Revisione dell'ordinamento della Repubblica per l'introduzione della forma di governo presidenziale


Presentata il 9 gennaio 1996



Onorevoli Colleghi!

La trasformazione del sistema politico italiano, avviata dalla volontà degli elettori con il referendum del 1993, è oggi bloccata. Certamente questa situazione di stallo deriva dalla resistenza di uomini, gruppi, oligarchie che temono che la trasformazione faccia crollare con le loro vecchie abitudini, le loro situazioni di vantaggio, le loro rendite di posizione. Con altrettanta certezza si può dire che la trasformazione è ostacolata dal permanere di un sistema istituzionale che blocca la strada della democrazia maggioritaria, impedendo che la scelta su chi deve governare sia compiuta dai cittadinielettori, dal popolo. Ma lo sviluppo della democrazia maggioritaria non può essere ulteriormente fermato, pena un ritorno alla democrazia dimezzata, alla stagnazione e alla non- scelta.

Non è più tempo di rendite oligarchiche; non è più tempo di scelte eluse e rinviate. Nei trascorsi cinquant'anni i vertici del nostro sistema politico hanno potuto sottrarsi a quasi tutte le responsabilità: l'alleanza occidentale garantiva sicurezza in cambio di fedeltà, la politica finanziaria e di bilancio poteva erigere la montagna del debito pubblico per garantirsi la tranquillità oligarchica mascherata con il nome di "pace sociale". Tutto questo è finito per sempre ed è venuto il tempo delle responsabilità e delle scelte: la sicurezza della Nazione non dipende più da altri che dagli italiani, la libertà economica ed il mantenimento degli standard raggiunti non sono più garantiti dall'esterno, ma dipendono dalle capacità di scelta dei soggetti politici e dal sistema istituzionale in cui essi agiscono.

Si deve dunque ripartire dalla riforma dell'ordinamento della Repubblica, per realizzare un sistema presidenziale, che è lo strumento più adatto per mettere l'Italia all'altezza dei problemi imposti dal quadro nazionale ed internazionale.

La deriva in cui rischia di trovarsi la nazione italiana è stata costruita all'insegna di una sola regola: decidere tutti insieme su quasi tutto e se possibile non decidere, non scegliere e rinviare. Bisogna perciò uscire dalla palude della transizione in cui si perpetua l'assenza di scelte e rovesciare i rapporti distorti tra uno Stato onnipotente ed una società ed un mercato dipendenti e subalterni, tra un centro che decide tutto e delle comunità locali questuanti e prive di autonomia, tra un Parlamento e un Governo senza responsabilità e senza capacità di azione ed entrambi reciprocamente paralizzati.

L'obiettivo della nostra proposta di sistema presidenziale ha quindi tre aspetti: liberare la società e l'economia dalle servitù statalistiche e burocratiche, ridistribuire il potere tra Stato centrale ed autonomie territoriali, riformulare i rapporti tra Parlamento e Governo, mettendo entrambi in grado di funzionare autonomamente, di non paralizzarsi a vicenda e di assumersi responsabilità precise, chiaramente percepibili e giudicabili dai cittadini-elettori.

La più importante tra le ragioni che ci portano a presentare una proposta di legge costituzionale per dare vita ad un sistema presidenziale è che l'Italia ha bisogno di una vera e propria rivoluzione costituzionale: il nostro sistema politico ha bisogno di uno shock istituzionale, che rompa le prassi incancrenite della prima Repubblica, che spezzi i pregiudizi consolidati e che, finalmente, determini una compiuta democrazia maggioritaria. La nostra organizzazione politica e giuridica ha bisogno delle due cose che le sono fino ad oggi mancate: una direzione politica responsabile, le cui azioni siano visibili e i cui meriti e difetti giudicabili dai cittadini elettori; e una tutela efficace dei diritti individuali. Siamo invece oggi in una fase di stallo, in una morta gora in cui la Nazione rischia di affondare. Deve terminare l'avvilente pratica delle leggi "annunciate" che sono solo manifesti per la trattativa. Deve terminare l'ancora più avvilente prassi per cui quando l'amministrazione non sa, non può, non vuole agire carica sui cittadini oneri burocratici, defatiganti procedure, gravi sanzioni e gravi minacce, di cui la vita quotidiana degli abitanti della Repubblica è costellata.

