Riforme Istituzionali
Osservatorio sulla devolution
 
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La Padania 7 marzo - 18 marzo 2001
 
7 marzo 2001
 
Un referendum respingerà questo falso federalismo
Maroni: «Il voto degli elettori cancellerà la truffa»

di Gianluca Savoini

La sinistra la smetta di barare sul federalismo. È l’invito rivolto da Roberto Maroni al termine del vertice della Casa delle libertà svoltosi ieri a Roma.
«Chiederemo agli elettori di pronunciarsi direttamente su questa finta riforma dell’Ulivo - ha spiegato Maroni in una conferenza stampa -. Presenteremo un referendum abrogativo di quel disegno di legge costituzionale che con il federalismo non ha assolutamente nulla da spartire». Il responsabile della segreteria politica della Lega Nord ha anche affrontato la questione delle cosiddette “liste-civetta”, ribadendo la netta contrarietà del Carroccio e dei suoi alleati.
«Ma anche lì la sinistra non deve barare - ha avvertito Maroni -, proponendo la “non belligeranza” con altri partiti e quindi aggirando il problema delle liste civetta».
Insomma, è il pensiero di Maroni, l’Ulivo non prenda per i fondelli i cittadini.
La falsa riforma “federalista” in salsa comunista. «Indubbiamente l’idea di indire un referendum abrogativo di quel ddl è stato il momento più importante del vertice della Cdl - ha spiegato l’esponente leghista -. Noi crediamo infatti che sia necessario sottoporre questo provvedimento al referendum, chiedendo ai cittadini di bocciare questa falsa riforma».
Riuscirete a presentare il referendum entro le prossime elezioni?, è stato chiesto a Maroni.
«Sì, i tempi tecnici, anche se molto stretti, consentono di svolgere il referendum in coincidenza con le elezioni politiche - ha risposto il parlamentare del Carroccio -. Comunque per noi non fa molta differenza, non ne facciamo una questione di propaganda elettorale, ne facciamo una questione di sostanza: riteniamo che sia un passo indietro rispetto al federalismo che vogliamo noi e all’attuale Costituzione».
Il referendum abrogativo. Dalla sinistra però c’è già chi chiede un referendum confermativo della cosiddetta riforma che passerà al vaglio del Senato domani, segnando l’atto finale della legislatura. L’intento del governo è evidente: presentare agli elettori un referendum “federalista” abbinato alle elezioni politiche. Anche se questa scelta non ha precedenti.
«Quando sentiamo dire che si vuole il referendum per avere la conferma a questa legge dal popolo, allora è evidente che si tratta di una manovra elettoralistica - ha attaccato Maroni -. È infatti più logico che sia chi si oppone a chiedere il referendum».
Su come voterebbero i cittadini Maroni non ha dubbi: «Crediamo che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani la pensi come noi, per questo ci affidiamo alla loro saggezza».
No alle “liste civetta”. «Se la sinistra dice no alle liste civetta-ha quindi precisato Maroni-, ma poi ricorre alla desistenza e alla non belligeranza, allora è chiaro che la legge elettorale viene violata ed elusa a loro favore».
Secondo l’ex ministro dell’Interno, infatti, il ricorso alla desistenza o alla non belligeranza è un fatto “molto più grave” dell’utilizzo delle “liste civetta” alle quali, comunque, ha assicurato, la Casa delle libertà non farà ricorso. E ha citato Carlo Azeglio Ciampi. «Come Cdl - ha detto il deputato leghista - condividiamo la preoccupazione del capo dello Stato sull'aggiramento della legge elettorale che avverrebbe non solo con le liste civetta, pratica di cui la sinistra è maestra ed ha applicato con discreto successo nel '96, ma che può avvenire anche attraverso altre forme, come la desistenza o la non belligeranza, oppure, ed è la più clamorosa, con il trasformismo parlamentare. Noi siamo disponibili ad applicare la legge senza violarne lo spirito a condizione che tutti facciano la loro parte e che tutta la legge sia applicata senza elusioni».
e parole di Maroni, condivise da tutti gli alleati della Cdl, hanno fugato qualsiasi flebile dubbio, lanciato da qualche giornale, sulla volontà del centrodestra di dare battaglia totale contro la sinistra.
L’attacco antileghista del “Financial Times”.
Infine un accenno ad un nuovo articolo del “Financial Times” che ha nuovamente espresso, a distanza di pochi giorni, il suo timore per le posizioni “antieuropeiste” del Carroccio.
«Da che pulpito ci viene la predica - ha ironizzato Maroni-. Se non sbaglio l’Italia è nell’euro, ma la Gran Bretagna no».
Quindi gli inglesi si preoccupino di altre faccende, che a casa nostra ci pensiamo noi.
 



