Bossi convince gli alleati, la legge sarà discussa prima
della Finanziaria. Si preparano «ritocchi»
Roberto Zuccolini
ROMA - Umberto Bossi ha vinto la sua prima battaglia. Per la guerra
invece bisognerà attendere. Al Senato la devolution ha infatti superato
tutte le leggi concorrenti e sarà discussa prima della Finanziaria
con l’obiettivo di approvarla prima del 9 dicembre. Ma nell’aula di Palazzo
Madama è subito partito il braccio di ferro del centro sinistra.
Parola d’ordine: «ostruzionismo totale».
«DEVOLUTION SUBITO» - Il primo scontro si è consumato
nella conferenza dei capigruppo. L’opposizione non è riuscita ad
ottenere lo slittamento della legge costituzionale che stabilisce il trasferimento
alle Regioni delle competenze su scuola, sanità e polizia locale
a dopo la Finanziaria. Subito dopo è stata l’aula a ratificare la
decisione: la devolution passa avanti a tutti disegni di legge in discussione,
compreso il testo di attuazione della riforma federalista approvata dal
centro sinistra. Da ieri quindi si è avviato il dibattito in Aula.
Procedura accelerata anche se occorre ricordare che in quanto legge costituzionale
ha bisogno di quattro passaggi parlamentari (due a Palazzo Madama e due
a Montecitorio). E comunque, per la battaglia portata avanti dall’opposizione,
solo oggi si entrerà nel merito della devolution.
«OSTRUZIONISMO TOTALE» - È la linea decisa dai capigruppo
di Margherita e Ds, Bordon e Angius: «Impiegheremo tutti gli strumenti
regolamentari previsti». Bordon sottolinea l’«esiguità»
del tempo (contingentato) concesso alla discussione in aula: «Hanno
dato undici ore per sfasciare l’Italia». Angius invece ricorda che
«d’ora in avanti anche l’iter della Finanziaria sarà diverso».
Perché la manovra economica sarà investita da 4 mila emendamenti.
L’ex presidente del Senato Nicola Mancino sottolinea che «non è
mai accaduto che si discutessero leggi costituzionali durante la sessione
di bilancio». E arriva a parlare di «attentato alle libertà
parlamentari». Schierati contro il via libera alla devolution anche
il presidente delle regione Campania, Antonio Bassolino, insieme al sindaco
di Napoli Rosa Russo Jervolino: «Per evitare un caos istituzionale
si doveva prima approvare il testo di attuazione della riforma federalista».
LA MAGGIORANZA - Gianfranco Fini, anche per tacere le polemiche interne
dei giorni scorsi, ricorda che «il testo in discussione non è
quello proposto da un singolo partito ma è stato meditato a lungo
e infine varato dal Consiglio dei ministri». Ma aggiunge anche che
«è possibile migliorarlo nel dibattito parlamentare».
Vale a dire non esclude un emendamento del governo in corso d’opera, proprio
per accogliere le richieste di An e Udc. Anche il ministro per gli Affari
Regionali Enrico La Loggia sottolinea che dopo quella di Bossi sulla devolution
c’è la sua firma. E, soprattutto, che «si tratta di un testo
di tutta la maggioranza». Ma non esclude possibili «correzioni».
Il capogruppo di An Domenico Nania assicura che la discussione in Aula
«non aprirà fratture nella Casa delle libertà».
Affermazione che va letta alla luce di quella pronunciata da Umberto Bossi
che ammette: «La sinistra ha tentato di farci saltare in aria, ma
non ce l’ha fatta».
INTELLETTUALI «CONTRO» - Sono contrari alla devolution
della maggioranza Claudio Abbado, Renato Dulbecco, Umberto Eco, Dario Fo,
Margherita Hack, Mario Luzi e Rita Levi Montalcini. E lo esprimono con
un appello: «La nostra è una viva e allarmata preoccupazione.
Le aree più forti e ricche del Paese potrebbero decidere di fare
da sé su essenziali materie, come sanità, scuola e polizia
locale. Questo non è federalismo: qui si lacerano le basi di unitarietà
e di solidarietà su cui si fonda la nostra Costituzione».
«Certo. Ma sa perché?»
Per una scelta di parte.
«No, è puro buon senso. E´ incomprensibile che si porti in Parlamento prima la devoluzione che l´applicazione della riforma del Titolo V della Costituzione, cioè il disegno di legge La Loggia: tutte le Regioni lo avevano chiesto, non ci sono differenze politiche».
Parliamo di devolution.
«Non esiste un federalismo self-service. Nessuno Stato federalista al mondo può essere fondato su questo principio: ciascuno fa quello che vuole su scuola, sanità, polizia locale».
Però i servizi essenziali vengono garantiti.
