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Sciacallaggio di Stato

24/03/2002

Nel tentativo di tenere bassi i toni, si è scelto di scrivere queste poche righe dopo aver atteso alcuni giorni dalla tragica morte del Prof. Biagi. Purtroppo, nonostante si scriva ora, a mente fredda, i giudizi di “pancia” della prima ora non sono venuti meno.

Riguardo agli imbecilli che, a nome proprio o manovrati che siano, continuano, imperterriti, a seminare lutti, c’è ben poco da aggiungere: è un tumore del quale è urgente liberarsi; prima arriverà la cura, meglio sarà.
Molto da dire, invece (anche perché di questo poco si parla), nei confronti di chi, di fronte ad un evento così tragico, ha pensato bene di non perdere l’occasione per procurarsi propri personalissimi vantaggi.
Saccheggiare case dopo un terremoto, o utilizzare il dolore e lo sconcerto per la morte di una persona inerme per ottenere risultati politici altrimenti non raggiungibili, non fa molta differenza: sciacalli i primi, sciacalli i secondi.
E’ questa la triste realtà alla quale è difficile abituarsi.
Una realtà in grado di alimentare dubbi ed inquietudini circa i reali mandanti degli atti di terrorismo degli ultimi anni.
Ma al di là delle ipotesi da verificare, ci sono appunto certezze che è possibile, sin da subito, denunziare.
Abbiamo assistito e stiamo ancora assistendo ad una strumentalizzazione senza precedenti dei tristi fatti di Bologna, a 360 gradi.
Le proteste di ampi settori sociali a difesa dell’art. 18 spregiativamente liquidate come manifestazioni contro le idee di Biagi, come se non fosse più lecito manifestare contro le opinioni non condivise.
La morte del Prof. Biagi utilizzata per far dimenticare che sull’art. 18 c’è già stato un ampio dibattito in occasione dei 7 referendum radicali: un referendum ampiamente delegittimato e sconfitto dalla bassa affluenza alle urne e da una valanga di No.
Chi oggi si sorprende di fronte alla decisa mobilitazione a difesa dell’art. 18, attribuendone la causa a non si sa bene quali campagne d’odio contro il Governo, è evidente che lo fa in malafede, ed è per questo che ha tutto l’interesse di servirsi del vile attentato di Bologna per accusare, di fatto, i protagonisti delle proteste di questi ultimi mesi di aver armato la mano degli assassini del Prof. Biagi.
La stessa malafede che attribuisce alla sola cecità dei lavoratori le colpe del mancato confronto ed il conseguente clima di acceso scontro sociale, sottacendo, invece, riguardo al colpo di mano legislativo deciso dal Governo, attraverso l’uso dello strumento della delega, per modificare una parte fondamentale dello statuto dei lavoratori, quella che appunto regola la tutela reale dei diritti dei lavoratori.
 
Una parola, infine, in difesa della memoria del Prof. Biagi e, mi permetto di aggiungere, di rispetto per il dolore dei suoi familiari.
Siamo stati costretti ad assistere, impotenti, ad un’ipocrita operazione di marketing condotta sulla pelle di una persona barbaramente uccisa.
Le occasioni per ricordare la figura del Prof. Biagi, da parte dei più alti rappresentanti del Governo, tutte puntualmente trasformate in momenti di propaganda politica a sostegno del Governo e contro le mobilitazioni dei lavoratori. Al tempo stesso, nessuna autocritica e conseguente rimozione dei Ministri che potevano e che non sono intervenuti per garantire l’incolumità fisica del Prof. Biagi.
Come dire che ci troviamo di fronte a due Prof. Biagi: Il Prof. Biagi “persona” ed il Prof. Biagi “consulente del Governo”, uno diverso dall’altro.
Il primo, poco importante da vivo quanto da morto: non meritava tutela prima, tanto da vedersi sottrarre la scorta; non la merita ora che si dovrebbero indicare le responsabilità, nell’ambito del Governo, della mancata scorta.
Il secondo, invece, eroe postumo di un Governo che è bene celebrare ... il Governo, quanto più possibile.
 
Franco Ragusa 

 

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