si tratta. Dunque: il quesito referendario proposto dalle maggioranze di centrodestra nelle regioni settentrionali è di questo genere. Popolo lombardo, veneto, piemontese, ligure and company, siete d'accordo a che la Regione faccia una proposta di legge in materia di: sanità, formazione professionale, istruzione e polizia locale?".
E lei cosa risponde?
"Una persona sensata, sia esso giornalista o professore universitario o biavaròl, nome raffinato veneziano per dire droghiere, che cosa fa? Ride. Nel senso che qua siamo di fronte a delle persone che, elette per fare le leggi, e nessuno glielo vieta di fare queste leggi, chiedono alla gente se sono d'accordo sul fare le leggi. Primo aspetto comico".
Dunque è una specie di sondaggio?
"Un sondaggio? Ma neanche, perché è indeterminato. E' un sondaggio se chiedi: vuoi Rutelli o Amato, vuoi la pena di morte o no? Perché non sai il risultato. Ma se chiedi alla gente "vuoi che i tuoi rappresentanti facciano le leggi?", cosa vuoi che ti rispondano, di no? E veniamo alla comica due. Chiedono di fare delle leggi in materia nella quale hanno già tutti i poteri. In materia sanitaria e di formazione professionale ce li hanno già. Comica tre: cosa vuol dire istruzione e polizia locale? Asilo, università? L'università, che è una delle autonomie sociali finalmente conquistate, pensano di farla dirigere dagli assessori alla Cultura della Lega? Divertente, ma lo dicano. E forse ci sarebbe una mobilitazione anche dei professori universitari leghisti".
Fine delle comiche?
"No, mi lasci continuare. Quarta comica. Noi, il centrosinista del Veneto, a differenza di quello che secondo me sbagliando hanno fatto in Piemonte e in Lombardia, abbiamo detto: facciamo finta che siate persone serie. E che diciate: siccome siamo in una fase costituente per la Regione, vogliamo aprirla con una sorta di input popolare che ci dica di andare avanti e realizzare il massimo di federalismo possibile".
Un bell'applauso.
"Un applauso. Bene. Siccome siamo veramente federalisti, io e tutti gli altri fino ai Comunisti italiani di Cossutta e ai Verdi, gli abbiamo detto: poniamo un quesito referendario serio. E abbiamo fatto una nostra proposta di referendum. Che dice naturalmente sanità e istruzione professionale, poi aggiunge istruzione scolastica, in modo che si capisca che vogliamo la scuola dell'obbligo e non l'università. Abbiamo aggiunto: chiediamo alla gente se vuole che la Regione costituisca, si avvii a costituire, un corpo di polizia regionale, un po' sul modello americano. Questo è un quesito serio. Perché sennò, dicendo solo polizia locale, nessuno capisce niente, o capisce vigili urbani. Abbiamo detto: la Regione abbia potere di costituire nuove province, o di dare maggiori poteri alle province esistenti. Non solo. Abbiamo fatto un altro quesito. Vogliamo che la Regione arrivi immediatamente a una redistribuzione delle risorse, del gettito impositivo, in modo da avviare un progetto per il federalismo fiscale. E loro, fra l'altro, nemmeno parlano di federalismo fiscale. Mi pare che abbiamo riproposto il quesito specificandolo, chiarendolo, e rendendolo ancora più radicale".
E vi hanno risposto picche.
"Non l'hanno voluto. Allora siamo all'ultima comica. Non hanno voluto una formulazione del quesito che era infinitamente più radicale del loro, nel senso del federalismo, del potere alle Regioni. Perché erano, in tutte le Regioni, completamente bloccati dal testo dell'accordo Lega-Polo firmato ad Arcore da Bossi e Berlusconi".
Questa, di andare a vedere le carte del centrodestra, è la posizione del centrosinistra veneto. Non quella nazionale, e nemmeno lombarda o piemontese.
"Sbagliano. E quante volte hanno sbagliato! Quante volte non hanno capito che cosa dovevano fare! Gioco in una squadra che fa solo autogol".
Lei dice: nessun allarme sui contenuti del referendum?
"Assolutamente nessun allarme sui contenuti. Su sanità e formazione professionale già sono materia regionale, ed è una barzelletta chiedere se possono fare leggi. Sugli altri quesiti, altro che pericolo: c'è da fare una campagna. Il centrosinistra dovrebbe fare immediatamente un convegno invitando professori, sindacati, e dire: badate che questi signori vorrebbero intervenire in materia di ordinamento didattico, e di reclutamento dei professori. E fare una grande campagna contro. Altro che pericolo: possono essere boomerang pazzeschi per loro. Bisogna prenderli in contropiede, andare a vedere le loro carte truccate, i loro bluff clamorosi".
Dunque al Nord si andrà a votare su questi referendum, e il centrodestra avrà l'applauso che cerca?
"Applausi no. La gente è scema, ma fino a un certo limite. Andremo a votare e voteremo sì. Daremo l'indicazione di andare a votare. Denunceremo la situazione, mostreremo che il nostro quesito era enormemente più sensato del loro".
E crede che questa sarà la linea del centrosinistra in tutto il Nord?
"Se non sarà, vorrà dire che sbaglieranno per la milionesima volta. Ma mi pare che dall'altra parte stiano esagerando. La massa della chiacchiera demagogica sta superando ogni limite. Ho la sensazione che dalla parte del centrodestra, nella voglia di stravincere, stiano cominciando a fare pipì fuori dal vaso".
 
