Riforme Istituzionali
Osservatorio sulla devolution
 
Rassegna stampa
 
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La Stampa - 02/12/2000
 
Il governo ferma tutti i referendum del Nord
Formigoni: è la cupola dei partiti. I ministri: atto dovuto

ROMA
L’iniziativa del governo contro i referendum sulla "devolution" proposti da Lombardia e Piemonte ha aperto un altro fronte di guerra tra centrosinistra e centrodestra. Il Polo è partito lancia in resta all’attacco dell’esecutivo che ha impugnato le delibere di quelle due regioni sollevando un conflitto d’attribuzione presso la Corte Costituzionale. L’Ulivo, invece, approva quella decisione e lancia nei confronti della casa delle Libertà accuse pesanti.
Nella polemica che ormai ha assunto toni molto duri da entrambe le parti sono intervenuti anche i presidenti di Camera e Senato,che hanno difeso le ragioni del centrosinistra. Luciano Violante ha evocato il rischio che «si sfasci l’unità nazionale»: «Attenzione - ha sottolineato l’esponente dei Ds - non esiste un popolo pugliese o calabrese, ma solo un popolo italiano». E il presidente della Camera ha attaccato pure i "governatori" del Polo: «C’è il pericolo - ha affermato Violante - che si crei una sorta di alleanza tra regioni per colore politico: in questo fenomeno vedo insinuarsi la partitocratizzazione del federalismo e sono preoccupato che lo si concepisca come contraltare pregiudiziale al governo nazionale». Altrettanto nette le critiche di Nicola Mancino, secondo il quale l’esecutivo ha tutto il dovere di difendere le prerogative del Parlamento dai tentativi di «erosione» fatti da alcune regioni. «Il problema delle competenze legislative - ha osservato il presidente del Senato - riguarda l’ordinamento costituzionale: ci sono procedure precise da rispettare».
Ma i presidenti delle regioni guidate dal Polo non hanno alcuna intenzione di demordere. Il "governatore" del Piemonte Enzo Ghigo ha già annunciato: «Faremo valere le nostre ragioni di fronte alla Corte Costituzionale». E Roberto Formigoni è stato durissimo: «Questa decisione - ha denunciato il presidente della regione Lombardia - è stata presa dalla cupola partitocratica del centrosinistra». E dal Veneto, Giancarlo Galan ha difeso i due colleghi: «Quello del governo - ha detto - è un atto di guerra. Ora anche i più moderati si sono resi conto che non ci può più essere dialogo». Parole pesanti, alle quali si sono aggiunte quelle degli altri esponenti della Casa delle Libertà. Il leghista Roberto Maroni ha definito «illegittima» l’iniziativa dell’esecutivo e ha chiesto alla Consulta di dichiarare «inammissibile» il conflitto d’attribuziuone. Il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini ha accusato il governo e il centrosinistra di aver compiuto un «chiaro atto politico nell’evidente tentativo di contrastare un potere statutario delle regioni», mentre uno dei "colonnelli" di An, Maurizio Gasparri, è andato oltre, definendo quello del governo un vero e proprio «abuso».
Per l’intera maggioranza, invece, la decisione assunta dall’esecutivo era inevitabile dopo la bocciatura, da parte della Corte costituzionale, del referendum proposto dal Veneto. Secondo il segretario ds Walter Veltroni la scelta del governo è stata giusta, mentre le iniziative referendarie di Piemonte e Lombardia «erano propaganda e anche propaganda un po' squinternata». In sintonia con il leader della Quercia, il segretario del ppi Pierluigi Castagnetti. Il numero uno del partito popolare ha definito «vergognoso» il «chiasso elettorale» che , a suo avviso, il Polo sta facendo su «temi istituzionali così importanti». Pesantissimo, l’attacco del segretario della Cgil Sergio Cofferati, che ha accusato il centrodestra di muoversi in direzione del «secessionismo».
Ed è in questo clima piuttosto rovente che ieri, a Venezia - assente Francesco Rutelli, perché ospite della trasmissione di Santoro - l’Ulivo ha presentato le proprie proposte sul federalismo. Che sono, essenzialmente, tre: l’istituzione di un senato federale eletto su base regionale, la riduzione del numero dei parlamentari, e l’applicazione di nuove modalità per l’elezione della Corte costituzionale (cinque giudici della Consulta dovrebbero essere nominati dal senato federale). Un’iniziativa, quella del centrosinistra, che ha rinfocolato le polemiche. Il Polo, infatti, ha accusato l’Ulivo di «voler truffare gli elettori appropriandosi di proposte del centrodestra, bocciate in Parlamento dalla maggioranza in occasione della discussione e della votazione della riforma federalista».


