Riforme Istituzionali
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La Repubblica - 30/04/2001
 
Referendum, l'altolà del Tar - "Sotto esame le schede lombarde"
La devolution divide i poli, l'Ulivo fa appello al Sud

Luca Pagni

Devolution, nuovo ostacolo legale sulla strada del referendum. Il Tribunale amministrative di Milano ha stabilito con un'ordinanza che entro venerdì prossimo la Regione deve esibire il testo che verrà stampato sulla scheda. Il Tar lombardo ha così risposto al ricorso presentato dal «Comitato del no al referendum», del quale fanno parte, tra gli altri, Mino Martinazzoli e Dario Fo.
Per quale motivo la decisione del Tar potrebbe mettere la parola fine al tentativo di Bossi e a Formigoni che insistono per tenere il referendum il 13 maggio, in concomitanza con le elezioni politiche? La decisione del Tar, secondo il patrocinatore dell'esposto, l'avvocato milanese Pierluigi Mantini, esperto di diritto amministrativo nonché candidato dei Democratici alla Camera in un collegio di Milano città, «si giustifica per il fatto che secondo la legge della Lombardia la scheda elettorale deve riportare, oltre il quesito, anche il testo del provvedimento di legge cui il testo si riferisce».
Mantini è ancora più esplicito: «La Regione Lombardia non ha mai approvato alcun testo di legge per la disciplina delle competenze in materia di sanità, istruzione e polizia locale. In questo modo conclude è stato svelato il trucco di Formigoni e Bossi di chiamare i lombardi non per pronunciarsi su un testo di legge, ma su una mera intenzione, ossia per conferire un mandato in bianco sulla cosiddetta devoluzione». Al Comitato ieri ha risposto il portavoce del presidente Formigoni, Andrea Radic: «Mantini potrebbe smetterla di fare campagna elettorale a buon mercato. Quello che il Comitato del No non dice è che il 20 aprile scorso i suoi rappresentati hanno ritirato il ricorso al Tar contro la Regione Lombardia e questo perché essi stessi si sono resi conto della debolezza assoluta delle loro ragioni». Notizia smentita dallo stesso Mantini: «Non abbiamo ritirato proprio nulla, tanto è vero che il prossimo 30 maggio il Tar deciderà anche nel merito del nostro ricorso». ...


Corriere della sera - 06/04/2001

Referendum, dubbi del Tar sulla scheda. Formigoni e Lega insistono per il 13 maggio

Marco Cremonesi
Sul referendum lombardo torna l’ombra del tar. Che potrebbe rimettere tutto in discussione. Sabato scorso i leader della Casa delle libertà riuniti a Milano hanno rilanciato: la consultazione sulla devolution deve avvenire il 13 maggio, insieme alla elezioni politiche. La palla, negli intenti del centrodestra, è ora tornata sul terreno del governo: sarà Palazzo Chigi a dover rispondere - e giustificare il possibile no - alla nuova richiesta formale che arriverà dal governatore Roberto Formigoni. Perché secondo il Polo la scorsa settimana è avvenuto un fatto nuovo: il via libera dato dallo stesso governo alla nuova legge lombarda sui referendum. Un via libera che offrirebbe il quadro normativo necessario alla contestualità delle consultazioni anche per quanto riguarda sedi e personale di seggio. Ma ieri è tornata alla ribalta un’altra possibilità. Ne ha dato notizia Pierluigi Mantini (Democratici), che lo scorso novembre, insieme ai Verdi e con l’appoggio anche di Mino Martinazzoli aveva presentato ricorso contro il referendum: «Il tar - ha annunciato Mantini - ha dato tempo alla Regione fino al 4 maggio per presentare la scheda referendaria». Cosa significa? Secondo gli avversari della consultazione, la scheda lombarda non può essere in regola con la legge. Non può infatti riportare - come invece prescrive la normativa - il testo del provvedimento oggetto di consultazione. E dunque, secondo Mantini, «è stato svelato il trucco di Formigoni e Bossi di chiamare i lombardi non per pronunciarsi su un testo di legge, ma per conferire un mandato in bianco sulla cosiddetta devoluzione». A stretto giro di agenzie ha risposto Andrea Radic, portavoce di Formigoni: «Mantini dimentica che il 20 aprile i suoi rappresentati hanno ritirato il ricorso al Tar contro la Regione Lombardia. E questo perché si sono resi conto della debolezza assoluta delle loro ragioni». Il giudizio del tar, in ogni caso, resta: i ricorrenti hanno infatti rinunciato alla richiesta di sospensiva, ma non al giudizio di merito. Di qui, la richiesta del tar alla regione Lombardia.
Ad ogni modo, la Casa delle libertà va avanti: «Se il governo, come penso, dirà no - spiega Ignazio La Russa (An) - non faremo piagnistei. Spiegheremo agli elettori ciò che è accaduto: e cioè che il governo, senza più una parvenza di appiglio giuridico, ha impedito ai lombardi di esprimere la loro opinione». Il segretario della Lega lombarda, Roberto Calderoli, addirittura ricorda «l’articolo 289 del codice penale, che punisce con non meno di dieci anni di reclusione chi impedisce lo svolgimento delle attività regionali».
Francesco Cossiga fa mostra di scetticismo. Ritiene che in realtà, al referendum, «tengono soltanto Formigoni e Bossi. La Casa delle libertà, nel suo complesso, è più attenta». Proprio quello che ieri il Polo si è premurato di smentire. Secondo La Russa, «per Formigoni la vicenda è stata un fardello». Mentre a detta di Pierferdinando Casini (Ccd) «il comportamento di Formigoni è stato ineccepibile». E in effetti il summit di sabato è stato voluto proprio dal governatore lombardo per ottenere dagli alleati una posizione univoca dopo le incertezze delle ultime settimane. Tanto che venerdì scorso, al momento del rilancio del 13 maggio da parte del Carroccio, Formigoni si era astenuto dall’intervenire.
Da parte del centrosinistra, il primo a intervenire ieri è stato il segretario dei popolari Pierluigi Castagnetti: «Errare è umano ma perseverare è masochista. Non capisco per quale ragione - ha aggiunto - debbano insistere per una cosa che la legge, l'ordinamento italiano, non consente di fare». Mentre per il capo dei senatori Ds, Gavino Angius, «il referendum è frutto del ricatto di Bossi e Formigoni al resto della Casa delle libertà». Ma il più severo è Saverio Vertone, oggi candidato ulivista, ieri professore azzurro: «Il referendum di Formigoni non è che l’antipasto delle fortissime tensioni istituzioniali che si verificheranno in caso di vittoria del centrodestra. Berlusconi non venderà Mediaset a Murdoch. Al contrario, sta vendendo l’Italia a Bossi pur di conservare le sue aziende».

 
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