Riforme Istituzionali
Osservatorio sulla devolution
Rassegna stampa
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 Corriere della sera   12-12-2003
 
Artigiani, contratto regionale vicino. Il no della Cgil

I
ROMA - Sta per decollare il primo contratto di lavoro «federalista». Riguarderà il mondo dell’artigianato (un milione e mezzo di lavoratori e 800 mila imprese) e introdurrà il concetto di adeguamento salariale (sia sull’inflazione che sulla produttività) a livello regionale. L’intesa è stata raggiunta l’altra sera, al termine di una lunga trattativa durata 18 mesi, ma solo con Cisl e Uil. La Cgil si è detta contraria e difficilmente cambierà idea entrò giovedì prossimo, data fissata per la firma definitiva. «Sono pessimista - ha commentato il segretario Uil Franco Lotito - anche se spero fino all’ultimo non si arrivi ad un’altra firma separata come nel caso dei metalmeccanici». Tra le altre cose (come l’avvio della previdenza complementare su base regionale e il perfezionamento degli ammortizzatori sociali indipendenti da quelli statali) anche il recupero dell’inflazione pari al 7% nel triennio 2002-2004. Per Bruno Gobbi, che ha seguito il negoziato per la Confartigianato, si tratta di un accordo «destinato a rilanciare le piccole imprese perché sposta la contrattazione dove ci sono la ricchezza, il mercato del lavoro, la competitività». A livello nazionale resterà solo la definizione del salario base, le regole, l’inquadramento, i diritti individuali e sindacali. Un ritorno alle gabbie salariali? Per Gobbi è una ipocrisia non riconoscerle «perché ci sono già nei fatti» e con questa intesa «si potranno gestire meglio».

Roberto Bagnoli


 
il manifesto  12-12-2003
 
Artigiani, accordo separato?
 
Le aziende artigiane del settore metalmeccanico, che da tre anni si rifiutano di rinnovare il contratto nazionale, hanno lanciato il loro ultimatum a Fim, Fiom e Uilm, prendere o lasciare: dev'essere radicalmente modificato il modello contrattuale, dicono i padroncini, neutralizzando la contrattazione nazionale. Come? Limitando il salario nazionale all'inflazione programmata per poi affidare la tutela dall'inflazione reale alla contrattazione regionale. Secondo la Fiom c'è un nome antico per chiamare tale proposta: gabbie salariali. «E' la devolution applicata agli orari e alle condizioni di lavoro», spiega Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale dei metalmeccanici Cgil. La conseguenza sarebbe «la riduzione dei salari per il mezzogiorno e per le zone industrialmente e socialmente più deboli del paese». «Noi respingiamo totalmente questo modello - dice Cremaschi - che porterebbe, in breve tempo, a una differenziazione salariale enorme rispetto agli stessi minimi di sussistenza e finirebbe, quindi, per trascinare verso il basso i salari e le condizioni di lavoro di tutta la categoria». La Fiom, che ieri ha tenuto a Firenze il coordinamento nazionale dei delegati nelle aziende artigiane, alla presenza della segretaria confederale della Cgil, Carla Cantone, ha deciso una nuova mobilitazione della categoria per il contratto e contro le gabbie salariali. Cantone ha annunciato anche un'iniziativa della confederazione.Fim e Uilm si sono dichiarate invece disposte a discutere con la controparte sulla modifica pretesa del modello contrattuale. Un nuovo contratto separato all'orizzonte dei lavoratori metalmeccanici?
 

 
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