Devolution alla lombarda, anche
il Polo diviso
E l’Ulivo accusa: questa legge
è una truffa ai cittadini
ROMA Fa discutere la decisione del Consiglio regionale
lombardo di indire i referendum sulla "devolution". All’interno della stessa
Casa delle Libertà quella scelta, seppur ufficialmente difesa e
sostenuta, crea qualche perplessità. Lo si capisce anche dall’insistenza
con cui personaggi come Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini ci tengono
a sottolineare che l’iniziativa non intacca l’unità nazionale e
dalla prudenza del Cavaliere sull’argomento. Il centrosinistra si schiera
apertamente contro quella decisione, ma con sfumature diverse. Nell’Ulivo
c’è chi demonizza la sortita della Regione Lombardia, chi (come
Nicola Mancino), pur criticando, suggerisce di non usare toni apocalittici,
e chi, infine (è il caso di Luciano Violante) ricorda che, comunque,
il «referendum è un diritto dei cittadini». Dunque,
su questo tema, che divide e fa litigare, nemmeno i presidenti di Camera
e Senato la pensano allo stesso modo.
Quello sulla "devolution" è un dibattito molto
apro, tanto più che si svolge alla vigilia della discussione che
si aprirà alla Camera sul federalismo. Martedì, infatti,
arriva nell’aula di Montecitorio la riforma federale. L’impressione è
che quella legge non sia destinata a percorrere molta strada. Il capogruppo
di Forza Italia Beppe Pisanu è netto: «Noi - spiega - presenteremo
un pacchetto di emendamenti. Ma credo che il centrosinistra voglia fare
solo una riformetta, giusto per piantare una bandierina in campagna elettorale
e poter dire che è colpa nostra se sul federalismo non si è
fatto niente. Noi vogliamo una riforma seria, altrimenti non se ne parla».
Insomma, la verità è che maggioranza e opposizione, nonostante
le elezioni non siano propriamente alle porte, sono già in campagna
elettorale ed è assai difficile che in questo clima giungano a un
accordo. Anche perché per la Lega quello è un punto dirimente.
Un cavallo di battaglia che il Carroccio, che punta tutto sui referendum,
non può abbandonare. Lo testimonia pure la dichiarazione rilasciata
ieri dal presidente del Consiglio regionale veneto, il leghista Enrico
Cavaliere, che ha attaccato Enzo Ghigo, rompendo così l’apparente
unanimità con cui pareva essersi conclusa, giovedì scorso,
la Conferenza di Regioni, Province e Comuni, in vista della discussione
parlamentare sulla riforma federale. «Quello che ha fatto Ghigo -
ha sostenuto l’esponente del Carroccio - è un falso clamoroso: non
c’è alcun parere favorevole da parte della Conferenza delle Regioni
ed enti locali sulla riforma federalista».
E mentre nel Polo si fronteggiano l’ala dura e quella
morbida (a cui è più vicino il Cavaliere, che però
è in difficoltà perché non vuole rompere con Bossi),
il centrosinistra parte all’attacco della "devolution". Una «truffa»,
per Arturo Parisi. Un’iniziativa «pericolosa», a giudizio di
Antonio Maccanico. Dello stesso avviso del ministro delle Riforme, il leader
dell’Udeur Clemente Mastella. I referendum? Una «prepotenza e una
provocazione», secondo il segretario Ppi Pierluigi Castagnetti. Un’operazione
«elettorale», attraverso la quale Berlusconi paga a Bossi il
prezzo dell’accordo, per i diessini Vitali e Errani. «Federalismo
fasullo», è l’opinione della presidente verde Francescato
che ai referendum lombardi contrappone il "federa-tion day" del centrosinistra,
da fissare dopo l’assemblea degli eletti del 14 ottobre.
I referendum sulla "devolu-tion", secondo Mancino, rappresentano
un’«iniziativa strumentale», perché quei quesiti «dividono
gli schieramenti politici mentre sono impegnati a cercare una convergenza
in Parlamento sulla riforma». Ma Violante parla un linguaggio diverso:
quei referendum - è l’opinione del presidente della Camera - potrebbero,
al contrario, essere uno stimolo alla riforma. E’ vero che nei quesiti
«c’è poca chiarezza», però, sottolinea Violante,
«il referendum è un diritto dei cittadini» e come tale
sempre positivo.
