Riforme Istituzionali
Osservatorio sulla devolution
Rassegna stampa
www.riforme.net


 
Bossi-Devolution: contrari, favorevoli e ... l'ultima parola di Berlusconi. Cronaca di una settimana politica all'italiana
 
Corriere della sera - 21-11-2002
 
Devolution in Aula, ostruzionismo dell’Ulivo

Bossi convince gli alleati, la legge sarà discussa prima della Finanziaria. Si preparano «ritocchi»
 
   Roberto Zuccolini
 
ROMA - Umberto Bossi ha vinto la sua prima battaglia. Per la guerra invece bisognerà attendere. Al Senato la devolution ha infatti superato tutte le leggi concorrenti e sarà discussa prima della Finanziaria con l’obiettivo di approvarla prima del 9 dicembre. Ma nell’aula di Palazzo Madama è subito partito il braccio di ferro del centro sinistra. Parola d’ordine: «ostruzionismo totale».
«DEVOLUTION SUBITO» - Il primo scontro si è consumato nella conferenza dei capigruppo. L’opposizione non è riuscita ad ottenere lo slittamento della legge costituzionale che stabilisce il trasferimento alle Regioni delle competenze su scuola, sanità e polizia locale a dopo la Finanziaria. Subito dopo è stata l’aula a ratificare la decisione: la devolution passa avanti a tutti disegni di legge in discussione, compreso il testo di attuazione della riforma federalista approvata dal centro sinistra. Da ieri quindi si è avviato il dibattito in Aula. Procedura accelerata anche se occorre ricordare che in quanto legge costituzionale ha bisogno di quattro passaggi parlamentari (due a Palazzo Madama e due a Montecitorio). E comunque, per la battaglia portata avanti dall’opposizione, solo oggi si entrerà nel merito della devolution.
«OSTRUZIONISMO TOTALE» - È la linea decisa dai capigruppo di Margherita e Ds, Bordon e Angius: «Impiegheremo tutti gli strumenti regolamentari previsti». Bordon sottolinea l’«esiguità» del tempo (contingentato) concesso alla discussione in aula: «Hanno dato undici ore per sfasciare l’Italia». Angius invece ricorda che «d’ora in avanti anche l’iter della Finanziaria sarà diverso». Perché la manovra economica sarà investita da 4 mila emendamenti. L’ex presidente del Senato Nicola Mancino sottolinea che «non è mai accaduto che si discutessero leggi costituzionali durante la sessione di bilancio». E arriva a parlare di «attentato alle libertà parlamentari». Schierati contro il via libera alla devolution anche il presidente delle regione Campania, Antonio Bassolino, insieme al sindaco di Napoli Rosa Russo Jervolino: «Per evitare un caos istituzionale si doveva prima approvare il testo di attuazione della riforma federalista».
LA MAGGIORANZA - Gianfranco Fini, anche per tacere le polemiche interne dei giorni scorsi, ricorda che «il testo in discussione non è quello proposto da un singolo partito ma è stato meditato a lungo e infine varato dal Consiglio dei ministri». Ma aggiunge anche che «è possibile migliorarlo nel dibattito parlamentare». Vale a dire non esclude un emendamento del governo in corso d’opera, proprio per accogliere le richieste di An e Udc. Anche il ministro per gli Affari Regionali Enrico La Loggia sottolinea che dopo quella di Bossi sulla devolution c’è la sua firma. E, soprattutto, che «si tratta di un testo di tutta la maggioranza». Ma non esclude possibili «correzioni». Il capogruppo di An Domenico Nania assicura che la discussione in Aula «non aprirà fratture nella Casa delle libertà». Affermazione che va letta alla luce di quella pronunciata da Umberto Bossi che ammette: «La sinistra ha tentato di farci saltare in aria, ma non ce l’ha fatta».
INTELLETTUALI «CONTRO» - Sono contrari alla devolution della maggioranza Claudio Abbado, Renato Dulbecco, Umberto Eco, Dario Fo, Margherita Hack, Mario Luzi e Rita Levi Montalcini. E lo esprimono con un appello: «La nostra è una viva e allarmata preoccupazione. Le aree più forti e ricche del Paese potrebbero decidere di fare da sé su essenziali materie, come sanità, scuola e polizia locale. Questo non è federalismo: qui si lacerano le basi di unitarietà e di solidarietà su cui si fonda la nostra Costituzione».