Bisogna, purtroppo, constatare che la tendenza alla trasformazione rischia di arrestarsi bruscamente e che tutto il sistema può tornare indietro, nella conservazione istituzionale e nella palude di una democrazia senza responsabilità. E' facile constatare, per esempio, che molta parte dell'attuale discorrere sul presidenzialismo o sul "cancellierato", sul modello americano o su quello francese, è fatta più di retorica che di proposte, più di sentimentalismo sulle astrazioni che di valutazione degli effetti di precise regole di diritto. E' per questa ragione che vogliamo partire da una proposta precisa, un progetto di legge costituzionale da sottoporre alla discussione e al confronto.

Lo schema di Governo presidenziale che presentiamo è stato costruito tenendo conto delle esperienze di altri Paesi e della loro adattabilità al nostro sistema e alla nostra cultura, evitando, per quanto possibile, "invenzioni" prive di riscontri applicativi.

Il nostro intento non è quello di imitare questo o quel modello, bensì di delineare le strutture fondamentali di un presidenzialismo ben ordinato ed equilibrato, con una proposta che ambisce ad essere organica e coerente, ma soprattutto aperta ad un dibattito che ci auguriamo il più ampio possibile.


Il testo del progetto si ispira ai princìpi della tradizione liberale.

Il principio di responsabilità: le decisioni sulle politiche pubbliche devono essere attribuibili ad un soggetto preciso, che se ne assuma il bene e il male di fronte al corpo elettorale. Senza chiarezza su chi decide non solo non vi è responsabilità, ma la democrazia è stagnante perché copre accordi oligarchici.

Il principio di separazione e controllo reciproco dei poteri. Nella sua applicazione liberale (non in quella giacobina, fondata sull'idea del primato dell'assemblea) questo principio afferma che non vi è nessun "sovrano assoluto", nessun erede del diritto divino dei Re, ma che il potere deve essere frammentato in modo che nessuno abbia l'ultima parola. Proprio il sistema presidenziale si è dimostrato storicamente il più adatto a creare una situazione di equilibrio tra i poteri, in virtù del quale nessuno di essi - non il legislativo, non il giudiziario, non l'esecutivo - possa essere "il vincitore". L'ultima parola spetta sempre ai cittadini, la cui libertà è maggiormente assicurata proprio dal conflitto fisiologico tra i poteri piuttosto che da una presunta "armonia", magari tutelata in modo incontrollabile da arbitri e da garanti. Nel presidenzialismo ad un'assemblea legislativa eletta si contrappone un potere esecutivo ugualmente eletto, in modo che nessuno sia "superiore". Questa è la strada per garantire la piena responsabilità, ma anche la piena autonomia, di esecutivo e di legislativo.

Il principio della governabilità: votare significa soprattutto produrre un sistema di decisioni, si vota per "fare il governo". L'elezione diretta del vertice dell'esecutivo fa sì che le opinioni politiche presenti all'interno di una comunità siano obbligate ad aggregarsi, a polarizzarsi in vista di grandi scelte. L'elezione diretta del vertice dell'esecutivo è perciò un mezzo sicuro per scoraggiare le micro-formazioni politiche, dotate di un elevato potere di interdizione. Ed è allo stesso tempo un mezzo per spezzare le oligarchie che nella frammentazione trovano una ragione di sopravvivenza, l'acqua in cui meglio nuotare. E' il sistema per costruire i confini visibili, suggellati dal voto, tra maggioranza e minoranza.


Sulla base di questi princìpi il testo della nostra proposta di legge compie scelte precise.

In primo luogo la scelta di un esecutivo "monocratico"; il Capo dello Stato ed il Capo del Governo sono la stessa persona. Il Capo dell'Esecutivo che sia anche Capo dello Stato può dare alla struttura amministrativa unità di indirizzo, può impedirne la spartizione "feudale", può garantire la visibilità delle decisioni. Questa scelta evita, inoltre, il rischio di un conflitto paralizzante all'interno dello stesso potere esecutivo.

I punti cardine del sistema proposto sono dunque i seguenti.


Il Presidente della Repubblica è il Capo del Governo ed è eletto direttamente dal popolo.

L'elezione avviene sulla base di candidature proposte da cinquecentomila elettori; qualora le candidature siano più di due, in ciascuna regione si svolgono, alla data stabilita dalla giunta regionale, elezioni primarie alle quali partecipano tutti i candidati ammessi. I due candidati che ottengono il maggior numero di voti su base nazionale partecipano alla elezione per la Presidenza, nella quale vince chi consegue la metà più uno dei voti validi. Questo meccanismo garantisce una forte legittimazione all'eletto perché è ispirato al principio per cui gli elettori non solo scelgono il vincitore, ma selezionano le candidature: spettano a loro la prima e la seconda scelta.

