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Franco Ragusa
Dopo aver assistito ad una campagna elettorale
referendaria di bassissimo profilo, alcune considerazioni sono d'obbligo.
Tra i due schieramenti in campo, va dato
atto, il centrodestra si è mosso in maniera compatta e convincente
per difendere le ragioni per il Sì.
Messaggi chiari e, soprattutto, senza
possibilità di fraintendimenti sul dopo.
Il centrodestra ha fatto una riforma attraverso
la quale la "forma di governo parlamentare" viene abrogata, con un Parlamento
sottoposto alla continua minaccia dello scioglimento anticipato e dove
l'opposizione è inutile che voti la fiducia o la sfiducia al Primo
Ministro in quanto i suoi voti non verranno conteggiati. Ha chiamato tutto
questo elezione diretta del Primo Ministro, premierato forte, norme antiribaltone,
riduzione dei parlamentari e per questo ha chiesto agli elettori di votare
Sì "senza se e senza ma".
E' stata fatta una riforma che riorganizza
il federalismo voluto dall''Ulivo senza però correggerlo negli aspetti
peggiori. Il centrodestra vuole i cittadini di serie A e di serie B e ha
ribadito ciò lasciando immutate le norme per le quali lo Stato può
intervenire non per garantire le eguali condizioni di vita, ma per garantire
la sola tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali (Titolo V vigente dal 2001). Anziché
poi risolvere alla fonte i problemi di conflittualità che riguardano
la corretta ripartizione delle competenze legislative fra lo Stato e le
Regioni, è stata fatta una riforma che assegna e sottrae competenze
alle Regioni attraverso una forma di controllo politico, l'interesse nazionale
da sottoporre al vaglio del Parlamento, che inevitabilmente produrrà
motivi di tensione e ... già si sentono i fazzoletti verdi gridare
alla secessione contro il prepotere di Roma ladrona.
Hanno chiamato tutto questo Devolution
e per questo hanno chiesto agli elettori di votare Sì "senza se
e senza ma".
Di fronte ad uno stravolgimento della Costituzione
di tale portata quale l'atteggiamento del fronte del NO?
Dal Presidente della Repubblica Napolitano
sino a tutta l'area dell'Ulivo è stato un coro: Se vince il No
si cambia.
Ma si cambia come?
Si cambia per rivedere il Titolo V varato
nel 2001, scrivendo a chiare lettere che federalismo solidale vuol dire
garantire le eguali condizioni di vita, o per realizzare il federalismo
fiscale in un ambito nel quale una volta garantiti i livelli essenziali
delle prestazioni chi è più ricco diventa più ricco
e chi è più povero si deve accontentare del minimo garantito?
Si cambia per non avere più un
super-Premier, quale è stato Berlusconi nella scorsa legislatura,
in grado di imporre e far votare al Parlamento un numero incredibile di
leggi "ad personam", o per consegnare al possibile futuro Governo-Berlusconi
poteri ancora più ampi?
A questo tipo di domande, purtroppo, ribadita
in ogni sede da parte del coro l'esigenza di cambiare la Costituzione in
tempi rapidi con il contributo del centrodestra, non sono arrivate risposte
chiare.
Non è però questo un buon
motivo per sentirsi demotivati e per scegliere di non recarsi ad esprimere
un No convinto al Referendum del 25-26 giugno.
Fermiamoli con il NO oggi per darci la
possibilità di fermarli anche domani.
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