 
il manifesto  21-11-2002
 
Scuola, sanità, polizia: l'allarme degli intellettuali
 

«Esprimiamo la più viva e allarmata preoccupazione». Comincia così un appello di intellettuali, i primi a firmarlo sono stati Claudio Abbado, Renato Dulbecco, Umberto Eco, Dario Fo, Margherita Hack, Mario Luzi e Rita Levi Montalcini, contro il disegno di legge costituzionale sulla devolution che Bossi sta cercando di imporre al parlamento (e al governo). Secondo questo progetto infatti, si legge nell'appello, «i territori che ne hanno le risorse, vale a dire le aree più forti e ricche del Paese, potrebbero decidere di `fare da se' in materie essenziali, uscendo dai sistemi nazionali sanitario e scolastico, e dotandosi di un proprio, ulteriore corpo di polizia che complicherebbe inevitabilmente il già difficile coordinamento tra le autorità e le forze che si occupano, in Italia, di sicurezza». Secondo i firmatari del documento «si prospetta una frammentazione del sistema di tutela di fondamentali ed essenziali diritti dei cittadini, a danno delle regioni più disagiate e meno sviluppate. Questo non è federalismo: il federalismo valorizza le iniziative e le potenzialità locali in un quadro di solida garanzia dei diritti essenziali e di forte cooperazione tra tutti i livelli istituzionali, mentre qui, all'opposto, si lacerano le basi di unitarietà e di solidarietà su cui si fonda la nostra Costituzione». Nell'appello diffuso dal gruppo dei democratici di sinistra del senato, si legge anche che «per attuare il federalismo basterebbe applicare la riforma costituzionale recentemente approvata dal parlamento e confermata con il referendum popolare del 7 ottobre del 2001, completandola e migliorandola se necessario». «Rivolgiamo al parlamento e alle forze politiche - concludono Abbado e gli altri - un appello a rendersi interpreti, anche e particolarmente in questo momento, dei fondamentali valori costituzionali, respingendo con nettezza ogni idea di chiusura egoista e localista, non degna delle nostre tradizioni civili e contrapposta alla prospettiva europea in cui il nostro paese è chiamato ad operare».
 
DEVOLUTION, ECCO IL TESTO
Questo il testo dell'articolo uno del disegno di legge costituzionale sulla devoluzione presentato da Berlusconi e da Bossi
 
Modifiche dell'articolo 117 della Costituzione. Dopo il quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione è inserito il seguente: le regioni attivano la competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie:
   a) Assistenza e organizzazione sanitaria;
   b) Organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e organizzazione sanitaria;
   c) Definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione;
   d) Polizia locale.


 
La Stampa  21-11-2002
 
Errani: i servizi devono essere uguali per tutti
No al federalismo self-service
 
   G. Pa.
 
LA prima volta che Vasco Errani, vicepresidente della Conferenza dei governatori, dovette votare in modo diverso dal suo presidente, il forzista Enzo Ghigo, fu il 14 febbraio di quest´anno. Fu quando l´organismo che rappresenta le Regioni diede il suo parere sul progetto di «devolution» preparato dal ministro Bossi. Allora finì con 11 voti favorevoli, della Cdl, e 5 contrari. Oggi le posizioni sono un diverse, a leggere le dichiarazioni di Raffaele Fitto e di Chiaravalloti. Di certo il ds Errani, 55 anni, presidente dell´Emilia Romagna, non vuole passare come nemico del federalismo: «Il federalismo deve essere solidale, cioè utile a risolvere i problemi della gente».
 
Presidente Errani, in Senato l´Ulivo darà battaglia. E´ d´accordo?

«Certo. Ma sa perché?»

Per una scelta di parte.

