13/07/2002
Chissà come si saranno sentiti, l'11 luglio, i parlamentari
protagonisti del rientro dei Savoia in Italia e, al tempo stesso, delle
nuove norme sull'immigrazione.
Quanto potere nelle mani di così poche persone. Per alcuni nostalgici,
addirittura, si è trattato di un vero e proprio riscatto con la
storia.
Riabilitata la casa reale che nulla fece per fermare il fascismo e
che da questi si fece guidare la mano per firmare anche le odiose leggi
razziali (e chissà che questo non sia da interpretare come un segnale
rivolto all'attuale Presidente della Repubblica che, sinora, in quanto
a facilità di firma, non si è dimostrato secondo a nessuno);
riabilitate le leggi razziali stesse, con l'approvazione di nuove norme
sull'immigrazione altrettanto odiose ed altrettanto offensive della dignità
umana. Norme complicatissime, inapplicabili, di fatto finalizzate a chiudere
le vie legali al fenomeno migratorio e, per questo, oltremodo punitive
per chi cercherà inutilmente di osservarle e che, a sua volta, sarà
costretto a violarle.
Un'esibizione di "attributi" senza precedenti alla quale il centro-sinistra
non ha saputo far altro che omologarsi, complice, anch'esso, per aver contribuito
ad alimentare parte di questa sceneggiata.
E chissà come si saranno sentiti, quindi, alla vista del trionfo
della maggioranza di Governo su due temi da sempre cavallo di battaglia
della destra, i parlamentari dell'Ulivo.
Utili scemi alla Camera per votare, insieme ai parlamentari del Polo,
per altro divisi dal voto di astensione della Lega, l'atto finale
di un provvedimento non degno del ruolo di parlamentare rivestito; inutili
oratori al Senato, schiacciati da una maggioranza compatta e decisa sino
in fondo a far ripiombare l'Italia in un clima di intolleranza ed autoritarismo.
Sarebbe bastato poco, ai deputati dell'Ulivo, per rovinare parte della
festa alla maggioranza di Governo e per ricordare che la Storia, quella
con la S maiuscola, non sempre si può riscrivere o scrivere a piacimento.
Sarebbe bastato poco, ai deputati dell'Ulivo, per ricordare, in modo
particolare all'attuale Presidente della Repubblica, che c'è un
limite a tutto e che il presunto ruolo di pacificatore istituzionale non
può e non deve divenire l'alibi per assumere continui comportamenti
pilateschi e per evitare il giudizio della Storia.
Sarebbe bastato poco ma così non è stato.
E dopo questo triste spettacolo, offerto dal Parlamento nel suo insieme,
parlare di democrazia malata ha ben poco senso: l'11 luglio ha vinto il
regime.
Franco Ragusa