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Riforme.net  -  23 gennaio 2008
 
Crisi di governo: applicando la Costituzione, Prodi può dar vita alla prima e vera riforma costituzionale per dare forza al Premier

Franco Ragusa

Applicare la Costituzione per riformare la Costituzione stessa. Questo, in sostanza, è quanto "in parte" sta avvenendo con la decisione di Prodi di rivolgersi alle Camere per verificare la fiducia al suo governo, piuttosto che, come sempre avvenuto in passato, aprire l'ennesima crisi extra-parlamentare; o più esattamente, l'ennesima crisi extra-costituzionale.
Ma perché, nel caso specifico, applicando la Costituzione dovremmo trovarci di fronte a qualcosa di così nuovo da poterla considerare una vera e propria riforma costituzionale della quale si sentiva la necessità?
Per il semplice motivo che un principio scritto, ma "non applicato", non può produrre conseguenze. Negli anni, quindi, di mancata applicazione in mancata applicazione, si è via via imposta una "Costituzione materiale" ben diversa da quella che l'Assemblea costituente ci ha lasciato in eredità.
Nei casi delle crisi di governo determinate dal venire meno del sostegno di alcune forze interne alla maggioranza, ad esempio, quasi mai ciò è stato provocato da una corretta procedura costituzionale, e cioè attraverso il ricorso della mozione di sfiducia da parte dei parlamentari della maggioranza; bensì, come giustamente evidenziato da Prodi, dal chiacchiericcio sui mezzi di informazione.

A prima vista, questa differenza di prassi potrà sembrare una questione meramente formale, ma così non è.
Nel caso di esplicita mozione di sfiducia le forze politiche si assumono la piena e palese responsabilità, di fronte a tutto il paese e ai propri elettori, di far cadere un governo al quale avevano partecipato.
Nel caso, invece, del Premier che consegna le dimissioni in assenza di esplicita sfiducia parlamentare, si perdono di vista le responsabilità a monte, ma anzi, l'impressione è quella di trovarsi di fronte all'ennesima figura debole che si fa da parte o che è pronta per subire l'ennesimo ricatto.
E' da questa prassi, tipicamente democristiana (le crisi di governo delle prima Repubblica si svolgevano all'esterno del Parlamento in quanto erano per lo più provocate dai dissidi interni alla DC, piuttosto che dal comportamento delle forze minori), che in gran parte deriva la figura debole del Premier e il potere di ricatto delle singole forze politiche non chiamate ad assumere la piena responsabilità dei propri comportamenti.

Bene ha fatto Prodi, quindi, a non rinunziare ai passaggi parlamentari attraverso i quali le forze politiche interne alla maggioranza dovranno prima spiegare e poi votare i motivi per cui il Governo non può più da loro essere sostenuto.
Male però fa Prodi a non andare sino in fondo secondo il dettato Costituzionale.
Chi vuole infatti far cadere il Governo non deve far altro che presentare una mozione di sfiducia, perché in assenza di mozione di sfiducia è bene che si sappia: il Governo va avanti per la sua strada nel pieno possesso di tutte le sue prerogative costituzionali.

Per quanto a metà, in ogni caso la decisione di Prodi potrebbe far respirare aria nuova al paese. Un'aria di legalità costituzionale della quale si sente un estremo bisogno, non tanto sotto il profilo del rispetto formale, quanto per la necessità di divenire un "Paese responsabile" dove non vi sia più spazio per i giochini politici da corridoio e dove tutti siano chiamati a rispondere delle proprie azioni.

 

 
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