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 Corriere della sera   29-06-2004
 
Ma le domande già presentate non decadranno
 

ROMA - L’unica cosa da fare è aspettare. La regola della prudenza vale tanto per chi abbia già fatto domanda di condono (la scadenza era il 31 luglio prossimo), quanto per chi non l’avesse inoltrata. La pronuncia della Corte Costituzionale, intervenuta ieri, nell’imporre implicitamente la necessità di allungare i termini del condono per consentire alle Regioni di legiferare, crea molti problemi interpretativi che un cittadino da solo non può risolvere.

LE DOMANDE NON DECADONO -Le domande già presentate non decadono (per la Consulta il condono è legittimo) e producono il loro effetto di sanatoria ai soli fini penali su eventuali procedimenti o sanzioni pendenti. Il problema è un altro: capire l’effetto «amministrativo» delle domande presentate. La Corte ha deciso che lo Stato avrebbe dovuto rispettare l’autonomia delle Regioni lasciando alla loro potestà legislativa l’indicazione delle modalità specifiche del condono nell’ambito di una cornice definita a livello statale. Quello che avverrà ora è proprio questo. Lo Stato emanerà un decreto contenente le linee generali del condono e darà alle Regioni un termine entro il quale legiferare, definendo le modalità specifiche della sanatoria. Lo stesso decreto fisserà un nuovo termine, evidentemente successivo all’emanazione delle leggi regionali, entro cui i cittadini dovranno presentare domanda.
 

I TEMPI -Facendo un po’ di conti, considerando che ci avviamo alla pausa estiva del Parlamento, e che le Regioni devono avere almeno un paio di mesi di tempo per legiferare, nella migliore delle ipotesi il nuovo termine del condono potrebbe essere il 31 dicembre. Questo nuovo termine teoricamente non dovrebbe comportare la modifica di un altro: quello del 31 marzo 2003, entro il quale l’abuso da condonare deve essere stato commesso.
I limiti massimi del condono restano quelli stabiliti dalla legge dello Stato: sarà possibile condonare ampliamenti non superiori al 30% o, alternativamente, a 750 metri cubi, e per le costruzioni nuove la volumetria non dovrà superare i 3 mila metri cubi. Ma ogni Regione potrebbe decidere di circoscrivere la portata di questo condono agendo su tutte le altre variabili (tipologie, volumetrie, ecc), fino quasi a annullarne l’effetto. Ci potrebbero essere così 20 condoni diversi: quante sono le Regioni. Nel caso in cui una Regione non esercitasse tale potestà legislativa si applicherebbe la disciplina statale.
 

DIRITTI ACQUISITI -Secondo Maurizio Lupi, membro della commissione Lavori pubblici della Camera, la sentenza potrebbe favorire chi ha già fatto domanda di condono perché i diritti da lui acquisiti con la precedente legge non dovrebbero essere toccati da un’eventuale successiva legge regionale restrittiva. Questo, sia che la sua Regione sia tra quelle che non hanno mai legiferato, come la Lombardia, sia che si tratti di una delle Regioni che avevano legiferato escludendo il condono, come la Toscana, bocciate ieri dalla Consulta.
 
Antonella Baccaro



 
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