«No, è puro buon senso. E´ incomprensibile che si porti in Parlamento prima la devoluzione che l´applicazione della riforma del Titolo V della Costituzione, cioè il disegno di legge La Loggia: tutte le Regioni lo avevano chiesto, non ci sono differenze politiche».

Parliamo di devolution.

«Non esiste un federalismo self-service. Nessuno Stato federalista al mondo può essere fondato su questo principio: ciascuno fa quello che vuole su scuola, sanità, polizia locale».

Però i servizi essenziali vengono garantiti.

«Per noi il sistema scolastico nazionale e il sistema sanitario nazionale sono irrinunciabili. Poi, cosa è la polizia locale? Una volta Bossi ha detto che sono i "rangers", altri del governo hanno parlato di poliziotti di quartiere o di vigili urbani... Mi spieghino. C´è confusione e il rischio di mettere in discussione i valori dell´unità nazionale».

Mettiamo che la Casa delle libertà vari questo progetto, che succederà? Proporrete il referendum confermativo, come previsto dalla Costituzione quando non c´è un quorum di due terzi?

«Spero che anche nel centrodestra prevalgano le preoccupazioni: sono diffuse in tutti i gruppi del Parlamento. Questo processo non può passare a colpi di maggioranza, è giusta una verifica nel Paese».

Lei chiede i correttivi che ora l´ostruzionismo dell´Ulivo ha impedito...

«Sa cosa si dovrebbe fare? Abbandonare questo "non-disegno" che è la devoluzione e completare la riforma della Costituzione con il Senato federale, insieme alla alla nomina delle Regioni dei giudici costituzionali e al federalismo fiscale. Così il paese diventerebbe efficiente. Invece la proposta Bossi è un "mix "di propaganda, di esercizio muscolare e di una visione del paese che non condivido».

L´Emilia è Regione ricca: cosa pensa del federalismo fiscale «caritatevole» della Lega?

«E´ una logica sbagliata. Vorrei chiedere in che relazione si pone questo progetto con la delega alla riforma fiscale di Tremonti, o con l´articolo della Finanziaria che istituisce l´Alta Commissione sul federalismo fiscale. E´ pura demagogia. Così non si tiene insieme il Paese: si fa un danno sia al Sud sia al Nord».


 
La Stampa  21-11-2002
 
Il Presidente della Calabria: prima la riforma La Loggia
 
Chiaravallotti: l'Italia ha un debito verso il sud
«Una mossa elettorale di Bossi»
 

Il presidente della Regione Calabria, 68 anni, alla sua terza giunta da quando è al governo, è un magistrato eletto in Forza Italia noto per la simpatia con la quale racconta barzellette alla Conferenza dei governatori. Perciò, quando si chiede a Giuseppe Chiaravalloti un commento sulla battaglia per la devolution apertasi al Senato, risponde imitando (benissimo, per la verità) l´accento di un lumbard: «Se la si fa con lo spirito del valtellinese che dice "ueh, a quei pirla lì, a quei vagabondi non dò i miei soldi", allora tutto è finito».
 

Presidente Chiaravalloti, battute a parte, cosa pensa di questa devolution?

«Mi auguro che non spacchi il Paese: si deve recuperare lo spirito positivo della devolution e non arroccarsi su posizioni campanilistiche. Penso che il senso della riforma proposta Bossi sia una continuazione ideale del Risorgimento, un completamento della costruzione dello Stato. Non dovrebbe invece trasformarsi in un recupero di posizioni di prepotenza a favore di una parte del Paese».

Qualcuno dice che sarebbe stato meglio varare prima l´applicazione del Titolo V della Costituzione, cioè il disegno di legge La Loggia...

«Anche io sono su questa posizione: sarebbe stato un processo più organico. Capisco la battaglia di Bossi: deve rispondere ad un certo tipo di elettorato. Non direi che sia il migliore del paese... sono le sirene leghiste vecchia maniera. Finora da ministro aveva sempre temperato queste posizioni».

Cosa significherebbe per voi avere la totale responsabilità della Sanità?

«Può essere il punto di arrivo. Però non va dimenticato il principio di solidarietà e di unità dello Stato».

Dal Sud i malati continuano a venire al Nord per curarsi.

