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il manifesto - 18/10/2000
 
 Tutto il sociale alle regioni
 Passa la contestata legge sull'assistenza sociale. Il Polo dà l'ok in cambio della  "devolution"

 Francesco Piccioni

Com'era nelle previsioni, il governo ha tenuto duro sulla "blindatura" della legge sull'assistenza sociale. L'aula del senato, ieri sera, con tre settimane di ritardo sui tempi in agenda, ha posto la parola fine - senza alcuna modifica - alla tribolata vicenda di una legge rifiutata dalle associazioni di autotutela degli utenti e benedetta dagli organismi del "terzo settore", dai privati d'ogni tipo e ragione sociale. Una bella contraddizione, quella degli "assistendi" che preferirebbero non essere assistiti in questa maniera; ma nel centrosinistra nessuno ha voluto farci troppo caso.
Contrariamente alle previsioni, però, la maggioranza non ha usato questo tempo per dare ascolto e "soddisfazione morale" a quanto criticavano la proposta di legge. Anzi. Ha preferito cercare e trovare l'accordo del Polo, che ha contrattato il proprio voto a favore in cambio di un emendamento alla finanziaria che conferisce poteri enormi alle regioni in materia di programmazione, gestione delle risorse, priorità nei servizi da garantire. E' stato lo stesso ministro della solidarietà sociale, Livia Turco, a illustrare l'accordo nel corso dell'ultima seduta di discussione, mercoledì scorso, articolato in pochissimi punti. "I finanziamenti previsti dalle specifiche leggi di settore confluiscono nel 'Fondo sociale unico' e vengono ripartiti alle regioni in un'unica soluzione", aveva detto il ministro accettando la proposta del Polo che tutti attribuiscono al presidente della Lombardia, Roberto Formigoni. E' questo il punto che ha richiesto un'apposita modifica della finanziaria e che viene contestato da sinistra in quanto - oltretutto - privo del "vincolo di destinazione". Sul piano dei principi, inoltre, "si riconosce la funzione programmatoria e di coordinamento delle regioni rispetto alle autonomie locali"; "trova applicazione il principio dela concertazione con le regioni in tutte le materie che saranno oggetto di provvedimenti del governo"; e, infine, "le regioni non possono restare prive della possibilità di esercitare un intervento normativo in materia di programmazione". Una sorta di "centralismo regionale" che sostituisce e nega quello statale minacciando al contempo di soffocare l'autonomia dei comuni.
Sul piano parlamentare, Rifondazione si è battuta per modificare l'impianto della legge o evitarne l'approvazione in questa forma. La critica, che riprende quella delle associazioni di autotutela, è fondamentalmente una: "questa legge non dà applicazione all'art.38 della Costituzione, ma ne costituisce la negazione", in quanto "non prevede in nessuna sua parte" l'indicazione esplicita di "un diritto individuale ed esigibile all'assistenza sociale". Anzi, "modifica la definizione di assistenza in quella di 'beneficienza', facendo esplicito riferimento alla 'Bassanini quater'". Per fare un esempio, ha detto Paolo Ferrero, della segreteria del Prc, nel corso di una conferenza stampa, "se ci si rompe una gamba si ha diritto a essere portati in ospedale ed essere ingessati". Per i servizi sociali previsti da questa legge, invece, ogni prestazione (a parte quelle pensionistiche, ovviamente) sarà vincolata alle "disponibilità di bilancio". Se, insomma, in questa regione e per quest'anno, ci sono risorse per garantire l'assistenza domiciliare - ad esempio - bene, altrimenti se ne riparlerà. Il principio della sussidiarietà, tra l'altro, adotta la politica dei "bonus" come contributo al servizio da procurarsi autonomamente, spostando l'asse "dal singolo che ha diritto alla prestazione" ai privati che la forniscono e alle famiglie che la surrogano.
Il governo, ancora ieri e tramite l'ufficio stampa del ministro Turco, continua a ripetere che la legge prevede "servizi e risorse aggiuntivi" a quelli garantiti dalla legislazione vigente (e da tutti riconosciuta assai carente, quantomeno sul versante dell'applicazione). Il diritto individuale esigibile sarebbe perciò ancora garantito. Peccato che la smentita sia già arrivata, il 18 luglio, dal sottosegretario al Tesoro, on. Mongardo, secondo cui le prestazioni previste dalla legge "non formano oggetto di diritti soggettivi, per cui l'entità delle stesse sarà determinato in relazione alle disponibilità del Fondo unico nazionale".
Difficile esser più chiari.
Rifondazione, che presenterà già da oggi al presidente della Repubblica ben 11 eccezioni di incostituzionalità, ha dichiarato la volontà di proseguire la battaglia per bloccare che la legge "Turco-Formigoni" (come l'hanno chiamata Ferrero e Russo Spena). E numerosi giuristi saranno invitati ad assistere le associazioni di utenti che solleveranno questo tipo di eccezioni. Il ruolo attribuito alle regioni, inoltre, configura a loro parere una "vera e propria riforma anticostituzionale che ridisegna i rapporti stato/regioni in una materia delicata" e costituisce un "modello negativo" di facile estensione.
In questo quadro poteva passare inosservato, forse, il ruolo che questa legge attribuisce ai privati nella gestione-sostituzione del welfare. Ma ci ha pensato il presidente del consiglio, Giuliano Amato, a farlo notare, strigliando "la sinistra che diffida dell'immissione del privato, in qualunque forma, nel welfare". L'assistenza pubblica, dicono anche le associazioni, fa pena ed era da ridisegnare drasticamente; ma è un diritto. Quella "privatizzata" potrà - chi può dirlo? - essere migliore, ma bisognerà pagarsela (con o senza bonus).



 

 

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