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Corriere della sera - 23/09/2001

Il 7 ottobre alle urne per confermare la legge federalista. Polemica sul silenzio tv. Giulietti (Ds): primo esperimento di polo unico

Referendum, l’Ulivo punta sugli ultimi 15 giorni

Campagna di manifesti e iniziative in tutta Italia. La Casa delle Libertà considera inutile il voto
 
   Daria Gorodisky
 
ROMA - Qualcuno lo definisce fantasma; altri, desaparecido . Il referendum sulla riforma federalista, a sole due settimane dal voto, resta argomento sconosciuto alla maggior parte degli elettori. Eppure si tratta di un evento straordinario dovuto, oltre che alle regole istituzionali, anche alla richiesta formale sia del centrosinistra che del centrodestra: mai prima d’ora è stato celebrato un referendum costituzionale. Lo ha ricordato pochi giorni fa il presidente della Repubblica Ciampi: «Per la prima volta il 7 ottobre gli italiani potranno esprimere il proprio giudizio con effetto diretto ed immediato su una legge che modifica la Costituzione». La legge in questione è stata approvata in marzo dall’allora maggioranza di centrosinistra; ma, non avendo riscosso il consenso dei due terzi del Parlamento, deve essere sottoposta a consultazione popolare con esito indipendente dal quorum: chi andrà alle urne, non importa in quale numero, deciderà.

A favore è schierato naturalmente l’Ulivo (anche Di Pietro e D’Antoni), da dove spiegano che la vittoria dei sì incatenerebbe l’azione di governo a quella riforma e segnerebbe un gol politico ai danni della maggioranza. Contro la quale parte l’accusa per la mancanza di informazione. «Che fine ha fatto in Tv? Tranne che in poche occasioni, non se ne parla: è il primo esperimento del polo unico radio-televisivo controllato dalla maggioranza», commenta Giuseppe Giulietti (Ds). E ancora: «La guerra ha giustamente la precedenza, ma sospendere la democrazia ordinaria è pericolosissimo. Il Polo impedisce anche l’elezione del presidente della Vigilanza Rai per evitare che decida sulle tribune elettorali». (Il Cda della Rai intanto ha stabilito che sarà il direttore generale Claudio Cappon a dare le indicazioni sull’informazione relativa al referendum). Per il momento però anche le iniziative del centrosinistra scarseggiano. «La campagna referendaria è efficace soprattutto negli ultimi dieci giorni - dice Walter Vitali, Ds - Sono in arrivo manifesti e appuntamenti: il 29 un referendum day in tutti i comuni e il primo ottobre una manifestazione nazionale in un teatro romano».
La Casa delle libertà dichiara il suo no, ma mantiene un profilo basso, puntando sull’«inutilità» del referendum, visto che, dicono, la vera riforma la faremo noi. In materia di federalismo però lo schieramento presenta delle crepe. La Lega avrebbe voluto una nuova legge prima del referendum, ma il testo sulla devolution presentato da Bossi ha creato divisioni. Inoltre la maggior parte degli amministratori locali di centrodestra sono favorevoli (almeno come «primo passo») al testo varato dall’Ulivo: lo hanno dichiarato tutti i presidenti di Regione, con l’eccezione di Giancarlo Galan (Veneto); e «sì» arriva anche sia dall’Unione delle province (Upi) che dall’Associazione dei comuni (Anci).
Il governo formalmente non dà indicazioni, ma il ministro per gli Affari regionali Enrico La Loggia ricorda che in Aula «noi abbiamo votato sempre contro». Per Forza Italia si tratta, come dichiara il capogruppo al Senato Renato Schifani, di un «referendum finto». An è contraria al «referendum inutile» e poco importa se Polo e Lega avevano sollecitato la consultazione: «Allora eravamo opposizione», dice il portavoce Mario Landolfi. La Lega ovviamente è contraria. Ccd e Cdu invece lasciano libertà di coscienza. Depotenziare il referendum, allora, ma con cautela. Anche perché, ha spiegato fra gli altri il presidente della Lombardia Roberto Formigoni, una vittoria del no potrebbe portare la Corte Costituzionale a decretare che è stata bocciata la materia federalista in quanto tale: a quel punto sarebbe impossibile legiferare su quel tema per 5 anni.

 
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