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Riforme.net  -  06 agosto 2007
 
Il Kenya non è l'Iran

Curiosa avventura quella che stanno vivendo due nostri connazionali, operatori cinematografici (Silvano Scasseddu e Francesco Papa), bloccati in Kenya con la grave, quanto inconsistente, accusa di traffico di armi (di plastica).
La vicenda, di per sé (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/08_Agosto/01/italiani_kenya_tribunale.shtml), non presenta lati oscuri che possano in qualche modo consigliare prudenza. Tanto che, ad eccezione del silenzio di pochi operatori dell'informazione (casualmente vicini al "Governo amico"?), gran parte della stampa e delle TV ha acceso i riflettori sul caso informando su di una storia rispetto alla quale la macchina diplomatica italiana non ha di fatto preso una sola iniziativa per indurre lo Stato del Kenya al rispetto dei diritti di due cittadini italiani.

Non una nota ufficiale, ad esempio, per scoraggiare altri italiani, sia per lavoro che per turismo, a recarsi in un paese dove due lavoratori dipendenti possono finire in galera, ed essere poi costretti ad attendere lunghi tempi processuali, per delle armi di plastica sdoganate a cura della società datrice di lavoro quando queste due persone ancora si trovavano in Italia in attesa d'iniziare il rapporto di lavoro.

Non una menzione sui siti internet a cura del Ministero degli Esteri (http://www.viaggiaresicuri.mae.aci.it/?id=1711 - http://www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/Servizi/Italiani/Unita_Crisi) dove in genere  simili informazioni dovrebbero essere ben evidenziate.

Non un'iniziativa diretta, perché no? vista l'assurdità dell'intera vicenda, da parte del Ministro D'Alema o del Presidente Prodi.

Evidentemente, quanto può avvenire in Kenya a danno di due cittadini italiani non merita il rischio di un incidente diplomatico, quale quello che si è invece scatenato in seguito alle giustissime critiche rivolte dal Premier Prodi nei confronti della recrudescenza della pena capitale in Iran.
Certamente, nella scala dei valori della realpolitik le due questioni non sono minimamente paragonabili.
Qualcuno, però, dovrebbe provare a spiegarlo ai due malcapitati, Silvano Scasseddu e Francesco Papa, colpevoli soltanto di aver accettato un breve lavoro all'estero alle dipendenze di una società che ha chiaramente mostrato di non avere tutti i numeri e le qualità per poter affrontare un'impresa lavorativa all'estero.

 Franco Ragusa



Aggiornamento
Sorrisi e canzoni TV   23-08-2007

Finalmente liberi i due italiani trattenuti in Kenya
Francesco Papa e Silvano Scasseddu, componenti della troupe che ha girato il thriller «The African Game» con Luca Ward, si preparano a tornare in Italia. Decisivi gli interventi di Flavio Briatore, Emilio Fede e Naomi Campbell

È finita l’odissea di Francesco Papa e Silvano Scasseddu, i due italiani arrestati in Kenya lo scorso 18 luglio durante le riprese del thriller «The African Game», di cui è protagonista Luca Ward. Papa è uno dei produttori del film, mentre Scasseddu è un mago degli effetti speciali. L'accusa contro di loro, importazione illegale di armi, si riferiva alle repliche (in gomma e plastica) di fucili e pistole usati per le riprese. Armi finte, dunque, regolarmente importate dall'Italia, ma sdoganate senza il necessario permesso. Da qui, l'intervento della polizia.
La situazione si è sbloccata nelle ultime ore grazie all’intervento del governo italiano e all’interessamento di tre personaggi noti: Emilio Fede, Flavio Briatore e Naomi Campbell.
Il primo, amico di Papa, ha chiesto con decisione l’interessamento dell’amico Briatore, che in Kenya ha una lussuosa residenza e interessi economici. La fotomodella, anni fa compagna dello stesso Briatore, ha scritto un accalorato appello sulle pagine del «Sunday Nation», il più letto quotidiano domenicale del Kenya.
«Tutti questi fattori hanno contribuito alla nostra liberazione e alla restituzione dei nostri passaporti» spiega Papa, che attualmente si trova ancora in Kenya con Scasseddu in attesa di imbarcarsi su un volo per Nairobi. Da qui i due cercheranno nelle prossime ore il primo volo per l’Europa. «Sentiamo il bisogno di ringraziare i politici italiani che si sono occupati della questione, e in particolare gli onorevoli Antonio Satta e Nino Strano, che si sono spesi per noi. La nostra gratitudine va in pari misura a loro, all’Ambasciata, a Fede, a Briatore e anche alla Campbell».
«Durante l’arresto siamo stati in cella tre giorni, e non posso negare che a un certo punto abbiamo iniziato ad avere paura. Eravamo incriminati per un reato che in Kenya prevede fino a 14 anni di reclusione e non potevamo essere certi che l’evidenza dei fatti emergesse in tutta la sua chiarezza».
Nonostante le riprese del film «The African Game» siano state nel frattempo completate a Cinecittà («senza di noi, ma il cinema è così: nessuno è indispensabile»), Francesco Papa ha intenzione di tornare presto in Kenya. «Si è trattato solo di un incidente. La gente è ospitale e il paesaggio è magnifico. Mi piacerebbe tornare con mio figlio per fare un bel safari» conclude Papa.
Papa e Scasseddu sono attesi in Italia già domani.


 
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