Nel Polo, invece, c’è chi applaude (il sindaco
Albertini, che dice: «Iniziativa legittima e opportuna») e
chi sembra giustificarsi. Dice infatti Fini: «I timori sull’unità
nazionale sono del tutto infondati». Gli fa eco Casini: «La
mina Lega è stata disinnescata, non credo che il referendum sia
eversivo». Ma il presidente del Lazio, Francesco Storace, prende
le distanze e chiede chiarimenti alla Lega. Contro il centrodestra, e,
nel contempo, contro il centrosinistra, Antonio Di Pietro. Secondo il senatore
del Mugello quello che sta accadendo è «solo una prova generale
della grande campagna elettorale che è cominciata, con il Polo all’attacco
e la sinistra che fa catenaccio e non tiene conto dell’insostenibilità
della propria posizione statalista».
Maria Teresa Meli
FORMIGONI DAGLI USA «LE CRITICHE?
PERCHE’ ABBIAMO RAGIONE»
MILANO. «Il fiorire delle dichiarazioni degli
esponenti del governo e della maggioranza contro la nostra iniziativa referendaria
è la dimostrazione dello stato di disperazione a cui il centrosinistra
ormai è arrivato in Italia e dell'esattezza della nostra iniziativa».
Questo il commento del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni,
dagli Stati Uniti dove si trova per un viaggio, sulle polemiche sollevate
dalla decisione del Consiglio regionale di indire un referendum consultivo
per la devoluzione di alcune competenze: sanità, istruzione e polizia
locale. «Vogliamo - ha aggiunto Formigoni - arrivare a un federalismo
autentico, solidale ed equilibrato, che trasformi la struttura obsoleta
dello Stato centralista salvando l'unità nazionale e valorizzando
le diverse Regioni». «Soprattutto il federalismo che costruiremo
- ha concluso - sarà il ritorno alla centralità del cittadino
oggi più umiliato; alla sovranità del cittadino e alla sua
libertà di scelta che è il fondamento di ogni democrazia».
IL LEADER DELL’OPPOSIZIONE IN VENETO
«I GOVERNATORI? RICEVONO ORDINI DA ARCORE»
«Il referendum, una pagliacciata»
Cacciari: io sono più autonomista
della Lega
IL centrosinistra è diviso sulla battaglia lanciata
dalla Lega con i referendum. Mentre in Piemonte utilizzava tecniche ostruzionistiche
per impedire il varo del provvedimento prima del Devolution Day, in Veneto
la lista di centrosinistra capeggiata dall’ex sindaco di Venezia Massimo
Cacciari ha presentato una proposta di consultazione popolare ancora più
radicale di quella leghista. E così a Pian del Re, durante la conferenza
dopo il rito dell’ampolla, Umberto Bossi ha reso l’onore delle armi al
filosofo: «Cacciari è più furbo della sinistra piemontese».
Onorevole Cacciari, ha ragione il segretario della Lega? Lei è più
furbo?
«Non è questione di furbizia. Bossi dovrebbe
sapere che la nostra non è stata un’iniziativa strumentale contro
di loro. Sono anni che insisto su questa strada, ma non vengo capito. In
realtà, l’iniziativa Polo-Lega sulla cosiddetta devolution è
demagogia pura».
Può spiegare perché?
«Possibile che nessuno se ne sia accorto? I cittadini
hanno votato il 16 aprile i loro rappresentanti perché scrivano
le leggi: le sembra sensato chiedere con un referendum se vogliono che
il Consiglio regionale vari una norma? E’ una farsa».
Vogliono un sostegno popolare all’eventuale legge con
la quale sarà modificata la Costituzione, dando più poteri
alla Regione.
«C’è qualche dubbio che esista un sostegno
popolare all’esigenza di fare leggi regionali in materie sulle quali ha
già quasi piena potestà, come sanità e formazione
professionale? Altri due quesiti riguardano polizia locale e istruzione.
Ma cosa vuole dire?».
Lo spieghi lei.
