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Riforme.net  -  30 giugno 2006
 
Sul rifinanziamento della missione militare in Afghanistan il Referendum costituzionale tradito

Franco Ragusa
 
Soltanto 4 giorni fa l'eccezionale voto referendario con il quale la maggioranza degli elettori ha rispedito al mittente il progetto di riscrittura costituzionale che aveva come scopo il superamento della Forma di Governo Parlamentare.
Il 25 e 26 giugno  è stato infatti chiesto agli elettori se volevano un Parlamento facilmente ricattabile e soggetto al facile scioglimento e la risposta è stata un fragoroso No.
Il centrodestra ha portato avanti il chiaro tentativo di vincolare i meccanismi istituzionali ad una logica bipolare ingessata, per costringere il corpo elettorale a dover subire (non accettare) la logica del tutti di qua o tutti di là, e la risposta è stata il rifiuto del rigido meccanismo bipolare.
Il risultato del referendum non si presta infatti ad alcun equivoco: sono rimasti in pochi a credere alla favola del "modernismo" demagogico per la quale a milioni di elettori può essere possibile esprimere una chiara ed univoca volontà di governo che possa giustificare l'adozione di superpoteri nelle mani dell'Esecutivo.
Come singoli elettori, con in mano una matitina una volta ogni 5 anni, sappiamo bene di non avere molti diritti da "far valere" di fronte ad una ridottissima offerta politica, o di qua o di là, prendere o lasciare, quale è quella dei sistemi bipolari.
"Mandare a casa Berlusconi", così come è stato per la stragrande maggioranza degli elettori che alle ultime elezioni ha scelto l'Unione, può  infatti aver significato, anche, un'adesione totale circa il fare e non fare sulla base di ben 281 pagine di programma?
Evidentemente no, e questa è una realtà sin troppo semplice per non essere vista. Nessuno si sognerebbe di firmare un simile "contratto capestro" se non perché costretto dai meccanismi della legge elettorale o da meccanismi costituzionali quali quelli che erano contenuti nella riscrittura costituzionale proposta dal centrodestra.
E a chi infatti ci ha chiesto d'inserire in Costituzione meccanismi antiribaltone contro la dialettica della forma di governo parlamentare, una sorta d'inscindibile "patto con il Diavolo", abbiamo risposto che non abbiamo alcuna intenzione di concedere poteri eccezionali per realizzare programmi di Governo che non è ragionevole pensare possano essere sottoscritti nella loro totalità ma che, sappiamo tutti bene, non è possibile fare a meno di votare.

Ma come se tutto questo non fosse però avvenuto, neanche 100 giorni di governo di centrosinistra ed eccole le prime minacce di scioglimento del Parlamento, le prime intimidazioni rivolte ai parlamentari della maggioranza.
Dai talebani della logica bipolare, dei quali il Ministro Parisi è certamente uno dei più illustri rappresentanti, un messaggio chiaro ed inequivocabile: "Se la maggioranza di centrosinistra venisse meno sull'Afghanistan sarebbe necessario tornare alle urne e sciogliere il Parlamento".
Al primo passaggio parlamentare difficile, quindi, su una questione che investe profondamente le coscienze, la pretesa di piegare la "forma di Governo parlamentare" alle esigenze del potere esecutivo. Il feticcio del "programma di governo, sottoscritto dalle forze politiche e votato dagli elettori, che impone il fare come il non fare.
La questione del "non" rifinanziamento della missione militare in Afghanistan non è contenuta nelle 281 pagine del programma dell'Unione e, quindi, nessuna possibilità che la maggioranza eletta, per larghissima parte, grazie al contributo del popolo della pace, possa rimettere in discussione quanto sinora fatto dal precedente governo di centrodestra. Ma soprattutto, nessuna libertà di coscienza e libertà di voto per i singoli parlamentari.
A chi osa infatti schierarsi a sostegno del sentimento diffuso tra chi ha votato il centrosinistra, la minaccia dello scioglimento del Parlamento e del tutti a casa, così come sarebbe stato se fosse passata la riscrittura della Costituzione che è stata bocciata soltanto 4 giorni fa.


 
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