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Corriere della sera - 20/12/2001
 
Domenici (presidente Anci): è impossibile rispettare il tetto imposto alla spesa corrente degli enti locali

«Comuni troppo sacrificati, ricorreremo a Ciampi»
 
Stefania Tamburello
 
ROMA - Chiederanno l’intervento del presidente della Repubblica ma sono intenzionati ad arrivare anche alla Corte costituzionale. I Comuni italiani sono pronti, insomma, a fare il possibile per opporsi alla legge finanziaria, varata dalla Camera e in attesa del via libera del Senato. «Non protestiamo, ovviamente, contro l’intera legge, ma solo contro un articolo, il 19, che stabilisce nuove condizioni per il patto di stabilità interno di Comuni e Province», dice Leonardo Domenici, sindaco di Firenze e presidente dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani. «La norma - spiega Domenici - impone per il 2002 un tetto alla spesa corrente pari a quella del 2000 aumentata del 6%. È un vincolo impossibile da rispettare: molti Comuni, grandi come Milano, Torino o Firenze e piccoli come Rosignano, non potranno impostare né tantomeno chiudere i loro bilanci e saranno costretti a sfondare il tetto o a ridurre i servizi ai cittadini».
Ma il contenimento della spesa corrente è il principale obiettivo della politica di bilancio del governo. Perché i Comuni non dovrebbero rispettarlo?
«Perché si chiede solo a loro di farlo, anche se a spendere oltre i limiti lo scorso anno sono state per esempio le Regioni o lo Stato nel suo insieme. Ma il problema è un altro».
Quale?
«Si chiede ai Comuni di limitare le spese, qualunque sia il valore delle entrate. E non solo: si prendono come base le spese del 2000, anno in cui funzionava il vecchio patto di stabilità che seguiva il criterio del riequilibrio di bilancio o di riduzione del disavanzo, e non si valuta ciò che è accaduto dopo. In particolare non viene calcolato il rinnovo del contratto dei dipendenti degli enti locali che da solo si mangerà il 4,5 per cento dell’incremento di spesa consentito».
Il Governatore della Banca d’Italia suggerisce di ridurre i costi dei servizi per contenere le spese.
«Ma i Comuni la razionalizzazione dei costi l’hanno già fatta. Qui si impone di risparmiare anche ai Comuni più ricchi che hanno soldi in cassa e servizi già efficienti. Senza contare il grande sforzo di contenimento delle spese chiesto col taglio dei trasferimenti. Il fatto è che tutte le cose positive che la finanziaria contiene, come il miglioramento delle pensioni minime o l’aumento degli sgravi, saranno pagate coi risparmi dei Comuni».
Che invece vogliono spendere. Ma chi dovrebbe «tagliare»?
«Sia chiaro i Comuni non sono spendaccioni e non rifiutano le responsabilità in campo politico, economico e finanziario. Chiedono solo di concordare vincoli possibili e non incostituzionali come quelli decisi nella finanziaria.
Perché incostituzionali?
«Perché contrastano con gli articoli 118 e 119 della nuova formulazione in senso federalistico della carta costituzionale. Il 118 prevede che il Comune abbia funzioni amministrative complete e il 119 riserva ai Comuni l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Chiederemo l’intervento del Capo dello Stato e se il Senato non modificherà la norma approvata dalla Camera punteremo a ottenere nuove misure dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Il bilancio dei Comuni si chiuderà il 28 febbraio del 2002 e quindi c’è tutto il tempo per intervenire con nuove misure. E poi stiamo pensando a ricorrere alla Corte costituzionale attraverso le Regioni. Oppure, in via incidentale, attraverso il Tar».
Che cosa proponete per correggere il tiro della finanziaria?
«Vogliamo fare un accordo anche più rigido ma senza vincoli iniziali. Vorremmo tornare al vecchio vincolo di bilancio oppure ottenere eccezioni al tetto di spesa. Per esempio escludendo le spese per il rinnovo del contratto oppure quelle per i servizi sociali aperti tra il 2000 e il 2002. A Firenze abbiamo aperto 5 nuovi asili nido. Che dovrei fare ora? Chiuderne 3? »



 
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