«Già, ma perché? Le cause sono storiche. L´economia del Meridione e della Calabria è più debole, ma non per colpa nostra. Non è che i calabresi siano vagabondi, sciocchi, incapaci di produrre ricchezza. Lo sviluppo del paese dal centro è stato indirizzato a privilegiare l´industria nella Val Padana, a creare infrastrutture nelle zone ricche. Purtroppo il Sud è rimasto serbatoio di manodopera o mercato di consumo. Ora noi riteniamo che lo Stato abbia qualche debito verso il Mezzogiorno»

Ci sarà una maturità della Magna Grecia e una padana?

«Ma no, le tecniche pedagogiche individueranno le differenze. Vedo invece un arricchimento attraverso le tradizioni locali senza perdere l´unitarietà del paese».

Cosa pensa della proposta di legge sul federalismo fiscale presentata dalla Lega alla Camera, in cui il fondo di perequazione tra Regioni ricche e povere è basato su controlli delle prime circa la qualità dei servizi erogati?

«E´ accettabile il principio di controllare la destinazione dei fondi, per evitare le ruberie: ma non può essere secondo uno schema padrone-servo o benefattore-beneficato. Il controllo va fatto da tutte le Regioni o dallo Stato. Non mi sembra giusto che qualcuno versi i fondi e poi dica: l´anno prossimo non te li darò perché non hai fatto bene».



 
il manifesto  22-11-2002
 
Altolà di Confidustria sulla Devolution
 

«No a blitz sulle riforme». Intanto il senato respinge le pregiudiziali costituzionali delle opposizioni
 
     Cosimo Rossi
 
«No a blitz sulle riforme costituzionali». Confidustria entra a gamba tesa contro la decisione della maggioranza di anticipare il dibattito sulla devolution. Sottraendo il suo importante puntello alla maggioranza già in fibrillazione, e andando ad allargare la schiera delle critiche contro l'accelerazione voluta in nome della pax casalinga con il senatur Umberto Bossi. Il senato, infatti, precede a tappe forzate nell'approvazione del progetto di riforma del ministro leghista. Ieri sono state respinte in blocco, e tra nella bagarre, tutte le pregiudiziali costituzionali e le richieste di sospensiva dell'esame avanzate dalle opposizioni. la lettura della riforma riprenderà martedì mattina.

Le opposizioni si appellano ai vertici delle camere e allo stesso capo dello stato, nell'ambito della loro campagna di ostruzionismo. Secondo l'Ulivo il blitz è spiegabile sono con motivazioni di natura propagandistica, dato che in commissione stava procedendo - con consenso quasi bipartisan - all'esame del cosiddetto ddl la Loggia, che attua la riforma «federalista» del Titolo V della Costituzione varata agli sgoccioli della scorsa legislatura. Un testo che sta molto a cuore anche agli enti locali di tutti i colori politici, ma scavalcato per ragion politica. Tanto che lo stesso ministro La Loggia è dovuto intervenire ieri, proprio di fronte all'assemblea dell'Anci, a spiegare che non c'è contraddizione tra il suo progetto e quello di Bossi. E che, anzi, «la dovolution è uno strumento di democrazia, di sviluppo, di equiparazione , di unificazione» del paese.

A maggior ragione il via libera in prima lettura del senato è ritenuto più o meno certo: regalo natalizio insieme al panetun per il ministro Bossi. L'accelerazione, almeno al senato, era infatti dovuta al Carroccio, che finora ha dovuto digerire - e far digerire al proprio elettorato - quasi tutto, a cominciare dalla regolarizzazione degli immigrati.

Da parte sua il senatur prova a farsi forte proprio dell'ira dell'opposizione per sostenere le ragioni della devolution. Ciononostante il progetto del leader del Carroccio continua a suscitare riserve anche all'interno del centrodestra, oltre a far infuriare tutti gli enti locali. Con quelli amministrati dal centrosinistra che polemizzano apertamente e quelli amministrati dalla maggioranza di governo che chinano malvolentieri il capo di fronte alla «sovranità» del parlamento (come fa il governatore azzurro del Piemonte Enzo Ghigo).