«Presto detto. E’ propaganda. Noi invece abbiamo
presentato un referendum di tutto il centrosinistra. Attenzione, non è
di Cacciari. E’ di tutti, dai comunisti italiani ai Verdi ai Ds. Ammettiamo
pure che si voglia avere un forte input da parte della popolazione per
procedere più radicalmente e più speditamente sulla strada
del federalismo. Allora noi proponiamo in modo chiaro una riforma in senso
americano della polizia, come forze dell’ordine che si devono occupare
di sicurezza. Cosa vorrebbero i governatori? Assumere responsabilità
di vigili urbani? Oppure di carabinieri? Quanto alla scuola, specifichiamo
che la Regione deve avere compiti per la fascia dell’obbligo e per gli
istituti superiori, ma non per l’Università».
Ci sono anche altre materie?
«Sì. Parliamo di poteri ordinatori della
Regione per costituire nuove Province. Cosa ne sa Roma di quante sono necessarie
in Veneto? Infine, importantissimi, ci sono il federalismo fiscale e l’impegno
della Regione di trasferire tutte le competenze in materia amministrativa
e gestionale agli enti locali. I cosiddetti governatori del Polo, tanto
federalisti, non l’hanno per nulla fatto: sono i presidenti più
indietro nell’applicazione della Bassanini. Non c’è furbizia in
questi quesiti, come vede. C’è serietà».
Dunque niente ostruzionismo?
«Ma no. E’ una strada sbagliata. Noi abbiamo reso
più radicale il loro quesito».
Non è d’accordo quindi con chi nel centrosinistra
dice che si tratta di iniziative eversive?
«Altro che eversivi, questi referendum della Lega
sono una pagliacciata. Lo abbiamo dimostrato. Invece di abbracciare la
nostra proposta, che si poteva unificare con la loro ed essere subito varata,
in aula, hanno rifiutato. E sono rimasti barricati nel loro testo. Devono
ubbidire ai padroni, questi governatori dei miei stivali. Siccome il testo
era quello di Arcore, Berlusconi-Bossi, non potevano uscire da lì».
Come è finita?
«In commissione, alla Regione Veneto abbiamo votato
contro il loro testo. Però all’unanimità è passato
un documento che impegna la giunta regionale a far conoscere la loro proposta
di legge su queste materie trenta giorni prima del referendum. Così
i cittadini sapranno su cosa andare a votare».
Martedì alla Camera riprende l’esame della riforma-stralcio
della Costituzione, con una posizione unitaria degli enti locali. Cosa
ne pensa?
«Sono le proposte di cui sindaci e Regioni parlano
da anni».
La Lega dice che non vuole votarle.
«Certo, potrebbe esserci scritto che Berlusconi
è un genio. Lo respingerebbero comunque: sono in campagna elettorale.
Non importa nulla, a loro e al Polo, del federalismo».
Però nella sua Venezia c’è il ritorno alla
grande di Bossi.
«Bossi lo hanno incravattato, addomesticato, se
lo portano al guinzaglio a Bari. Dovevano dargli un contentino, Forza Italia
doveva pagare il prezzo. Sperano che dall’altra parte ci sia l’ostruzionismo,
che la Corte Costituzione bocci il referendum».
Però è quello che ha fatto il centrosinistra.
«Purtroppo ci casca sempre, in tutte le trappole».
A Mino Martinazzoli, che dice?
«Che sbaglia, che il modo giusto è il nostro.
Ormai ci ho fatto il callo».
Gigi Padovani
«Torna a soffiare per noi
il vento del Nord»
Il leader della Lega: festeggiamo
il referendum lombardo
inviato a PIAN DEL RE Camilla ha sette anni, un cappellino
blu in testa e in mano un «orsetto padano». Che ne sa di devolution?
Niente. Però regge un’ampolla e passa a Bossi l’acqua del Po, che
oggi sarà versata in laguna, a Venezia. Officierà il Grande
Capo dopo una lunga staffetta di Alpini Padani, Guardie Padane, Camionisti
Padani, via Casale-Pavia-Padova. Sono quasi una decina i figli di leghisti
che si accalcano attorno alla piccola fonte dalla quale sgorga il grande
fiume, ai 2 mila metri di Pian del Re, sotto il Monviso. C’è ressa
di telecamere e microfoni, rischiano di essere schiacciati. Allora i genitori
protestano: «Giornalisti, come al solito non rispettate le persone».
Uno replica: «Mia figlia non l’avrei portata ad una manifestazione
politica». Risposta: «Politica? Ma qui ci sono le nostre radici,
è una festa, è la nostra terra».
