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il manifesto 29 giugno 2004

La Corte svuota il condono
 
Dalla Consulta un'altra doccia gelata per Tremonti: il condono edilizio va rifatto, a partire dalle competenze delle regioni. Servono una nuova legge e nuovi termini, la sanatoria non si farà nelle regioni che non la vogliono
 
R. C.

ROMA - Doppio schiaffo al duo Berlusconi-Tremonti. In un solo colpo, la Corte costituzionale cancella 3,2 miliardi di euro di presunte entrate dalla manovra economica per il 2004 e - oltre al danno la beffa - boccia il governo sul terreno che più sta a cuore a una parte della sua maggioranza: il federalismo. Il condono edilizio di Tremonti (e Berlusconi) s'ha da rifare, e va rifatto - a partire dalla legge - tenendo conto delle competenze delle regioni sul bene più prezioso che esse hanno: il territorio. Serve una nuova legge, serve il concerto con le regioni, i termini slittano alle calende greche e con essi la sanatoria delle colate di cemento che si sono abbattite sul Bel Paese nell'attesa del colpo di spugna. La sentenza della Corte costituzionale, attesa da mesi, è arrivata ieri mattina, a seggi del ballottaggio appena chiusi. La Consulta ha reso così evidente la sua scelta dei tempi, legata alla volontà di non buttare un tema così caldo nell'agone elettorale. Visti però i risultati, ha finito per buttare sale sulle ferite della Casa delle libertà. Ad attendere con ansia la decisione della Corte, in prima fila le regioni «ribelli»: oltre a quasi tutte quelle governate dal centrosinistra - Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Toscana e Umbria -, anche il Lazio di Storace. Da queste era venuta la selva di ricorsi che ha messo in discussione (costituzionale) la legittimità di un provvedimento che impone dall'alto la sanatoria di abusi il cui costo - economico e ambientale - resta poi tutto «in basso», agli enti locali. Nell'attesa della Consulta, inoltre, il governo aveva prorogato al 31 luglio i termini per fare domanda di condono, visto che nell'incertezza le richieste quasi ovunque latitavano. La Corte costituzionale, presieduta da Gustavo Zagrebelsky, ha risposto con tre sentenze e un'ordinanza. Il cui succo - semplificando - è il seguente: lo stato ha, in linea di principio, la competenza a fare leggi in materia di condono edilizio, in particolare sul piano penale (ossia: può cancellare le responsabilità penali legate agli abusi edilizi). Quando però dalla materia penale si passa a quella amministrativa, entrano in ballo le competenze delle regioni e dei comuni «in materia urbanistica e tutela del paesaggio». Insomma, allo stato spetta solo una legislazione di principio, è alle regioni (e ai comuni) che sta poi specificare, con apposite leggi, quali sono le tipologie degli abusi da condonare e soprattutto quali sono le volumetrie. In particolare la legge è incostituzionale nella parte in cui «non prevede che la legge regionale possa determinare limiti volumetrici inferiori a quelli indicati» nella norma statale, e nella mancata previsione di analogo potere regionale nel «determinare la possibilità, le conclusioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio».

Di qui la conclusione: serve una nuova legge che fissi nuovi termini, facendo salve le domande già presentate, e dia tempo dunque alle regioni e ai comuni di emettere le norme che a loro competono e di conseguenza ai cittadini che vogliono aderire alla sanatoria di conoscere e applicare queste norme. Solo se le regioni non vareranno regole diverse, dunque, varranno quelle generali imposte dal governo. Nel frattempo, sono «fatte salve» le domande già presentate, ma - spiegano i giuristi di Legambiente - resta il rischio che equivalgano a un'autodenuncia, se la regione esclude l'abuso dichiarato da quelli sanabili. Ciliegina sulla torta: la Corte ha dichiarato incostituzionale la norma che sottraeva agli enti locali il potere di far eseguire le demolizioni degli edifici edificati illegalmente.

Non ci vuol molto per capire che, con quella che l'assessore all'urbanistica della regione Campania Marco Di Lello chiama «un'acrobazia giuridica», la Corte costituzionale ha restituito alle regioni ciò che la legge sul condono aveva loro tolto, ossia la competenza a tutelare il proprio territorio. La parte «acrobatica» sta nell'apparente riconoscimento della potestà legislativa dello stato, che però secondo la Consulta deve esercitarsi solo «sulle linee generali»: come ogni manuale del buon federalista vorrebbe. Sta di fatto che - commenta Di Lello - «la Corte ha dato ragione alle regioni» sulla titolarità delle competenze sul territorio. «Il condono Tremonti è sepolto», riassume il Ds Giovannelli, capogruppo della Quercia in Commissione Ambiente. «Adesso tutto va azzerato», chiosa Vasco Errani, governatore dell'Emilia Romagna. Plaude per la Margherita Ermete Realacci, mastica amaro Maurizio Lupi, plenipotenziario azzurro sul territorio che lamenta il fatto che ci sarà «indeterminatezza sulle entrate e incertezza sulle norme».



 
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