A questo si è aggiunto ieri l'altolà di Confidustria. Per gli industriali, ovviamente, è soprattutto una questione di priorità. La devolution, infatti, comprometterebbe i tempi di discussione di «due riforme fondamentali per l'economia come quelle del fisco e del lavoro, quest'ultima ormai in dirittura d'arrivo». Ciò premesso, «le riforme costituzionali non si improvvisano», tantomeno quando si parla di federalismo. Altrimenti, rileva dura Confidustria, si rischia «una rottura della struttura statuale, un'esplosione della spesa pubblica e un ulteriore aggravio degli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese».

Parole dure. Come lo sono quelle, con argomenti non analoghi, di Cgil e Cisl, che si dicono disposte a scendere in piazza, come fecero nel `97 contro la secessione, contro la devolution. «Siamo decisamente contrari alla devolution - dice il segretario confederale della Cgil Paolo Nerozzi di fronte all'Anci - che è l'inverso di un federalismo solidale, per il quale ci siamo sempre schierati. Instaura un processo di divisione dei diritti, affermando un'idea staccata e centralistica del paese». Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl, intravede invece un «vicolo pericolosissimo», invocando la ripresa dell'esame del ddl La Loggia.
Ieri, intanto, l'inizio dell'esame del ddl è stato vivacizzato dal battibecco tra il presidente del senato Marcello Pera e il suo predecessore Nicola Mancino, il cui rimprovero per la disattenzione di Pera durante il dibattito è stato definito dall'interessato «pleonastico e anche esorbitante».



 
Corriere della sera - 24-11-2002
 
«Devolution, sono pronto a mettere la fiducia»

 
Berlusconi: sta a cuore agli italiani. Bossi: il premier è di parola, ma non ce ne sarà bisogno. Fini frena
 
  Paola Di Caro
 

PARIGI - La democrazia federale è la «democrazia più avanzata» che esiste, la riforma messa in cantiere da Bossi fa «parte del nostro programma di governo», è un impegno preso tra alleati e «sta a cuore» a tanti cittadini. Per cui, per approvare in fretta la devolution che è appena approdata in Senato, se sarà necessario si potrà anche «porre la questione di fiducia».
Lo dice Silvio Berlusconi, da Parigi dove ha partecipato alla conferenza sul Libano, venendo meno solo su questo argomento all’impegno di «non parlare di cose italiane, visto che siamo sul suolo internazionale». E lo dice perché le parole pronunciate da Bossi venerdì a Pavia, quell’«o si fa la devolution, o si va tutti a casa», impongono una risposta del premier, come la impongono le richieste di cautela e tempi lunghi su una riforma così delicata che arrivano da Confindustria, dal presidente della Corte costituzionale, da tutto il centrosinistra.
E dunque ecco il Berlusconi che rassicura l’inquieto alleato leghista (e poi dall’aereo chiama l’altro alleato, Fini, per spiegargli il senso delle sue parole) promettendo il massimo impegno del governo sulla devolution, e dicendosi addirittura, fatto parecchio anomalo, «non alieno a porre la fiducia» su una legge costituzionale come la devolution, nel caso in cui i 4.000 emendamenti presentati dall’opposizione impedissero il varo della riforma prima dell’inizio delle votazioni sulla Finanziaria. La reazione del Senatur? Entusiasta: «Berlusconi, con la sua presa di posizione, mostra non solo di essere di parola ma soprattutto di aver dato vita a un governo per cambiare il Paese». Poi si mostra ottimista: «Alla fine non ci sarà bisogno della fiducia». E rifiuta di commentare le dichiarazioni polemiche del leader udc Follini: «Non mi interessano».
Ma non saranno parole troppo ardite quelle del premier? No, ribatte lo stesso Berlusconi. Intanto perché c’è il precedente della riforma federale votata con pochi consensi di maggioranza dall’Ulivo. Poi perché non bisogna nutrire «eccessive preoccupazioni» per una riforma che significa solo «devoluzione di responsabilità dallo Stato centrale alle istituzioni locali su sanità, organizzazione delle scuole e possibilità di dettare norme per i vigili o per l’assunzione di nuovi vigili con funzioni regionali».
Infine, perché è utile in sé votare subito «il princìpio» contenuto nella riforma di Bossi, in modo che si possa «attribuire allo Stato e agli Enti locali più legislazione esclusiva» visto che con le legislazioni concorrenti «si verificano una serie di ricorsi alla Corte costituzionale» che impediscono a tutte le istituzioni di operare bene.
E in nuce c’è qui anche una risposta ai dubbi del presidente della Consulta, visto che Berlusconi è chiaro su un punto: a Bossi un segnale positivo, fortissimo, va dato. Ma l’articolo 117 della Costituzione, dopo la modifica già attuata dal centrosinistra, va ulteriormente cambiato e migliorato e per farlo non basterà il voto «di principio» in un «solo articolo, che è estremamente semplice» e che Bossi otterrà in tempi brevi, ma serve molto di più, in termini di tempi e di norme: «Ci sarà bisogno di attuazioni, di leggi ordinarie che dovranno precisare la velocità, il modo, i costi e il federalismo fiscale». Un percorso insomma non così immediato, se è vero che Berlusconi ha ben presenti non solo le difficoltà normative da superare, per esempio, per attuare la «delocalizzazione» della forza lavoro da una regione all’altra (e infatti, dice, si stanno studiando «incentivi»), ma soprattutto ha ben chiaro il problema politico che si è aperto nella sua coalizione tra le varie componenti.
E sa che quello che ha compiuto ieri, e che già suscita tante polemiche, è solo il primo passo per risolverlo.


