5 marzo 2004
Se tutto andrà secondo le intenzioni del Ministro Urbani, il
Consiglio dei Ministri varerà ben presto nuove norme con le quali
contrastare, ancor più efficacemente, il fenomeno della pirateria
informatica, in modo particolare quella che, attraverso Internet, si svolge
nelle mura di casa.
La pratica di scaricare film, infatti, starebbe mettendo in crisi il
settore audiovisivo di tutto il mondo: intorno ai 4 miliardi di Euro l’anno
la stima del danno arrecato (TG1 ore 13.30 del 04/03/2004).
A leggere certe cifre, l’allarme per la tutela della proprietà
intellettuale, nonché di tutta l’industria cinematografica, appare
ampiamente condivisibile.
Ma ciò che però appare subito in tutta la sua anomalia,
è la mancata corrispondenza tra il presunto danno subito e gl’incassi
in sala che, almeno per i film maggiormente esposti al commercio illegale
(se un film non va bene nelle sale difficilmente sarà possibile
trovarlo nelle strade), non sono mai andati così bene.
Alcuni incassi nel mondo dei film maggiormente sottoposti a pirateria:
Titanic - 1835.4 milioni di $
Il signore degli anelli 3 – 1009 milioni di $
Il signore degli anelli 2 – 924.7 milioni di $
Il signore degli anelli 1 – 860.7 milioni di $
Jurassic Park – 920.1 milioni di $
Alla ricerca di Nemo – 849.8 milioni di $
Harry Potter 1 – 975.8 milioni di $
Harry Potter 2 – 866.4 milioni di $
Limitandoci all’Italia, invece, tra i film più gettonati in rete
e per le strade, troviamo Pieraccioni e la coppia Boldi-De Sica con, rispettivamente:
24.9 milioni di Euro; 19.17 milioni di Euro.
Poi il vuoto, ma questa è una peculiarità tutta italiana
che si ripete tutti gli anni senza che la pirateria c’entri qualcosa.
Visti i dati reali, quindi, come e perché tanto allarme e tanta
dedizione per contrastare una pirateria che non impoverisce nessuno e che,
come ben sanno anche gli allarmisti e come i dati al botteghino dimostrano,
per la maggior parte riguarda un utenza che al cinema non andrebbe comunque?
Quanti di quei 4 miliardi di Euro l’anno sono effettivamente da considerare
un mancato incasso e quanto, invece, un mero ed assurdo calcolo statistico
sulla base delle copie pirata in circolazione di un determinato prodotto?
Applicare l’equazione “una copia pirata = spettatori in meno” è
quanto di più fuorviante si possa fare.
Chi si procura una copia pirata lo fa, principalmente, per due motivi:
il primo, che non ha nulla a che fare con motivazioni specifiche, perché
è facile procurarsela; il secondo, perché non sarebbe in
ogni caso andato al cinema (si tenga presente che per gran parte del materiale
scaricabile si tratta, per lo più, di copie scadenti sotto il profilo
della qualità video e audio).
Paradossalmente, invece, è proprio grazie alla cosiddetta pirateria
che anche chi non va al cinema alla fine, per usare un’espressione ultimamente
in voga, muove l’economia: PC sempre più sofisticati, supporti di
memoria, masterizzatori, collegamenti veloci, ecc., il tutto per anticipare
la visione di un film che verrà rivisto soltanto in TV e del quale,
nel frattempo, non se ne sarebbe sentita la mancanza.
Ma al di là dei paradossi che fanno muovere l’economia, visti
in ogni caso i forti guadagni registrati dall’industria audiovisiva, si
pone il banalissimo problema di come garantire il giusto prezzo e, soprattutto,
il giusto guadagno per produttori, autori e artisti.
Quanti di quei 4 miliardi di Euro che mancano all'appello possono essere
infatti considerati una pretesa ingiustificata?
Non è la pirateria, ma gli alti guadagni di pochi, sia nelle
sale che nel mercato dell’home-video, in un ambito di alti costi per l'utente
finale, la causa principale delle poche risorse destinate dai consumatori
ai prodotti considerati minori.
A ciò si aggiunga l’assurdità di non aver ancora previsto
norme di tutela del diritto di autore che tengano conto anche degli utili
effettivamente realizzati in un dato arco di tempo.
Le attuali leggi di tutela del copyrigth non hanno più senso
in un mercato globale dove una sola scrittrice è in grado di ricavare,
in pochi anni, oltre 200 milioni di dollari di soli diritti d’autore.
Come è assurdo che si debba pagare non meno di 20 Euro anche
per film di vecchia data (in modo particolare sui prodotti per bambini
la speculazione raggiunge livelli indecenti) grazie ai quali chi li ha
prodotti ha già guadagnato l’equivalente di 20 film di nuova uscita.
E’ questa pirateria legalizzata a strozzare la domanda, e non la copia
pirata fatta in casa che tanto angoscia i nostri legislatori.
Su un tale tema, infine, non si può concludere senza un invito
a ricordare, anche a rischio di sembrare demagogici, quali i soggetti che
verranno perseguiti e quali, invece, i soggetti che potranno godere di
una nuove norme di legge a tutela dei loro già ricchi guadagni e/o
compensi professionali. Non soltanto le grandi Major, ma anche, nel loro
piccolo, che poi tanto piccolo non è, visti gl'ingaggi: autori,
attori, personaggi dello sport; ecc.
Per essere chiari: ma è così necessario impegnare il
Parlamento per tutelare gl’interessi di chi guadagna così tanto
da non sapere più neanche quanto?
Franco Ragusa