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 Corriere della sera   29-08-2003
 
Divisi sullo Statuto della Calabria, Fini ottiene l'alt

Il Governo si rivolgerà alla Corte Costituzionale. Gasparri, in contrasto con il vicepremier, si astiene., così come Bossi. Il no di Buttiglione e Giovanardi.
 
ROMA - Maurizio Gasparri, che pure, nella discussione sullo statuto della regione Calabria, si è ritrovato in minoranza, lascia il consiglio dei ministri dichiarandosi "tutto sommato soddisfatto". "Abbiamo dibattuto per un'ora, civilmente. Il clima era disteso. Meglio, molto meglio di certe dichiarazioni estive ai giornali: ho letto molte fesserie". Il leader del suo stesso partito, Gianfranco Fini, ha votato perché fosse la Corte Costituzionale a decidere sulla questione, mentre lui, Gasparri, si è astenuto, e insomma An sulla Calabria si è divisa, ma il ministro delle Telecomunicazioni non ne vorrebbe fare un dramma: "Io sono eletto in Calabria, conosco molti di quelli che hanno redatto lo statuto e credo vada dato atto ai calabresi di essere stati i primi a vararlo".

Cinque i punti contestati allo statuto: le elezioni del presidente e del vicepresidente della Regione, il sistema elettorale del Consiglio regionale, la potestà regolamentare, il regime contrattuale dei dirigenti e le materie tributarie. "Non c'è nessun problema politico - ha spiegato il ministro per gli Affari Regionali, La Loggia - ma una Questione di interpretazione di norme: l'argomento è realmente complesso".

Benché all'ordine del giorno ci fosse "l'argomento complesso" dello statuto regionale e uno più leggero, la legge sul cinema voluta dal ministro Giuliano Urbani, sul Consiglio dei ministri aleggiava un certo clima di attesa: si trattava) in fondo, del rientro dalle vacanze ed è vero che la discussione più concreta era rinviata a dopo, all'incontro dedicato alla valutazione delle riforme istituzionali, ma c'era comunque un po' di curiosità, tra gli stessi ministri, di nuovo insieme dopo le tensioni degli ultimi mesi. Significativa, in questo senso, sembra essere stata la scelta di Silvio Berlusconi, intervenuto sull'argomento statuto della Calabria dopo che già il ministro per gli Affari regionali, Enrico La Loggia, aveva espresso le sue perplessità. Significativa, dicono, perché Berlusconi, avendo ascoltato tutti, ha volutamente citato uno solo degli interventi: "La posizione di Forza Italia è quella del vicepremier Gianfranco Fini".

Che cosa aveva dello Fini? Che lo statuto, così congegnato, va contro il presidenzialismo, e dunque lui non poteva essere d'accordo. Anche Bossi e Castelli, i ministri della Lega presenti, si sono detti contrari allo spirito dello statuto, però alla fine Bossi si è astenuto in difesa del libero arbitrio delle Regioni. L'Udc, con Buttiglione e Giovanardi, appoggiavano invece le decisioni calabresi e dunque hanno votato contro. Per dirla col ministro Gasparri: "Si sono confrontale argomentazioni squisitamente politiche e giudizi espressi da costituzionalisti di vaglia. Anche io sono per il presidenzialismo e, contemporaneamente, solidale col consiglio calabrese. Davanti ai molti dubbi emersi, mi sono astenuto".

Un'oretta regionale, il tempo di citare la delega affidata al neo ministro Scajola (più estesa di quanto non fosse in precedenza) e poi, diciamo, la ricreazione, il cinema) la nuova legge varata e voluta da Giuliano Urbani. Qui si andava decisamente sul velluto, ma è stato Silvio Berlusconi, stavolta, a intervenire gravemente e non soltanto perché il cinema è argomento a lui familiare, se non altro per via della Medusa cinematografica. No, il Cavaliere ha rispolverato una sua antica convinzione, quella secondo cui il cinema italiano spesso racconta un'Italia in negativo e manda in giro per il mondo clichet consunti. La problematica ricorre di quando in quando nella politica italiana giacché già negli anni Cinquanta perfino il distaccato Giulio Andreotti temeva il neorealismo, colpevole di far fare brutta figura all'Italia. Berlusconi ha naturalmente e ai nuovo citato "La Piovra", per lui l'esempio del cinema che mette in cattiva luce i connazionali: "Poi all'estero pensano che gli italiani siano tutti mafiosi.

Sul cinema, a sorpresa ma mica tanto, è intervenuto anche il ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli. Citando, a dire la verità, un documentario TV, uno prodotto dalla Rai, ma insomma sempre di arti audiovisive si tratta. "Stiamo attenti a non finanziare documentari come quello sul G8 -ha avvisato-. Stiamo attenti a non dare soldi a registi faziosi". Tema delicatissimo, ci vuol niente a evocare la censura, ma dopo mesi di polemiche con i magistrati, Castelli considererà una passeggiata la sicura rivolta dei registi.

Maria Latella


 
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