 
Corriere della sera - 24-11-2002
 
Il gelo dei centristi: «Meglio evitare»
Lega contro Ruperto
 
     Daria Gorodisky
 
ROMA - L’ipotesi di ricorrere al voto di fiducia sulla devolution, lanciata ieri dal presidente del Consiglio dopo l'aut aut della Lega («devoluzione subito o salta il governo») suscita perplessità nella maggioranza. Che preferisce leggere l’idea non tanto come una possibilità concreta, quanto come una mossa politica, una «forzatura per calmare Bossi». Il ministro per le Riforme, in effetti, apprezza: «Berlusconi mostra non solo di essere di parola, ma soprattutto di aver davvero dato vita a un governo per cambiare il Paese». Il leader leghista invece attacca, insieme con il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, l’intervento del presidente della Corte costituzionale, Cesare Ruperto, che era intervenuto sollecitando l'attuazione della legge federalista attualmente esistente prima di un’altra modifica sulla materia. Gli altri alleati però suonano una musica diversa. Per metà giornata Alleanza nazionale e centristi avevano insistito sulla necessità, per dirla con il ministro di An, Gianni Alemanno, di «mandare a casa le ennesime minacce di Bossi»; e sull’inopportunità - Marco Follini, leader ccd - di «procedere per ultimatum». Dopo le parole del presidente del Consiglio, il primo a cercare di abbassare i toni è il suo vice, il leader di An Gianfranco Fini: «La possibilità di porre la fiducia è molto bassa. E’ inutile, il Consiglio dei ministri ha votato unito la devolution; e spero che la fiducia non debba servire a contrastare un ostruzionismo dell’opposizione che potrebbe coinvolgere il varo della Finanziaria». Fini poi ricorda che «la questione vera è semmai quella posta dal presidente Ruperto: prima del varo definitivo della devoluzione serve la legge di attuazione della riforma costituzionale approvata nella scorsa legislatura». Aggiunge Alemanno: «Su un argomento come questo è indispensabile evitare forzature e lacerazioni nel Paese. E sulla devolution ci sono dissensi degli enti locali e anche delle forze sociali vicine al governo, Confindustria e Cisl».
I centristi concordano, spingono per una sdrammatizzazione ma non cambiano la propria posizione. «E' sempre meglio evitare di porre la fiducia - commenta il ministro Rocco Buttiglione -. Certo, se così si decidesse la voteremmo. Siamo per l’avvio del processo per la devolution con o senza fiducia, perché è nel nostro programma. Però diciamo lealmente che prima bisogna correggere la riforma varata dall’Ulivo, altrimenti avremmo un risultato distruttivo». Inoltre la possibilità tecnica di porre la fiducia su una legge costituzionale è «un problema delicato che dovrà esaminare il presidente del Senato; certo, ci pare anomalo». E il ministro Carlo Giovanardi: «Alla fine servirà una maggioranza dei due terzi se si vuole evitare il referendum, perciò quale fiducia. Ma diamo una lettura politica della giornata: si dà un giro di manovella alla devolution, poi il percorso è lungo, un anno a dire poco…».