Queste modalità di elezione esaltano il vantaggio principale del sistema presidenziale: l'eletto, non è solo il vertice delle istituzioni, ma anche un leader "popolare". La sua leadership non dipende dagli apparati, dalle burocrazie di partito, ma dagli elettori. Questo presidenzialismo ha quindi l'effetto di scompaginare, ad ogni elezione, le oligarchie partitocratiche, di impedire la loro cristallizzazione: ogni quattro anni si deve ricominciare.


Il sistema presidenziale ha due caratteri strutturali: il rapporto tra Parlamento e Governo ed il rapporto tra Presidente ed amministrazione pubblica.

Il rapporto tra Parlamento e Governo nel nostro progetto è fondato sul principio della tradizione liberale: i rispettivi compiti sono quello del controllo per l'Assemblea, e quelli della decisione e dell'indirizzo per l'Esecutivo. Il controllo parlamentare si esprime attraverso il parere sulle nomine, su vigorosi poteri di inchiesta e con la messa in stato d'accusa del presidente, anche per corruzione. Per contro l'autonomia di indirizzo dell'Esecutivo è garantita soprattutto dal diritto di veto del Presidente sulle leggi deliberate dalle Camere. Per dare corpo a questi princìpi il nostro progetto articola la figura del Presidente in questo modo:


il presidente dura in carica quattro anni; nomina i Ministri dopo aver acquisito il parere della Camera e può revocarli;

il Presidente ha il potere di iniziativa legislativa, è titolare di un potere regolamentare garantito da una riserva costituzionale e può porre il veto nei confronti delle leggi approvate dal Parlamento, il quale può però superare il veto riapprovando la legge a maggioranza dei tre quinti;

il Presidente presenta il bilancio e le altre leggi in materia di finanza pubblica, durante il cui esame può porre il veto nei confronti di singole disposizioni, fermo restando il potere del Parlamento di superare il veto a maggioranza dei tre quinti.

Il Presidente non ha il potere di adottare decreti-legge e decreti legislativi; può però chiedere che una camera si pronunci su un disegno di legge entro un termine da lui fissato.

Per quanto riguarda il rapporto tra vertice dell'Esecutivo e pubblica amministrazione, il fattore innovativo introdotto dal presidenzialismo è quello della visibilità e responsabilità dei soggetti amministrativi. Il sistema presidenziale (e questo vale sia per l'esperienza statunitense sia per quella francese) riesce infatti a contemperare il principio di neutralità e di legalità dell'azione amministrativa (l'organizzazione amministrativa agisce "in conformità alla legge") con il principio di responsabilità (le violazioni della legalità e dei diritti sono imputabili a qualche soggetto ed il "capo dell'amministrazione" ne risponde direttamente agli elettori). Ed è questa la ragione per cui nel nostro progetto il Presidente nomina, con il parere del Parlamento, i dirigenti dello Stato e degli enti pubblici.

Tra i sistemi democratici e rappresentativi quello presidenziale è il più dinamico: ad ogni elezione cambiano le élite politiche, ogni partito che aspira a far vincere il suo candidato si dà un nuovo capo ed una nuova struttura di comando. Ma l'elemento dinamico del presidenzialismo deriva soprattutto dal fatto che esso produce effetti "a cascata" sul sistema politico e sulla dinamica delle istituzioni.

Le implicazioni del presidenzialismo riguardano in primo luogo il rapporto tra governo centrale e governi locali: un potere centrale forte deve avere come controparte poteri locali altrettanto forti. In una parola: il presidenzialismo avvia un esteso sistema di decentramento legislativo. Il che rappresenta un ulteriore elemento di separazione e bilanciamento dei poteri, un rafforzamento del principio della separazione.

