15 luglio 2003
E' di ieri l'ennesima brutta figura dell'Italia, al di fuori dei confini,
nella persona di una delle più importanti figure istituzionali del
Paese.
Evidentemente, non contento delle sortite del Presidente del Consiglio
Berlusconi in campo internazionale, anche il Presidente della Camera Casini
ha pensato bene di prodigarsi nell'improbabile difesa dell'indifendibile
di fronte agli ovvi richiami dell'ormai immancabile interlocutore "dispettoso".
Nell'occasione, al cronista slovacco che gli chiedeva del conflitto
d'interessi del Presidente Berlusconi, il Presidente della Camera Casini
ha risposto come neanche un capo partito, figuriamoci quindi la 4°
Carica dello Stato, avrebbe avuto la sfrontatezza di rispondere: «Che
Berlusconi fosse proprietario di televisioni gli italiani lo sapevano anche
prima delle elezioni e l’hanno votato. In democrazia il padrone è
il popolo».
Come capita purtroppo spesso di commentare di fronte a casi simili:
cancellati, con un colpo solo, decenni e decenni di costituzionalismo democratico.
La prima cosa che non si può infatti non constatare, di fronte
a simili "perle di democrazia", è l'ampio spazio dedicato, nelle
costituzioni di tutto il mondo, ai motivi di ineleggibilità e/o
d'incompatibilità; si vedano, ad esempio, gli art. 65, 66, 84, 122,
e 135 della Costituzione italiana.
Secondo il principio enunciato dal Presidente Casini, invece, le questioni
dell'ineleggibilità e dell'incompatibilità potrebbero essere
risolte in modo più sbrigativo e semplice: l'importante è
che gli elettori siano a conoscenza, prima del voto, delle particolari
situazioni personali dei candidati a membro del Parlamento e alle più
alte cariche dello Stato.
Ma paradossalmente, è proprio da questa indiretta "ammissione
dell'esistenza di un problema" che emerge tutta la "stupidità" (nel
senso di negare una cosa con argomenti che, indirettamente, la ripropongono
come vera) dell'affermazione fatta dal presidente Casini: come garantire,
infatti, che tutti gli elettori siano effettivamente consapevoli dell'effettivo
status di ogni candidato, quando ad uno di questi, ad esempio, potrebbe
essere data la possibilità di condizionare e dirigere gran parte
dei mezzi d'informazione?
Il Presidente Casini lo sa benissimo. Gran parte dell'elettorato ha
ben altri problemi che quello di dedicarsi a leggere mazzette di giornali,
seguire lavori parlamentari e quant'altro che solo ai politici di professione
può essere permesso.
Il cittadino comune ha il problema di arrivare alla fine del mese;
s'informa e cerca di informarsi, per il poco tempo e per i mezzi di cui
può in ogni caso disporre, quindi prevalentemente attraverso lo
strumento televisivo, in un ambito rispetto al quale le informazioni potrebbero
essere controllate e dove non potrebbe più esservi una concreta
e reale possibilità di scelta (ragionando per assurdo: il capo del
Governo che possiede tre reti e che può controllare le tre reti
pubbliche in virtù della propria forza parlamentare, per un totale
di sei reti su sei tra quelle che contano).
La maggiore garanzia per la tenuta del sistema democratico, quindi,
non è che al cittadino sia data la possibilità di votare
anche gli ineleggibili (il popolo formalmente sovrano in tutto, anche nel
poter decidere, in ipotesi, di farsi governare da uno stupratore), bensì
che viga un sistema di regole che garantisca l'espressione di un diritto
di voto che si svolga in piena libertà, consapevolezza e correttezza.
Soprattutto, quindi, con un regime di regole che non consenta a nessuno,
di fronte alla possibilità, per alcuni, di poter spostare voti in
virtù del proprio status personale, di condizionare ed alterare
profondamente il risultato elettorale.
Che possa essere riconosciuto o no dal Presidente Casini, in Italia
vige un sistema elettorale di tipo maggioritario in grado di assegnare
la guida del Paese anche per uno scarto di pochi voti: a differenza che
con il proporzionale, anche il semplice spostamento di poche centinaia
di migliaia di voti può fare la differenza.
Quali garanzie di correttezza, allora, per un sistema elettorale fortemente
esposto anche alle manipolazioni più lievi, in modo particolare
nei casi, come è quello italiano, di sostanziale equilibrio tra
gli schieramenti politici?
Non potendo quindi credere che tutto ciò possa sfuggire alla
comprensione del presidente Casini, non rimane che constatare come anche
l'On. Casini si sia dimostrato, prima che uomo delle istituzioni, uomo
di partito in prima fila impegnato per fare gl'interessi politici della
propria parte.
Va però dato atto all'On. Casini di aver scelto il momento giusto
per riproporre un'idea della democrazia da "Repubblica delle banane".
Buttato il sasso, infatti, non c'è stata neanche la necessità
di nascondere la mano o di correggere le cronache giornalistiche: al momento,
ancora non risultano particolari echi alla sortita di Bratislava.
Visto, quindi, lo scarso risalto dato dai media, come anche dalla politica,
al modo a dir poco bizzaro con il quale il Presidente Casini ha liquidato
l'ennesima "provocazione" proveniente da oltre confine sull'assenza di
vere regole di democrazia in Italia, l'unica speranza è che al più
presto, anche al di qua dei confini, si abbia consapevolezza della gravità
delle affermazioni fatte dalla 4° carica dello Stato.
Franco Ragusa