 
La Stampa  21-11-2002
 
Il Leader degli industriali di Verona: «Riforma che non ha senso»
 
MILANO - La devolution nella versione di Umberto Bossi non ha senso comune e non deve passare. Se proprio il Senatur vuole mettere il Paese davanti all´opzione rigida - o la devolution o tutti a casa - allora sono costretto a dire: vadano a casa». L´allergia al tono e l´irritazione per la sostanza delle esternazioni del capo dei leghisti finiscono per impadronirsi anche di chi, come Alessandro Riello - esponente della famiglia veneta che ha fatto fortuna con il condizionamento, e che da un anno è alla guida degli industriali di Verona - non ha lo scontro nelle sue corde, preferendo di solito gli atteggiamenti concilianti e la ricerca delle ragioni del consenso più che del dissenso. «Il fatto è che siamo davvero molto preoccupati in Veneto», dice Riello rivelando che su questo tema della devolution l´imprenditoria della regione si è confrontata a lungo per arrivare a posizioni sostanzialmente comuni.
 
Quali sono gli orientamenti prevalenti nelle diverse associazioni industriali?

«L´umore prevalente è di grande preoccupazione per un processo di modifica della morfologia dello Stato che dovrebbe richiedere il massimo equilibrio e la massima attenzione, mentre viene impostata alla garibaldina dai leghisti. Come presidenti delle organizzazioni locali della Confindustria ne abbiamo parlato spesso ed abbiamo concordato su un punto: se deve essere riforma, va da sé che andrà fatta davvero e profondamente. Non ci si può limitare a trasferire risorse se l´intero assetto dello Stato non viene ripensato e riequilibrato».

Cosa temete, davvero?

«Noi veneti, esattamente come i nostri colleghi del Mezzogiorno piuttosto che del Centro e del Nord, fatichiamo a capire già se dalla Riforma del Titolo V della Costituzione si avranno vantaggi o ulteriori penalizzazioni. Ora con l´accelerazione e l´impostazione radicale di Bossi abbiamo la certezza che tutto si possa risolvere in un aggravio generale delle nostre condizioni, a partire da quelle fiscali. Ma in questa situazione ci troviamo in buona compagnia».

In che senso?

«Nel senso che le nostre eccezioni e le nostre perplessità sono anche le eccezioni e le perplessità di tanti governatori delle Regioni italiane, rimasti spiazzati dalle intemperanze leghiste. Va dato atto, anzi, alla classe politica regionale e, soprattutto, ai presidenti delle giunte regionali - indipendentemente dalla loro coloritura politica - di aver rivelato una maturità ed un senso di responsabilità che, a nostro giudizio, è difficile rintracciare nella classe politica nazionale».

Dobbiamo concludere che gli eccessi della Lega risultano insopportabili anche a chi, come gli industriali veneti, si è sempre detto geloso custode delle autonomie locali?

«Non c´è dubbio. Noi siamo gelosi delle nostre tradizioni e della nostra cultura in cui l´autonomia locale è un valore da difendere, ma noi siamo ben consapevoli di far parte di un sistema Paese e siamo decisi a fare sistema, perché convinti che un federalismo forsennato, che prescinda da un filo conduttore unitario - ammesso sia concepibile - può solo far danno».

Se Bossi insiste con l´aut aut?

«Vuol dire che ciascuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. Nessuno è mai morto per una votazione aggiuntiva».


 
Indice "Rassegna Stampa"
 
 
Mailing List di Riforme istituzionali