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Condannare, sino in fondo, i crimini di Saddam
lettera aperta al Presidente del Consiglio
 
     21 marzo 2003
 
Egregio Presidente del Consiglio Berlusconi,è di oggi la sua ennesima sortita tesa a ridicolizzare il movimento della pace.
Tra un bombardamento e l'altro su un Iraq che più indifeso non si poteva desiderare di trovare, i nostri TG non hanno mancato di raccontarci del suo rammarico per non aver visto manifestazioni di condanna dei crimini compiuti da Saddam.
Al di là dei toni, mi "consenta" di registrare l'approccio schizofrenico che lei continua a mostrare nei riguardi del "problema Saddam" e le questioni inerenti al diritto.
Delle due l'una, infatti: o siamo di fronte ad una nuova gaffe, o lei, Sig. Presidente, è probabilmente affetto da amnesie fulminanti.
Insomma, Sig. Presidente, senza peli sulla lingua, lei c'è o ci fa?
Ma si figuri se non c'è il desiderio di ricordare, a tutti noi, lei compreso, i crimini compiuti da Saddam.
Vogliamo iniziare con quelli compiuti durante la guerra contro l'Iran, con il sostegno degli USA e di gran parte dell'occidente democratico?
Vogliamo forse dimenticare l'uso massiccio delle armi di distruzione di massa contro i civili iraniani?
Ma allora, come oggi, si doveva scegliere.
Oggi tra Saddam e Bush lei sceglie Bush; durante la guerra Iraq-Iran il Bush di turno scelse, invece, di sostenere la guerra provocata dal criminale Saddam.
Probabilmente perché le armi di distruzione di massa sono motivo di apprensione a seconda dei casi e a seconda di chi le possiede.
Ma paradossalmente, oggi si dice che Saddam va fermato perché le sue armi di distruzione di massa ha già dimostrato di saperle usare.
Mi permetta di estendere l'equazione, allora, nei confronti di chi, quando Saddam dava simili dimostrazioni, fece come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. E più delle tre scimmiette, decise pure di appoggiare il dittatore Saddam.
Nulla in contrario, quindi, nel voler inchiodare alle proprie responsabilità il criminale Saddam e chi lo ha colpevolmente sostenuto quando ancora c'era la possibilità di fermarlo.
Ma sapendo, purtroppo, che così non sarà, e dovendo per altro constatare che da parte sua c'è ancora molta voglia di distinguere e di scegliere in un simile panorama di "soggetti pericolosi per la pace", la prego, quanto meno, di evitarci prediche e di assumersi la responsabilità di chiamare le cose con il loro vero nome: tra la forza del diritto e il diritto della forza è più conveniente schierarsi dalla parte del più forte, punto e a capo.
Per quello che umilmente riguarda chi le sta scrivendo, non vi sono altre scelte da compiere se non quella di stare dalla parte del diritto.
Franco Ragusa                        
 
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