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Franco Ragusa
Soltanto 4 giorni fa l'eccezionale voto
referendario con il quale la maggioranza degli elettori ha rispedito al
mittente il progetto di riscrittura costituzionale che aveva come scopo
il superamento della Forma di Governo Parlamentare.
Il 25 e 26 giugno è stato
infatti chiesto agli elettori se volevano un Parlamento facilmente ricattabile
e soggetto al facile scioglimento e la risposta è stata un fragoroso
No.
Il centrodestra ha portato avanti il chiaro
tentativo di vincolare i meccanismi istituzionali ad una logica bipolare
ingessata, per costringere il corpo elettorale a dover subire (non accettare)
la logica del tutti di qua o tutti di là, e la risposta è
stata il rifiuto del rigido meccanismo bipolare.
Il risultato del referendum non si presta
infatti ad alcun equivoco: sono rimasti in pochi a credere alla favola
del "modernismo" demagogico per la quale a milioni di elettori può
essere possibile esprimere una chiara ed univoca volontà di governo
che possa giustificare l'adozione di superpoteri nelle mani dell'Esecutivo.
Come singoli elettori, con in mano una
matitina una volta ogni 5 anni, sappiamo bene di non avere molti diritti
da "far valere" di fronte ad una ridottissima offerta politica, o di
qua o di là, prendere o lasciare, quale è quella dei
sistemi bipolari.
"Mandare a casa Berlusconi", così
come è stato per la stragrande maggioranza degli elettori che alle
ultime elezioni ha scelto l'Unione, può infatti aver significato,
anche, un'adesione totale circa il fare e non fare sulla base di ben 281
pagine di programma?
Evidentemente no, e questa è una
realtà sin troppo semplice per non essere vista. Nessuno si sognerebbe
di firmare un simile "contratto capestro" se non perché costretto
dai meccanismi della legge elettorale o da meccanismi costituzionali quali
quelli che erano contenuti nella riscrittura costituzionale proposta dal
centrodestra.
E a chi infatti ci ha chiesto d'inserire
in Costituzione meccanismi antiribaltone contro la dialettica della forma
di governo parlamentare, una sorta d'inscindibile "patto con il Diavolo",
abbiamo risposto che non abbiamo alcuna intenzione di concedere poteri
eccezionali per realizzare programmi di Governo che non è ragionevole
pensare possano essere sottoscritti nella loro totalità ma che,
sappiamo tutti bene, non è possibile fare a meno di votare.
Ma come se tutto questo non fosse però
avvenuto, neanche 100 giorni di governo di centrosinistra ed eccole le
prime minacce di scioglimento del Parlamento, le prime intimidazioni rivolte
ai parlamentari della maggioranza.
Dai talebani della logica bipolare, dei
quali il Ministro Parisi è certamente uno dei più illustri
rappresentanti, un messaggio chiaro ed inequivocabile: "Se la maggioranza
di centrosinistra venisse meno sull'Afghanistan sarebbe necessario tornare
alle urne e sciogliere il Parlamento".
Al primo passaggio parlamentare difficile,
quindi, su una questione che investe profondamente le coscienze, la pretesa
di piegare la "forma di Governo parlamentare" alle esigenze del potere
esecutivo. Il feticcio del "programma di governo, sottoscritto dalle forze
politiche e votato dagli elettori, che impone il fare come il non fare.
La questione del "non" rifinanziamento
della missione militare in Afghanistan non è contenuta nelle 281
pagine del programma dell'Unione e, quindi, nessuna possibilità
che la maggioranza eletta, per larghissima parte, grazie al contributo
del popolo della pace, possa rimettere in discussione quanto sinora fatto
dal precedente governo di centrodestra. Ma soprattutto, nessuna libertà
di coscienza e libertà di voto per i singoli parlamentari.
A chi osa infatti schierarsi a sostegno
del sentimento diffuso tra chi ha votato il centrosinistra, la minaccia
dello scioglimento del Parlamento e del tutti a casa, così come
sarebbe stato se fosse passata la riscrittura della Costituzione che è
stata bocciata soltanto 4 giorni fa.
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