Fabrizio Ravelli


 
"Il tempo è scaduto la parola ai cittadini"
Formigoni attacca il Parlamento: "Non ha fatto nulla"
 
MILANO - Presidente Formigoni, il presidente del Senato Nicola Mancino parla, a proposito dei referendum, di "iniziativa strumentale" perché si vorrebbe tenerli insieme alle elezioni politiche. Insomma vi accusa di fare solo propaganda politica.
"Non vedo perché parli di "iniziativa strumentale", dal momento che la Regione Lombardia gode per statuto, da 30 anni, della possibilità di fare referendum in materia istituzionale".
Evidentemente l'accorpamento con le politiche provoca qualche perplessità...
"L'accorpamento è costituzionalmente permesso ed evita ai cittadini di essere chiamati troppe volte alle urne. E poi è un bel risparmio per le finanze pubbliche".
Il presidente del Senato parla di "Regioni che ritengono di sovraccaricare di significato polemico una questione che mi sembra si possa discutere sul piano parlamentare".
"Ma insomma, sono anni che cerco di ottenere per altra via, di contrattare col governo, ma fino a oggi le risposte scarseggiano. Se vuole di più le dirò che la Sanità, per Costituzione, è interamente attribuita alle Regioni. Devo ricordare che proprio a giugno ho scritto ad Amato perché fossero trasferite le competenze in tema di Sanità, vuole sapere che risposta ho ottenuto? Nessuna. Mancino si sbaglia".
Dal centrosinistra si alza un coro di proteste. Il ministro Maccanico definisce l'iniziativa "pericolosa" e dice che si sfiora il "conflitto di attribuzione".
"E' curioso che Maccanico si meravigli: sono anni che il Parlamento parla di federalismo senza cavare un ragno dal buco. Il tempo del Parlamento mi pare scaduto, per lo meno in questa legislatura, per il futuro vedremo...".
Perché "vedremo"?
"Perché nel Dna del centrosinistra c'è il germe di un sostanziale centralismo, perché la burocrazia centrale e ministeriale è centralista e questo è un macigno che il centrosinistra non ha potuto o voluto rimuovere".
Lei la mette sui massimi sistemi, ma Arturo Parisi e Vasco Errani, presidente dell'Emilia-Romagna, la accusano di aver pagato una cambiale a Bossi.
"Mi fanno ridere. Non ci sono cambiali da pagare perché Bossi fa parte dell'alleanza. Con queste dichiarazioni tradiscono la loro speranza di una Lega che faccia traballare la Casa delle Libertà. Li devo deludere: la nuova alleanza è stabile, la Lega e i referendum fanno parte del mio, del nostro programma. La secessione non c'è più, ora c'è un federalismo serio e forte in cui finalmente tutti crediamo".
Allora sarà contento della dichiarazione del presidente della Camera Violante, che spera che il referendum "agevoli l'approvazione del piano dei principi federalisti che verrà discusso alla Camera dal 19 settembre".
"Violante è un po' in ritardo: il 19 settembre è martedì prossimo. E poi nei provvedimenti in discussione alla Camera non c'è attribuzione né di Sanità, né di Scuola, né di ordine pubblico o sicurezza, alle Regioni. E poi vorrei ripetere che nel quesito si sottolinea che tutto si svolge all'interno dell'unità nazionale. Per esempio, il mio modello di Sanità prevede un livello minimo di assistenza uguale in tutta Italia. Se poi c'è una Regione che vuole spendere di più, per avere una sanità migliore, e di conseguenza vuole tassare di più i suoi cittadini, beh allora ognuno sceglierà".
Il suo collega di partito e di presidenza regionale, Enzo Ghigo, presidente della Conferenza delle Regioni sembra che la pensi diversamente, visto che un suo documento sulla riforma federale in discussione in Parlamento è stato violentemente attaccato dal leghista Enrico Cavaliere, presidente del Consiglio regionale veneto...
"La strada è quella dei referendum, se poi Ghigo sollecita il Parlamento... Vede su questa questione c'è stato un confronto fortissimo con diversi gradi di apprezzamento all'interno della Conferenza. Si è trovato un minimo comun denominatore che non mi soddisfa".
Lei difende a spada tratta il voto sul referendum, ma lei in aula non c'era, era negli Usa, il che ha fatto commentare al leghista Maroni che la sua assenza era "davvero strana".
"Ero negli Usa, per un viaggio già programmato. Maroni si tranquilizzi: venerdì ho sentito sia Calderoli che Bossi, con la Lega c'è perfetta intesa, le cose vanno bene".
 
Guido Passalacqua


 
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