«Per noi il sistema scolastico nazionale e il sistema sanitario nazionale sono irrinunciabili. Poi, cosa è la polizia locale? Una volta Bossi ha detto che sono i "rangers", altri del governo hanno parlato di poliziotti di quartiere o di vigili urbani... Mi spieghino. C´è confusione e il rischio di mettere in discussione i valori dell´unità nazionale».
Mettiamo che la Casa delle libertà vari questo progetto, che succederà? Proporrete il referendum confermativo, come previsto dalla Costituzione quando non c´è un quorum di due terzi?
«Spero che anche nel centrodestra prevalgano le preoccupazioni: sono diffuse in tutti i gruppi del Parlamento. Questo processo non può passare a colpi di maggioranza, è giusta una verifica nel Paese».
Lei chiede i correttivi che ora l´ostruzionismo dell´Ulivo ha impedito...
«Sa cosa si dovrebbe fare? Abbandonare questo "non-disegno" che è la devoluzione e completare la riforma della Costituzione con il Senato federale, insieme alla alla nomina delle Regioni dei giudici costituzionali e al federalismo fiscale. Così il paese diventerebbe efficiente. Invece la proposta Bossi è un "mix "di propaganda, di esercizio muscolare e di una visione del paese che non condivido».
L´Emilia è Regione ricca: cosa pensa del federalismo fiscale «caritatevole» della Lega?
«E´ una logica sbagliata. Vorrei chiedere in che relazione si pone questo progetto con la delega alla riforma fiscale di Tremonti, o con l´articolo della Finanziaria che istituisce l´Alta Commissione sul federalismo fiscale. E´ pura demagogia. Così non si tiene insieme il Paese: si fa un danno sia al Sud sia al Nord».
Presidente Chiaravalloti, battute a parte, cosa pensa di questa devolution?
«Mi auguro che non spacchi il Paese: si deve recuperare lo spirito positivo della devolution e non arroccarsi su posizioni campanilistiche. Penso che il senso della riforma proposta Bossi sia una continuazione ideale del Risorgimento, un completamento della costruzione dello Stato. Non dovrebbe invece trasformarsi in un recupero di posizioni di prepotenza a favore di una parte del Paese».
Qualcuno dice che sarebbe stato meglio varare prima l´applicazione del Titolo V della Costituzione, cioè il disegno di legge La Loggia...
«Anche io sono su questa posizione: sarebbe stato un processo più organico. Capisco la battaglia di Bossi: deve rispondere ad un certo tipo di elettorato. Non direi che sia il migliore del paese... sono le sirene leghiste vecchia maniera. Finora da ministro aveva sempre temperato queste posizioni».
Cosa significherebbe per voi avere la totale responsabilità della Sanità?
«Può essere il punto di arrivo. Però non va dimenticato il principio di solidarietà e di unità dello Stato».
Dal Sud i malati continuano a venire al Nord per curarsi.
«Già, ma perché? Le cause sono storiche. L´economia del Meridione e della Calabria è più debole, ma non per colpa nostra. Non è che i calabresi siano vagabondi, sciocchi, incapaci di produrre ricchezza. Lo sviluppo del paese dal centro è stato indirizzato a privilegiare l´industria nella Val Padana, a creare infrastrutture nelle zone ricche. Purtroppo il Sud è rimasto serbatoio di manodopera o mercato di consumo. Ora noi riteniamo che lo Stato abbia qualche debito verso il Mezzogiorno»
Ci sarà una maturità della Magna Grecia e una padana?
«Ma no, le tecniche pedagogiche individueranno le differenze. Vedo invece un arricchimento attraverso le tradizioni locali senza perdere l´unitarietà del paese».
Cosa pensa della proposta di legge sul federalismo fiscale presentata dalla Lega alla Camera, in cui il fondo di perequazione tra Regioni ricche e povere è basato su controlli delle prime circa la qualità dei servizi erogati?
«E´ accettabile il principio di controllare la destinazione
dei fondi, per evitare le ruberie: ma non può essere secondo uno
schema padrone-servo o benefattore-beneficato. Il controllo va fatto da
tutte le Regioni o dallo Stato. Non mi sembra giusto che qualcuno versi
i fondi e poi dica: l´anno prossimo non te li darò perché
non hai fatto bene».
Le opposizioni si appellano ai vertici delle camere e allo stesso capo dello stato, nell'ambito della loro campagna di ostruzionismo. Secondo l'Ulivo il blitz è spiegabile sono con motivazioni di natura propagandistica, dato che in commissione stava procedendo - con consenso quasi bipartisan - all'esame del cosiddetto ddl la Loggia, che attua la riforma «federalista» del Titolo V della Costituzione varata agli sgoccioli della scorsa legislatura. Un testo che sta molto a cuore anche agli enti locali di tutti i colori politici, ma scavalcato per ragion politica. Tanto che lo stesso ministro La Loggia è dovuto intervenire ieri, proprio di fronte all'assemblea dell'Anci, a spiegare che non c'è contraddizione tra il suo progetto e quello di Bossi. E che, anzi, «la dovolution è uno strumento di democrazia, di sviluppo, di equiparazione , di unificazione» del paese.