La Repubblica - 02/12/2000
 

Devolution, no ai referendum
scontro tra governo e Regioni
ROMA (b.j.) - Dopo il referendum della Regione Veneto, il governo boccia anche le consultazioni popolari sulla devolution proposte da Piemonte e Lombardia. Un "atto dovuto", ha spiegato subito dopo il Consiglio dei ministri dell'altro giorno il ministro per gli Affari Regionali, Agazio Loiero, ricordando la recente sentenza della Corte Costituzionale che appena quindici giorni fa aveva ritenuto illegittima la bozza di Statuto del Veneto in cui si faceva riferimento proprio alla possibilità di indire referendum regionali per avviare processi autonomistici. Anche le massime autorità dello Stato, a cominciare dai presidenti di Senato e Camera, difendono l'intervento dell'esecutivo. Ma la reazione del centrodestra è durissima.
"Giudico la decisione del governo un errore", accusa il presidente del Piemonte, Enzo Ghigo, "ricorreremo alla Consulta". "È un atto di guerra", rincara Giancarlo Galan, presidente della Regione Veneto, "ora anche i più moderati, i più disponibili, quelli che si illudevano che potesse esserci un dialogo, hanno capito che dialogo non ci può essere... Oggi l'Italia tira un sospiro di sollievo", ironizza, "gli ultimi due pericolosi secessionisti guerrafondai, Roberto Formigoni ed Enzo Ghigo, sono stati individuati e bloccati. Il coronamento di una brillante operazione condotta dal commissario Loiero che, nei giorni scorsi, aveva portato a smascherare il disegno eversivo del loro complice Veneto...".
La Lega boccia l'intervento di Palazzo Chigi come "illegittimo". "Per quel che riguarda in particolare il caso della Lombardia", osserva Roberto Maroni, "si tratta di un atto amministrativo e il governo invece è entrato nel merito e ci ha riportato indietro di trent' anni, a prima del '70 quando le Regioni non c'erano ancora. Siamo ad un centralismo nazionalistico molto vicino al fascismo e il governo così facendo nega anche un principio minimo autonomista, altro che federalismo". Il Polo dà manforte agli alleati lumbard. "Questo governo pazzo e schizofrenico compie abusi nei confronti delle Regioni", proclama Maurizio Gasparri. "La sinistra sa solo contrastare, impedire, censurare", gli fa eco Adolfo Urso. "Nell'esecutivo agisce un riflesso condizionato di tipo centralistico", interviene pure il ccd Marco Follini. "Questa maggioranza ha paura di dar voce al popolo sovrano", taglia corto Rocco Buttiglione.
A replicare indirettamente agli attacchi della Casa delle libertà sono le massime cariche istituzionali. "Il governo", ammonisce Nicola Mancino, "ha tutto il diritto di difendere le competenze legislative del Parlamento dai tentativi di erosione fatti da alcune Regioni. Solo il Parlamento può sottrarre competenze allo Stato per attribuirle alle regioni". Luciano Violante mette in guardia dal rischio di "sfasciare l'unità nazionale". "Non esiste un popolo pugliese o calabrese ma solo un popolo italiano", ricorda il presidente della Camera. "Non è ammissibile che solo una fetta di elettorato sia chiamata a esprimersi su questioni che riguardano tutto il popolo italiano". 

