Corriere della sera - 02/09/2001
Il presidente azzurro del Piemonte: è cresciuta la sensibilità. Non c’è contraddizione tra devolution e progetto dell’Ulivo
Ghigo: il ministro sbaglia, la Corte è
cambiata. Voterò sì al referendum federalista
- Francesco Alberti
MILANO - «Anche a non voler dare letture
esasperate, non posso certo essere d’accordo con le accuse di Umberto Bossi
alla Corte costituzionale». Il berlusconiano Enzo Ghigo, presidente
del Piemonte e della Conferenza che riunisce tutti i «governatori»
italiani, è tra coloro che «si sono sempre sforzati di interpretare
le intemperanze verbali di Bossi in maniera istituzionale». E ciò
non soltanto per ragioni di schieramento, ma perché profondamente
convinto che, pur con qualche eccesso, «la Lega ha l’enorme merito
di aver tenuto alta in tutti questi anni la bandiera del federalismo».
Stavolta però Bossi ha esagerato e Ghigo, oltre ai toni, contesta
anche il contenuto delle affermazioni dell’alleato: «La Consulta
nemica delle Regioni? Non credo, in questi ultimi due anni la sensibilità
della Corte è notevolmente cambiata». Un altro punto che divide
il «governatore» piemontese da Bossi è il referendum
di novembre sulla riforma federalista dell’Ulivo: se il Senatur minaccia
barricate per non far approvare quel testo, Ghigo si prepara invece a salire
sul fronte opposto: «Se, come mi auguro, la Casa delle Libertà
opterà per la libertà di voto, darò il mio consenso
a quel progetto». Presidente, un ministro della Repubblica che
sferra un attacco di questo genere alla Consulta non è cosa da tutti
i giorni...
«Certo, è anche questione di stile.
Quello che Bossi forse voleva dire è che, nel momento in cui si
avvia un processo federalista, è necessario che anche le Regioni
abbiano un’adeguata rappresentanza all’interno della Corte costituzionale.
Forse intendeva questo...».
Il centrodestra ha spesso criticato alcuni
pronunciamenti della Consulta, ritenendoli ispirati da una logica eccessivamente
statalista. È anche lei di questa opinione?
«Le cose sono cambiate negli ultimi tempi.
È indubbio che in passato, di fronte ad alcune sollecitazioni regionali,
la Corte non sempre ha dimostrato grande sensibilità. Ma negli ultimi
due anni va dato atto ai giudici di aver colto, rispetto al processo di
riforme in senso federale dello Stato, la voglia di cambiamento che è
nell’aria. E in ogni caso non va mai dimenticato che la Corte è
un organo pienamente autonomo: si possono non condividere certe sentenze,
ma il rapporto istituzionale va sempre salvaguardato».
Dietro l’attacco di Bossi c’è anche
chi vede il nervosismo del Senatur per le resistenze che una parte della
maggioranza opporrebbe al suo progetto di devolution. È possibile?
«Non credo, il programma su questo punto
è chiaro e sono assolutamente convinto che il disegno di legge,
che il governo sta elaborando, manterrà tutti gli impegni».
Prima della devolution, c’è però
da superare l’ostacolo del referendum sulla riforma approvata dall’Ulivo.
Il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, ha annunciato che voterà
a favore: lei che farà?
«Darò il mio consenso a quel testo.
Su questo tema ho fatto una battaglia in campagna elettorale, vivendo momenti
anche difficili. Ho sempre detto che il progetto votato dall’Ulivo va interpretato
come un punto di partenza, non privo di carenze anche consistenti, ma comunque
da approvare. Poi, attraverso la devolution, quel disegno sarà completato
- e mi riferisco alla Camera delle Regioni e alle modifiche della Consulta
- fino ad arrivare ad una vera riforma in senso federale dello Stato».
Bossi, e in parte anche Fini, optano per il
no al referendum. Problemi nell’alleanza?
«L’importante è che alla consultazione
di novembre non venga attribuita una valenza politica: sarebbe sbagliato,
rischieremmo di tornare alle contrapposizioni che segnarono la discussione
in Parlamento. Non credo che il via libera al progetto dell’Ulivo sia in
contraddizione con la devolution».
An spinge per rilanciare il presidenzialismo,
che ne pensa?
«Personalmente sono d’accordo, è
assolutamente necessario un riequilibrio istituzionale tra i vari livelli
di governo».