Nel progetto qui presentato il rafforzamento delle autonomie regionali trova i suoi pilastri in queste innovazioni:


gli statuti di tutte le regioni - non solo quelle ad autonomia speciale - sono approvati con leggi costituzionali proposte, ed anche questa è una novità, dalle regioni stesse;


lo Stato può approvare leggi solo nelle materie comprese in un elenco tassativo, tutte le altre rimanendo affidate alla competenza "esclusiva" delle regioni, senza che lo Stato possa in alcun modo intromettersi;


le funzioni amministrative dei comuni, delle province e delle regioni sono stabilite secondo criteri di autonomia e sussidiarietà, fissati da leggi dello Stato;


le funzioni amministrative decentrate nelle materie di competenza legislativa dello Stato sono svolte, tranne quelle relative alla giustizia, alla difesa, alla sicurezza pubblica, alla finanza e ai servizi pubblici svolti dallo Stato, attraverso le amministrazioni delle regioni, delle province e dei comuni;


le regioni, le province ed i comuni hanno autonomia finanziaria e possono imporre tributi propri; ad esse spettano quote del gettito dei tributi erariali riscossi nei rispettivi territori; lo Stato trasferisce risorse alle regioni al solo scopo di promuovere il riequilibrio delle aree meno favorite.


Il nostro progetto di presidenzialismo prevede la trasformazione del "bicameralismo perfetto" in un sistema di assemblee differenziate: una Camera dei deputati ed un Senato di emanazione regionale. Si introduce infatti una profonda differenziazione delle funzioni dei due rami del Parlamento: la Camera, i cui componenti sono ridotti a 475, dura in carica quattro anni, è rinnovata a metà del mandato presidenziale, adotta la maggior parte delle leggi (leggi costituzionali, bilanci, trattati e leggi che riguardino le regioni sono comunque approvate anche dal Senato) ed esercita una penetrante azione di controllo sull'Esecutivo: oltre ad esprimere il proprio parere sulle nomine a Ministro, può anche approvare una mozione di censura nei confronti di un singolo Ministro. In tal caso, come in quello di parere negativo sulla nomina, il Presidente è libero di confermare il proprio Ministro, inasprendo il rapporto con la Camera, o di "cambiare cavallo".

Il Senato è composto da duecento membri designati dalle giunte regionali, sulla falsariga del modello tedesco. Quando la Camera ha approvato una legge, entro trenta giorni e su proposta di almeno un terzo dei componenti, il Senato può chiedere il riesame della legge o proporre modifiche alla stessa. La Camera è allora chiamata a pronunziarsi in maniera definitiva.


Il sistema presidenziale implica un rafforzamento degli strumenti di garanzia. Nel nostro progetto le minoranze parlamentari di entrambe le Assemblee potranno avvalersi di due nuovi strumenti istituzionali: commissioni di inchiesta istituite automaticamente su richiesta di un quinto dei componenti di una Camera; ricorso diretto alla Corte costituzionale, da parte di almeno un quinto dei componenti, per sollevare la questione di costituzionalità di una legge (il ricorso è previsto anche per la Corte dei conti, in relazione a difetti di copertura delle leggi).

Il sistema presidenziale consente di avviare la trasformazione del potere giudiziario fuori dalle gabbie corporative, per farne il soggetto che tutela a tutti i livelli i diritti individuali. Ciò sarà concretizzato attraverso la previsione di uno strumento di carattere giurisdizionale che aumenti ulteriormente l'effettività delle libertà e delle garanzie dei cittadini: la possibilità di ricorrere alla Corte costituzionale per chiunque sia stato leso da un atto dei pubblici poteri nei diritti di libertà garantiti dal titolo primo della parte prima della Costituzione, che costituiscono un patrimonio irrinunciabile della nostra democrazia.


Possiamo riassumere in poche frasi le ragioni che sostengono la nostra proposta di un "ben ordinato presidenzialismo" per l'Italia.

L'elezione decisiva di tutto il sistema politico diventa quella del Presidente. Ciò costringe le forze politiche ad aggregarsi in modo tendenzialmente bipolare.

Il presidenzialismo introduce un meccanismo di elevata responsabilità e visibilità su chi prende decisioni: ogni elettore saprà da chi derivano le decisioni che lo agevolano e quelle che lo danneggiano.

Il sistema presidenziale è un meccanismo anti-oligarchico, perché ogni elezione scompiglia equilibri, alleanze, compromessi locali e nazionali.

Il sistema presidenziale garantisce efficienza e visibilità delle decisioni relative alle politiche pubbliche.

Il sistema presidenziale, infine, rafforza le capacità di controllo delle Assemblee parlamentari perché indebolisce la dipendenza del singolo parlamentare dalle burocrazie di partito.

Tutto ciò si può riassumere in una formula: il presidenzialismo non è nient'altro che un Governo scelto dal popolo.



Testo tratto dal sistema informativo della Camera dei Deputati.

Per il collegamento si ringrazia Agorà Telematica.



a.andreoli@agora.stm.it



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