 
13 marzo 2001
 
Castelli: «I nostri senatori hanno anticipato
quelli ulivisti per dire no al finto federalismo»
Lega e Cdl, firme raccolte
Verranno depositate in Corte di Cassazione questa mattina

di Gianluca Savoini
 
Questa mattina il capogruppo della Lega Nord al Senato, Roberto Castelli, si recherà alla Corte di Cassazione per depositare le firme di 102 senatori richiedenti il referendum abrogativo della falsa riforma federalista voluta dall’Ulivo. «Abbiamo raccolto le firme necessarie, ne bastavano 65 per legge - racconta Castelli -, ma i senatori della Casa delle libertà hanno risposto immediatamente al nostro appello. Così possiamo presentare il nostro referendum che servirà per dire no al disegno di legge costituzionale sulla finta riforma federale in salsa sovietica».
Senatore Castelli, anticiperete i senatori dell’Ulivo o anche loro hanno già raccolto le firme per il loro referendum, quello confermativo?
«A quanto sembra, saremo solo noi domani mattina (questa mattina per chi legge, ndr) a presentare le firme. Mi pare che la maggioranza non abbia raccolto le 65 firme necessarie. Sicuramente lo faranno più avanti, ma noi intanto li stiamo anticipando. È un fatto simbolico».
Ciò significa che l’Ulivo non ha tutta quella fretta per presentare il suo referendum?
«Non lo so. Teoricamente c’è il tempo per presentare il referendum il 13 maggio, ovvero lo stesso giorno delle elezioni politiche. Noi valuteremo il da farsi nelle prossime ore. Quello che fa l’Ulivo non ci interessa. Lei sta parlando di una maggioranza che ha preso in giro i cittadini per tutta la legislatura, perché occuparci ancora di loro? Ci penseranno gli elettori fra due mesi a mandarli a casa».
Ma alla maggioranza conviene presentare il referendum il 13 maggio, nel tentativo di spacciarsi per “federalisti”...
«È vero. È in atto una forte diatriba tra i costituzionalisti per verificare se è possibile fare così in fretta. Mancano due mesi alle elezioni, non dimentichiamolo. Comunque a noi leghisti e a tutta la Casa delle libertà importa la buona riuscita del nostro referendum abrogativo della legge-truffa ulivista. Le firme le abbiamo, il Senato ha risposto bene al nostro appello».
Intanto il ministro per gli Affari regionali Agazio Loiero non perde occasione per attaccare il patto politico Bossi-Berlusconi, prefigurando addirittura un Meridione che finirà in Africa. Che ne pensa di simili dichiarazioni?
«Loiero? Agazio Loiero? Vede, in America c’è l’ “american dream”, il sogno americano. Grazie a Loiero adesso c’è anche l’“italian dream”».
Italian dream?
«Sì, perché se uno come Loie-ro, che straparla, è diventato ministro della Repubblica, allora tutti possono diventare ministri. Un bel sogno, no? Loiero si contraddice ogni volta che apre bocca. Recentemente ha ammesso che la mentalità assistenziale del governo ulivista vede per il Sud i soliti soldi a pioggia, provenienti dalla tasche del contribuente. Una ricetta che ha miseramente fallito, che ha peggiorato la già difficile situazione del Mezzogiorno italiano. Bisogna invece sviluppare le potenzialità soffocate dall’assistenzialismo. È il nostro programma, alla faccia di Loiero».
 