Ecco, bisogna incominciare da questo piccolo siparietto
per capire che cosa è successo ieri sotto il Monviso, con il segretario
della Lega e trecento suoi fedelissimi a ripetere per la quinta volta,
come ogni anno dal ‘96, il rito dell’acqua: un simbolo, che serve a tenere
insieme i militanti e a sperare di non perdere troppi voti alle politiche
nell’alleanza con il Cavaliere. L’onorevole Mario Borghezio, in camicia
verde, esulta: «Oggi siamo con il turbo, la devolution è incominciata».
Arrivano folate fresche, c’è il sole. E lui: «E’ il vento
del Nord che spazza la fuliggine della politica politicante». E quando
Umberto Bossi arriva, direttamente dalla sua casa di Varese con un piccolo
elicottero d’argento «Gazzelle SA 431», scoppia l’applauso
e il grido usuale: «Pa-da-nia li-be-ra». Li sentisse Pierferdinando
Casini. Ma qui non c’è. Ci sono la polenta con le salsicce, i gazebo,
le bandiere e le divise verdi.
E’ la festa dopo il varo del referendum in Lombardia.
Appena sceso dall’elicottero, Bossi chiede a Roberto Cota, il presidente
del Consiglio regionale in Piemonte, quando si voterà il provvedimento.
«Martedì si comincia, andiamo avanti fino a quando non passa,
credo entro giovedì». E Bossi: «Oggi festeggiamo il
referendum lombardo, dopo verranno gli altri». Poi il «senatur»
incomincia a parlare: interviste, proclami, comizi. Come ai bei tempi.
E va giù pesante. «Sapete perché quest’anno l’acqua
qui viene raccolta dai bambini? Perché sono un simbolo. Il simbolo
della famiglia. Se andasse al governo uno così, uno come Rutelli,
quello del gay pride, sarebbero garantiti? Da uno che vuole riempire il
Paese di spettacoli indegni?». Quindi, ancora sul sindaco di Roma:
«Hanno scritto che l’ho attaccato perché ha un bambino adottato.
Cose inesistenti. Invece, vorrei sapere cosa ha da nascondere questo Rutelli».
Poi scende al limite dell’insulto, dell’allusione. «E’ un putto di
Pannella, il suo figlioccio. E’ radicale e altro...».
C’è però anche il tempo per parlare di
politica, incalzato dalle domande nella conferenza stampa in una baita.
La Lega appoggerà la riforma-stralcio federalista in Parlamento
che anche i governatori sostengono? «Quali governatori?», replica.
«Ghigo», gli diciamo. Il piemontese Cota sorride, e sta zitto.
Bossi parte all’attacco, glissa sull’alleato: «La sinistra ha avuto
cinque anni per fare le riforme e non le ha fatto. Perché noi ora
dovremmo appoggiare uno "stralcetto" per farli rientrare nel gioco? Sia
Rutelli sia Amato sono sempre stati contro il federalismo. Non vogliamo
mica regalare voti alla sinistra, dovevano pensarci prima: ora gettino
la loro maschera di biechi statalisti». Il capogruppo al Senato del
Carroccio, Roberto Castelli, più tardi, conferma: «Non ci
sarà alcun accordo per emendamenti della Casa delle Libertà,
la legge non passerà. Conosco bene il centrosinistra: stanno preparandoci
un trappolone».
L’ultimo «no» è sulla legge elettorale.
«Non si tocca, anche se comunque perderebbero lo stesso», dice
Bossi. Con un ghigno accosta pollice e indice per fare il segno del cerchio:
«Al Nord fanno tanti parlamentari così: zero». Poi se
la prende con D’Alema, che prima voleva il maggioritario e ora è
favorevole al proporzionale: «Sapete, lui è ricco. Ha scarpe
da milioni, barche da miliardi, la sede della Fondazione come la Spectre
di 007... noi siamo un popolo povero, ma teniamo duro con le nostre idee,
come quando tanti anni fa con Maroni in dodici fondammo la Lega».
Poi, via verso Venezia. Stamattina gran comizio a Riva degli Schiavoni
per il Devolution Day: «Uno per tutti, tutti per uno, fino alla libertà»,
come recita il manifesto.
Gigi Padovani