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Tra pochi giorni la nuova legge elettorale
verrà messa alla prova.
Varata dal centrodestra con il chiaro
fine di limitare i danni per quella che si preannunziava e che ancora si
preannunzia una chiara sconfitta elettorale, la nuova legge elettorale
sembra però già avere i giorni contati.
Da parte dei maggiori leader dello schieramento
di centrosinistra, infatti, provengono chiari segnali in tal senso.
Il candidato Premier Prodi, per altro,
ha chiaramente indicato che la strada da percorrere sarà il ritorno
al maggioritario.
E visto che l'attuale legge è,
a tutti gli effetti, una variante della logica maggioritaria, c'è
da presumere che il centrosinistra voglia tornare ad una sistema maggioritario
fondato sui collegi uninominali.
Non una modifica, quindi, per migliorare
gli aspetti critici della nuova legge elettorale; bensì un ritorno
alla precedente legge elettorale maggioritaria grazie alla quale abbiamo
avuto i Governi e i Ministri che sappiamo e tre legislature che, senza
alcun timore di smentita, verranno ricordate come il momento più
basso della politica italiana.
Certamente, il ceto politico italiano
è quello che è, ma è anche vero che è stato
proprio grazie alla precedente legge elettorale se gli elettori non hanno
avuto reali possibilità d'intervento, attraverso lo strumento del
voto, per cercare di migliorare e rinnovare questa classe dirigente.
E' quindi il caso di riassumere, mettendo anche a confronto la nuova legge con la precedente, gli aspetti più odiosi attraverso ai quali agli elettori sono stati sottratti anche quei minimi livelli di democrazia e reale intervento decisionale che una legge elettorale dovrebbe garantire.
In primo luogo è il caso di soffermarsi
sulle reali differenze tra la vecchia e la nuova legge elettorale.
Sotto l'aspetto lessicale queste differenze
potrebbero sembrare abissali, vista la definizione impropria di "legge
elettorale proporzionale" in relazione alla nuova legge.
Ma la nuova legge, per l'appunto, contrariamente
alla definizione data, negli effetti concreti è di tipo maggioritario,
in quanto in grado di assegnare al vincitore (sia esso coalizione o singolo
partito) la maggioranza dei seggi parlamentari. Nel caso che nessun partito
o coalizione riesca a raggiungere l'assegnazione di almeno 340 seggi alla
Camera (il 55%), al partito o alla coalizione che avrà ottenuto
un voto in più degli altri verrà assegnato un premio di seggi
sino al raggiungimento di questa quota.
Per l'assegnazione della maggioranza parlamentare,
quindi, il sistema è tipicamente maggioritario, allo stesso modo
dei collegi uninominali, dove la vittoria del collegio si ottiene indipendentemente
dal raggiungimento di una data quota percentuale, ma semplicemente ricevendo
un voto in più degli altri.
Entrambi i sistemi determinano il vincitore
attraverso il medesimo meccanismo: chi ottiene un voto in più, al
50,1% o al 30% non fa alcuna differenza, prende l'intera posta.
Continuare a definire, quindi, l'attuale
legge elettorale di tipo proporzionale, serve soltanto per alimentare la
confusione.
Tanto più che anche per l'assegnazione
dei restanti seggi agli sconfitti, il sistema prevede sì la ripartizione
di tipo proporzionale, ma anche delle soglie di sbarramento. Sommando
quindi le due cose, premio di maggioranza e quote di sbarramento, della
logica proporzionale rimane decisamente nulla.
Quando e come, allora, la nuova legge interviene
con meccanismi tipicamente proporzionali?
Ed è rispondendo a questa domanda
che si scoprono i motivi di tanto astio nei confronti della nuova legge
elettorale.
Una volta assegnate le quote di seggi
spettanti alle singole coalizioni con il meccanismo sopra descritto, la
distribuzione dei seggi all'interno delle coalizioni si fa con metodo proporzionale.
E chi è che decide, quindi, come
questi seggi debbano essere distribuiti all'interno delle coalizioni?
I partiti? Le segreterie di partito? Il
"mercato delle vacche" che abbiamo conosciuto in fase di assegnazione dei
collegi uninominali nelle ultime tre elezioni?
No, nulla di tutto questo.
Bestemmia delle bestemmie: GLI ELETTORI.
Il voto alla coalizione, infatti, si esercita
attraverso il voto ad una delle forze politiche che sostengono la medesima
coalizione.
In altre parole, gli elettori non soltanto
possono scegliere la coalizione che ritengono più idonea a governare
il Paese, ma anche la forza politica che meglio potrebbe rappresentarli
all'interno della coalizione.
Certamente, il meccanismo andrebbe migliorato
consentendo all'elettore di poter scegliere anche un candidato, e questo
per evitare che le segreterie di partito possano imporsi all'elettore non
consentendogli altra scelta.