 
14 marzo 2001
 
Ulivo battuto allo sprint
Firme Cdl in Cassazione e il Veneto “parte”
 
Roma - I quattro capogruppo al Senato della Casa delle Libertà hanno depositato ieri mattina in Cassazione 102 firme di Senatori per presentare in Cassazione il quesito referendario che chiede agli elettori di non approvare la riforma del federalismo appena approvata dal Parlamento. «È la prima volta che si presenta un referendum approvativo - ha detto Enrico la Loggia, capogruppo dei senatori di Forza Italia - e sono molto soddisfatto per aver raccolto in tempi così brevi le firme necessarie. L’Ulivo invece è parecchio indietro e questo la dice lunga sulla volontà di difendere la legge sul federalismo fatta a colpi di maggioranza». Insieme a La Loggia c’erano Alfredo Mantica di An, Roberto Castelli della Lega e Francesco D’Onofrio del Ccd. Le firme raccolte appartengono a 102 senatori tutti del Polo. Entro 30 giorni la Cassazione dovrà esprimere il suo parere sull’ammissibilità del quesito referendario. Castelli ha annunciato che «ci sono consigli regionali e comitati popolari che si sono già attivati per presentare una proposta analoga a quella nostra di oggi affinchè si mettano in campo i tre interventi con i quali si può chiedere il referendum su una norma costituzionale». Infatti servono le firme di un terzo dei rappresentanti di una delle due Camere, oppure l’iniziativa di cinque consigli regionali o la raccolta delle firme di 500 mila elettori.
Anche il centro sinistra ha depositato ieri in Cassazione le firme dei parlamentari (77) per chiedere il referendum approvativo della legge sul federalismo da poco approvata. Ma nella corsa a due ha vinto il centrodestra. E i senatori della Casa delle Libertà sono soddisfatti per aver battuto l’Ulivo nella gara a chi presentava per primo le firme necessarie per indire il referendum sul federalismo.
Intanto il Veneto, grazie al gruppo della Lega Nord-Liga Veneta in Consgilio regionale, che ha presentato una“proposta di deliberazione amministrativa” che verrà sottoposta al voto dell’assemblea di Palazzo Ferro-Fini, una volta approvata tale “'deliberazione”, chiederà formalmente ai sensi dell’art. 138 della Costituzione, di sottoporre a referendum popolare la legge costituzionale sulle “modifiche al titolo V della parte II della Costituzione”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 12 marzo 2001.
Il capogruppo del Carroccio a Palazzo Madama Roberto Castelli ha annunciato che nei prossimi giorni si cominceranno a raccogliere anche le firme dei cittadini a sostegno della richiesta di referendum: «Abbiamo scelto la strada delle firme dei parlamentari per fare in fretta, ma per evitare che il referendum sia solo un’iniziativa di palazzo sfrutteremo le due altre possibilità previste dall’articolo 138 della Costituzione: la richiesta di almeno cinque consigli regionali e le firme di cinquecentomila elettori. Per noi questa battaglia ha una valenza uguale a quella delle elezioni, perchè finalmente il paese si potrà pronunciare su un tema cruciale come quello del federalismo».
Ma come è regolato il referendum? Il referendum è previsto dall’articolo 138 della Costituzione che regola la revisione costituzionale. Al secondo comma si legge infatti che le leggi costituzionali, qualora non siano approvate nella seconda votazione con una maggioranza dei due terzi dei componenti in ciascuna delle due Camere, «sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti valida». Per questo tipo di referendum non prevede la necessità di raggiungere un quorum di votanti, né è possibile sottoporre al voto popolare solo una parte della legge.
 


 
18 marzo 2001
 
Già raccolte 102 firme di senatori:
«Ma è fondamentale la partecipazione dei cittadini»
Referendum, lo chiede la gente
Stiffoni (Lega): facciamo conoscere al popolo l’anti-federalismo dell’Ulivo

