Corriere.it 15-11-2005
La Consulta boccia i tagli a Regioni e Comuni
La Corte Costituzionale: illegittima parte del decreto legge del 2004
sul contenimento della spesa pubblica per tutti gli enti locali
ROMA - La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
del decreto legge sul contenimento della spesa pubblica approvato con voto
di fiducia il 22 luglio 2004 alla Camera e il 29 luglio 2004 al Senato
nella parte in cui vengono fissati per Regioni ed enti locali tagli alle
spese per consulenze esterne, spese di missione all'estero, rappresentanza,
relazioni pubbliche e convegni e spese per l'acquisto di beni e servizi.
Si tratta di vincoli che - si legge nella sentenza n. 417 depositataoggi
in cancelleria - «non costituiscono principi fondamentali di coordinamento
della finanza pubblica, ma competono una inammissibile ingerenza nell'autonomia
degli enti quanto alla gestione della spesa».
IL TESORO: NO PROBLEM - «No comment» e «no problem»:
così fonti del Tesoro replicano a chi chiede quale sia la posizione
del ministero dll'Economia sulla sentenza della Consulta. Una risposta
dietro la quale sembra esserci la conferma dell'assunto che le sentenze
delle Corte Costituzionale non si commentano, ma anche che quella odierna
non sconvolgerà il lavoro del ministro Giulio Tremonti.
LEGITTIMITA' - A sollevare questione di legittimità di numerosi
punti della manovra sono state le Regioni Toscana, Campania, Valle D'Aosta
e Marche. La Corte ha accolto parzialmente i ricorsi bocciando l'art. 1,
commi 9, 10 e 11, del decreto sul contenimento della spesa pubblica «nella
parte in cui si riferisce alle Regioni e agli enti locali». In quei
punti la manovra è infatti in contrasto con gli art. 117 e 119 della
Costituzione, così come modificati dalla riforma del titolo V della
Carta. La Consulta - si legge nella sentenza scritta dal giudice Franco
Gallo e firmata dal neoletto presidente Annibale Marini - ribadisce innanzitutto
un principio costantemente affermato dalla sua giurisprudenza, per cui
«le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di
spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art.117,
terzo comma, della Costituzione, e ledono pertanto l'autonomia finanziaria
di spesa garantita dall'art. 119 Costituzione».
DISCIPLINA DI PRINCIPIO - Perciò - si legge nella sentenza -«il
legislatore statale può legittimamente imporre agli enti autonomi
vincoli alle politiche di bilancio (ancorchè si traducano, inevitabilmente,
in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma solo, con
disciplina di principio, per ragioni di coordinamento finanziario connesse
ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari».
Perchè questi vincoli possano considerarsi «rispettosi dell'autonomia
delle Regioni e degli enti locali» - aggiunge la Corte - «debbono
avere ad oggetto o l'entità del disavanzo di parte corrente oppure
, ma solo «in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi
di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statalè,
la crescita della spesa corrente degli enti autonomi». In altri termini,
«la legge statale può stabilire solo un limite complessivo,
che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse
fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa».
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