Di sicuro, però, a differenza della
precedente legge elettorale, con la nuova legge l'elettore gode di maggiore
libertà di voto.
Sceglie la coalizione e sceglie all'interno
della coalizione non subendo il ricatto del "prendere o lasciare" tipico
del sistema dei collegi uninominali.
E chi in questi ultimi anni ha votato
per candidati sconosciuti, o anche per candidati che non gli piacevano,
o che alla fine è stato costretto al non voto perché il voto
alla coalizione avrebbe significato un voto anche per il candidato non
desiderato, sa bene di quale libertà di voto in più può
oggi disporre rispetto al passato.
Di quale libertà di scelta si può
infatti parlare se per votare un programma di governo o una data coalizione
si è anche costretti a votare l'unico candidato che si ha a disposizione?
Le liste dei candidati dei collegi uninominali
proposti dalle coalizioni non erano forse liste bloccate?
Con i collegi uninominali l'elettore non
sceglie alcun candidato, perché questa scelta la fanno per lui gli
accordi di partito, anche a volerli mascherare con l'uso delle primarie.
Con i collegi uninominali l'elettore non
può cambiare di una virgola gli equilibri interni alle coalizioni,
perché questi equilibri si decidono altrove, nell'assegnazione ad
ogni forza politica di un Tot di collegi.
Paradossalmente, a chi oggi dice che con
la nuova legge gli elettori hanno perso la possibilità di scegliere
i propri candidati perché le liste dei candidati sono bloccate,
si può tranquillamente rispondere che oggi vi è la possibilità
di votare la coalizione scegliendo tra tanti candidati quanti sono i gruppi
di candidati di ogni lista che appartengono alla coalizione e che possono
presumibilmente aspirare ad essere eletti.
Le liste che hanno presentato candidati
"impresentabili" sanno bene che gli elettori potrebbero per questo motivo
non votarle senza con ciò danneggiare l'intera coalizione, perché
non dovrebbero far altro che scegliere un'altra lista della medesima coalizione
con candidati più presentabili.
Con i collegi uninominali non c'era invece
alcuna possibilità di scelta: se non si votava il candidato impresentabile
si danneggiava l'intera coalizione, per cui alla fine si era costretti
a votarlo.
Sbalordiscono non poco, quindi, questi
continui attacchi alla nuova legge elettorale, da parte dei leader di centrosinistra,
portando a parametro di confronto i pregi di una legge elettorale sciagurata
e antidemocratica che abbiamo avuto la sfortuna di conoscere e subire.
Ma per non rimanere maggiormente colpiti
da stupore, è bene non correre rischi e per il prossimo passaggio
elettorale è di vitale importanza che vengano sfruttate tutte le
opportunità che la nuova legge elettorale consente.
Del Governo Berlusconi e delle leggi fatte
dalle sua maggioranza non c'è praticamente nulla da salvare se non,
paradossalmente, la nuova legge elettorale.
Come e perché il centrodestra sia
stato costretto a questo passaggio, che potremmo definire di salvaguardia
dei diritti delle minoranze, è sin troppo chiaro.
Di fronte alla prevedibile sconfitta elettorale,
da un lato si è voluto evitare quanto successo alle elezioni del
2001, dove nonostante i pochi voti di differenza il centro-destra riuscì
ad ottenere larghissime maggioranze parlamentari (il 56,2% dei seggi del
Senato con il 42,5% dei voti e il 59,4% dei collegi uninominali per la
Camera con il 45,4% dei voti); dall'altro lato per cercare di aprire delle
contraddizioni all'interno dello schieramento di centrosinistra che ha
presentato un candidato Premier di fatto esterno ai partiti che lo hanno
candidato.
Non c'è quindi da farsi illusioni:
passata la congiuntura politica eccezionale, nulla di più normale
che, trasversalmente ai due schieramenti, possa ricrearsi una maggioranza
parlamentare che riporterà indietro il paese.
Le riforme "condivise" con l'opposizione,
di cui tanto si parla, possono anche significare, infatti, il tradimento
degli alleati al proprio interno.
La ricerca del punto d'incontro con l'opposizione
per evitare di trovarlo al proprio interno.
Del resto, si tratterebbe di un film già
visto: con Prodi al governo, come dimenticare il progetto di presidenzialismo
votato dalla Bicamerale presieduta dall'On. D'Alema?
Per cercare d'impedire tutto ciò
non vi è quindi altra scelta: gli elettori del centrosinistra possono
oggi votare per la sconfitta del centrodestra senza consegnare deleghe
in bianco ai vari Prodi, D'Alema, Fassino, Rutelli o a chiunque altro voglia
ritrascinarci nella deriva maggioritaria che ha condizionato tutta la politica
istituzionale dell'ultimo quindicennio.
E' un'occasione da non perdere, probabilmente
irripetibile, in modo particolare se non sfruttata ora che ve n'è
la possibilità.
Franco Ragusa
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