di Roberto Pich
 
«Per sconfiggere la vergogna di questa legge antifederalista, serve la mobilitazione di tutti, dei parlamentari come dei cittadini». Il senatore Piergiorgio Stiffoni fa il punto della situazione sul referendum abrogativo del titolo V della Costituzione, della riforma cioè che la sinistra insiste nello spacciare come “federalismo”. «Ma che è l’esatto opposto - precisa Stiffoni - è appunto “anti federalismo”, oltretutto grave ostacolo alla devolution come la intende la Lega».
Intanto, mentre il Carroccio ha mobilitato i consigli regionali del Nord e si appresta entro un mese a dar via alla raccolta di firme di cittadini, il gruppo leghista a Palazzo Madama ha già lasciato la sua impronta. Le firme di 102 senatori sono infatti già state raccolte e depositate: a muoversi non solo la Lega, ma tutta la Casa  delle libertà. «E, a quanto mi dicono - chiosa il senatore leghista - anche qualcuno di Rifondazione ha messo la sua firma».
Non altrettanto bene sembra invece procedere la raccolta di firme, per il referendum “confermativo” che il centrosinistra vuole indire, scimmiottando la Cdl.
Appena sopra la settantina gli autografi apposti dai parlamentari dell’Ulivo, che hanno quindi rischiato di non raggiungere neppure il “quorum” richiesto.
Intanto il Carroccio gira per le terre venete, spiegando alla gente l’iniziativa. Con successo, a quanto racconta Stiffoni.
Innanzitutto, perché richiedere le firme anche dei cittadini, visto che già si sono mobilitati con successo consiglieri regionali e parlamentari?
«Siamo il partito delle istanze popolari, dei cittadini. sempre e comunque. Con le firme dei parlamentari abbiamo stoppato la sinistra, ma è la volontà dei cittadini quella che ci sta veramente a cuore. Restiamo il megafono della gente. E non ho alcun dubbio che questo nostro referendum vincerà e la riforma dell’Ulivo abrogata in tronco».
Per quale motivo è così ottimista, senatore Stiffoni?
«Guardi, in Veneto ad esempio è da un po’ che stiamo organizzando degli incontri pubblici mirati a questo problema: con il testo sotto mano esaminiamo le decine di punti che sono la negazione del federalismo e la gente si sta rendendo conto della truffa orchestrata dalla sinistra».
Quali aspetti toccano più da vicino i cittadini?
«Noi abbiamo presentato da tempo la legge Bossi-Berlusconi sulla regolamentazione dell’immigrazione, dicendo chiaro e tondo che tocca alle Regioni prendersi carico del problema. Sono infatti le Regioni che possono sapere la quantità di immigrati specializzati o meno di cui hanno bisogno ad esempio le aziende. Nel secondo punto della legge antifederalista, si stabilisce invece che la regolamentazione dei flussi immigratori sia totalmente decisa a livello centrale».
Altri esempi?
«Sicuramente tra i più importanti c’è la sicurezza. Mentre le Regioni chiedono di poterla gestire almeno in parte, forti della conoscenza e della vicinanza con il proprio territorio, l’Ulivo ha pensato bene di non lasciare nemmeno le briciole agli enti locali: ordine pubblico e sicurezza sono di dominio esclusivo del governo centrale».
Ci sono però le materie cosiddette “a legislazione concorrente tra Stato e Regioni”...
«Un’altra truffa. In ogni caso è lo Stato che decide come dovranno funzionare, grazie ai cosiddetti “principî fondamentali”. Ossia, con le leggi quadro. Si è visto ad esempio con la legge quadro sul turismo, così particolareggiata che ingabbia le Regioni e toglie loro qualsiasi possibilità di darsi una normativa autonoma e confacente alla realtà del proprio territorio. Così anche per l’istruzione. Di più: anche la difesa dei confini è materia concorrente. Peccato che i 200 e passa chilometri di confine italo-sloveno siano affatto abbandonati a se stessi. E questo sarebbe uno dei compiti dello Stato che già sappiamo non verrà mai assolto?».
È stato però abolito il Commissario di governo...
«Sì, ma il governo può ricorrere alla Corte Costituzionale per cassare ciò che le Regioni hanno deciso. E sappiamo come e da chi vengano nominati i membri della Corte...».
Perché abolire proprio il titolo V della seconda parte della Costituzione?
«Perché è la parte che si occupa dei rapporti tra Stato e Regioni. Per tamponare la nostra idea devolutiva, la sinistra ha buttato avanti questo anti federalismo, ma ha finito con lo scontentare».


 
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