A maggior ragione il via libera in prima lettura del senato è ritenuto più o meno certo: regalo natalizio insieme al panetun per il ministro Bossi. L'accelerazione, almeno al senato, era infatti dovuta al Carroccio, che finora ha dovuto digerire - e far digerire al proprio elettorato - quasi tutto, a cominciare dalla regolarizzazione degli immigrati.
Da parte sua il senatur prova a farsi forte proprio dell'ira dell'opposizione per sostenere le ragioni della devolution. Ciononostante il progetto del leader del Carroccio continua a suscitare riserve anche all'interno del centrodestra, oltre a far infuriare tutti gli enti locali. Con quelli amministrati dal centrosinistra che polemizzano apertamente e quelli amministrati dalla maggioranza di governo che chinano malvolentieri il capo di fronte alla «sovranità» del parlamento (come fa il governatore azzurro del Piemonte Enzo Ghigo).
A questo si è aggiunto ieri l'altolà di Confidustria. Per gli industriali, ovviamente, è soprattutto una questione di priorità. La devolution, infatti, comprometterebbe i tempi di discussione di «due riforme fondamentali per l'economia come quelle del fisco e del lavoro, quest'ultima ormai in dirittura d'arrivo». Ciò premesso, «le riforme costituzionali non si improvvisano», tantomeno quando si parla di federalismo. Altrimenti, rileva dura Confidustria, si rischia «una rottura della struttura statuale, un'esplosione della spesa pubblica e un ulteriore aggravio degli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese».
Parole dure. Come lo sono quelle, con argomenti non analoghi, di Cgil
e Cisl, che si dicono disposte a scendere in piazza, come fecero nel `97
contro la secessione, contro la devolution. «Siamo decisamente contrari
alla devolution - dice il segretario confederale della Cgil Paolo Nerozzi
di fronte all'Anci - che è l'inverso di un federalismo solidale,
per il quale ci siamo sempre schierati. Instaura un processo di divisione
dei diritti, affermando un'idea staccata e centralistica del paese».
Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl, intravede invece un
«vicolo pericolosissimo», invocando la ripresa dell'esame del
ddl La Loggia.
Ieri, intanto, l'inizio dell'esame del ddl è stato vivacizzato
dal battibecco tra il presidente del senato Marcello Pera e il suo predecessore
Nicola Mancino, il cui rimprovero per la disattenzione di Pera durante
il dibattito è stato definito dall'interessato «pleonastico
e anche esorbitante».
«L´umore prevalente è di grande preoccupazione per un processo di modifica della morfologia dello Stato che dovrebbe richiedere il massimo equilibrio e la massima attenzione, mentre viene impostata alla garibaldina dai leghisti. Come presidenti delle organizzazioni locali della Confindustria ne abbiamo parlato spesso ed abbiamo concordato su un punto: se deve essere riforma, va da sé che andrà fatta davvero e profondamente. Non ci si può limitare a trasferire risorse se l´intero assetto dello Stato non viene ripensato e riequilibrato».
Cosa temete, davvero?
«Noi veneti, esattamente come i nostri colleghi del Mezzogiorno piuttosto che del Centro e del Nord, fatichiamo a capire già se dalla Riforma del Titolo V della Costituzione si avranno vantaggi o ulteriori penalizzazioni. Ora con l´accelerazione e l´impostazione radicale di Bossi abbiamo la certezza che tutto si possa risolvere in un aggravio generale delle nostre condizioni, a partire da quelle fiscali. Ma in questa situazione ci troviamo in buona compagnia».
In che senso?
«Nel senso che le nostre eccezioni e le nostre perplessità sono anche le eccezioni e le perplessità di tanti governatori delle Regioni italiane, rimasti spiazzati dalle intemperanze leghiste. Va dato atto, anzi, alla classe politica regionale e, soprattutto, ai presidenti delle giunte regionali - indipendentemente dalla loro coloritura politica - di aver rivelato una maturità ed un senso di responsabilità che, a nostro giudizio, è difficile rintracciare nella classe politica nazionale».
Dobbiamo concludere che gli eccessi della Lega risultano insopportabili anche a chi, come gli industriali veneti, si è sempre detto geloso custode delle autonomie locali?
«Non c´è dubbio. Noi siamo gelosi delle nostre tradizioni e della nostra cultura in cui l´autonomia locale è un valore da difendere, ma noi siamo ben consapevoli di far parte di un sistema Paese e siamo decisi a fare sistema, perché convinti che un federalismo forsennato, che prescinda da un filo conduttore unitario - ammesso sia concepibile - può solo far danno».
Se Bossi insiste con l´aut aut?
«Vuol dire che ciascuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. Nessuno è mai morto per una votazione aggiuntiva».
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