Corriere della sera - 02/12/2000
 
Francesco Alberti

Rinviate alla Consulta le iniziative sulla devolution. Veltroni: era solo propaganda. Violante: attacchi pericolosi

Referendum, il Nord sfida il governo

Scontro per il no alle consultazioni di Lombardia e Piemonte. Formigoni: una cupola

MILANO - La partita federalista spacca in due l’Italia. Le Regioni del Nord a guida Polo-Lega si ribellano alla decisione del governo Amato di rinviare alla Corte costituzionale - in pratica, è una bocciatura - i referendum sulla devoluzione con i quali Lombardia e Piemonte chiedevano più poteri su scuola, sanità e polizia locale. Scontro senza precedenti. Dai fortissimi connotati politici ed elettorali, prima ancora che costituzionali. Volano parole grosse. Nord contro Roma. Polo contro Ulivo. Regioni contro Regioni. Il presidente lombardo Roberto Formigoni accusa il governo Amato di «prendere ordini dalla cupola dei partiti del centrosinistra». Il suo collega piemontese Enzo Ghigo annuncia battaglia davanti alla Corte. E il veneto Giancarlo Galan parla addirittura di «un atto di guerra» da parte di Roma. Ma governo e Ulivo non mollano la presa, definiscono un «atto dovuto» il ricorso alla Consulta e rovesciano sulle Regioni nordiste l’accusa di volere un federalismo «egoistico e squilibrato». Walter Veltroni bolla come «squinternati» i referendum nordisti. Sergio Cofferati denuncia la «tendenza al secessionismo del centrodestra». E persino i presidenti delle Camere entrano in campo: per Violante c’è il pericolo che «il sistema regionale venga usato come attacco al governo», mentre Mancino ricorda che spetta al Parlamento decidere spostamenti di competenze dal centro alla periferia.
 
I REFERENDUM - Sono l’asso nella manica delle Regioni del Nord. Voluti da Bossi al momento di siglare il matrimonio bis con Berlusconi, i referendum puntano a dare ai «governatori» un ampio mandato popolare (seppur simbolico, dato il carattere consultivo) per chiedere al governo più poteri su sanità, scuola e polizia locale. Nei piani di Polo e Lega, i referendum dovrebbero essere celebrati al Nord in concomitanza con le elezioni politiche della primavera 2001, assumendo quindi una forte valenza politica. Il governo - confortato da una sentenza della Corte, che ha di recente bocciato un’analoga iniziativa presa dal Veneto nel ’98 - ha scelto la linea dura, ritenendo illegittimo modificare la Costituzione a colpi di referendum regionali.
 
IRA NORDISTA - Il lombardo Formigoni, al quale tra l’altro il governo ha bocciato giorni fa anche la legge sui buoni scuola, prima si scaglia contro «la cupola del centrosinistra» (e Mastella per tutta risposta: «Eh sì, Formigoni si intende di cupole...»), poi entra nel merito: «Il ricorso alla Corte è debolissimo. La Lombardia può infatti indire referendum consultivi: è scritto nello Statuto da trent’anni». Al suo fianco il collega piemontese Enzo Ghigo: «Il governo sbaglia, ci faremo sentire, questa è una battuta d’arresto». E il veneto Galan: «Così Roma va contro gli appelli alla moderazione del presidente Ciampi».
 
ULIVO UNITO - La tesi di fondo del centrosinistra è che i referendum nordisti, oltre che «illegittimi», sono «ormai ampiamente superati» dalla riforma di modifica costituzionale già approvata in prima lettura dal Parlamento e che il centrosinistra (Polo e Lega non l’hanno votata) intende varare definitivamente prima della fine della legislatura. Persino i «governatori» dell’Ulivo stavolta prendono le distanze dai loro colleghi del Nord. L’emiliano Vasco Errani, ds, contesta la tesi di Formigoni, secondo la quale la bocciatura dei referendum è una scelta politica del governo: «L’esecutivo si è solo basato su una sentenza della Corte». E Antonio Bassolino, presidente della Campania, critica il modo in cui Galan ha impostato i lavori dello Statuto Veneto: «Si parla di una "proposta Galan". Da noi invece non ci sarà mai uno "statuto Bassolino": se ne occuperà una commissione speciale».

 
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