Siamo alle solite: da un lato
la
giustissima critica all'attuale legge elettorale, il Porcellum;
dall'altro, però, l'apertura di scenari, tra i quali anche un
ritorno
alla precedente legge elettorale, il Mattarellum, chiaramente
finalizzati a non restituire alcun potere di scelta effettiva agli
elettori.
Una sorta di bue che dice cornuto all'asino, con la
convinzione che, pur di cambiare, la gggente con 3 G finirà per
cadere
nella medesima trappola che nel '93 la convinse a passare dal
proporzionale puro ad un maggioritario di collegi uninominali per il
75% e recupero del restante 25% su base proporzionale (questo il
risultato effettivo del referendum del '93 che, è bene ricordare
e
sottolineare, si svolse per la sola legge elettorale del Senato).
Ricordare il risultato
referendario
del '93 è peraltro doveroso, non tanto per rafforzare la
convinzione
che quella era ed è ancora la strada indicata dagli elettori,
anzi,
esattamente il contrario: da allora molta acqua è passata sotto
i ponti
ed altri 3 successivi referendum elettorali, chiaramente indirizzati a
rendere il sistema sempre più maggioritario e bipartitico, sono
stati
bocciati attraverso la non partecipazione al voto.
Ma si sa, in Italia il popolo
è sovrano a fasi alterne, per cui a volte va ascoltato, altre,
per il suo bene, un po' meno.
Ma cerchiamo di capire come potrebbe concretizzarsi il presunto bene
degli italiani nel caso si dovesse tornare al Mattarellum.
Liste bloccate.
Il
Porcellum, come si sa, non permette di scegliere i propri
rappresentanti. Le liste sono bloccate, per cui l'elettore può
soltanto
votare il partito.
Sono i vertici del partito a scegliere, prima delle elezioni, chi
andrà in Parlamento.
Un
meccanismo antidemocratico che, da solo, dovrebbe spingere a mettere
mano alla legge elettorale ma che, va però detto, non aggiunge
nulla di
nuovo a quanto era già in vigore con la precedente legge
elettorale.
Anche
con il Mattarellum, infatti, la seconda scheda per la Camera per
l'elezione della quota proporzionale era bloccata e non consentiva il
voto di preferenza.
Ma peggio ancora, questo meccanismo di decisioni
imposte dall'alto lo si subiva, in modo maggiore, con la scheda per
l'elezione del candidato uninominale. L'elettore convintamene di
centrosinistra o di centrodestra non aveva altre possibilità che
votare
il candidato che si ritrovava davanti, quale che fosse, pena la
vittoria della coalizione opposta.
Del resto, se l'obiettivo della
contesa elettorale è quella di votare per il Governo e un
determinato
programma, ha ben poco senso parlare di voto alle persone: si vota il
partito o la coalizione in grado di ottenere la maggioranza in
Parlamento. Il resto è solo fumo negli occhi per nascondere il
fatto
che i candidati dei collegi uninominali non sono scelti dagli elettori,
bensì dal ristretto circolo dei padroni delle liste.
I candidati
uninominali sono infatti una lista bloccata a tutti gli effetti,
perché
mai e poi mai un elettore che ha come obiettivo la vittoria (o la
sconfitta) di un determinato programma di governo potrebbe scegliere un
candidato diverso da quello propostogli dal partito o dalla coalizione
di riferimento.
Paradossalmente, invece, con il Porcellum l'elettore
potrebbe avere più possibilità di scelta. Nel caso,
infatti, si
dovessero formare delle coalizioni, l'elettore ha quanto meno la
possibilità di dare più o meno forza a questo o quel
partito. Nel caso,
cioè, di un voto indirizzato verso uno dei partiti coalizzati,
con il
Porcellum, diversamente dal Mattarellum, sono gli elettori a decidere
se e quanti parlamentari di un dato partito potranno sedere in
Parlamento e non il mercato delle vacche che si svolge prima delle
elezioni nei corridoi delle segreterie.
Premio di maggioranza
Il
Porcellum prevede che alla lista o alla coalizione vincente vengano
assegnati un numero di seggi, variabile, al fine di farle avere
un'adeguata maggioranza parlamentare, su base nazionale alla Camera, su
base regionale al Senato.
Sotto il profilo degli effetti concreti possiamo quindi ben parlare di
una legge elettorale di tipo maggioritario.
Estremizzando
poi le situazioni, per ipotesi potremmo anche avere un'elezione con tre
coalizioni intorno al 30%, per cui la coalizione vincente, con poco
più
del 30%, potrebbe ottenere un premio di maggioranza di oltre il 20%.
E'
sin troppo evidente come tale meccanismo di "addizione e corrispondente
sottrazione" dei seggi potrebbe facilmente determinare, in una
situazione con più di 2 liste o coalizioni di peso, situazioni
intollerabili sotto il profilo della ripartizione dei seggi.
Non a
caso, anche la Corte Costituzionale ha avuto modo di puntare l'indice
contro un sistema che assegna la maggioranza dei seggi senza che sia
previsto il raggiungimento di una soglia minima e che, mi permetto di
aggiungere, di logica maggioritaria in logica maggioritaria sta
allontanando molti elettori dalla politica, con quote di partecipazione
al voto via via sempre più basse.
Alle ultime elezioni, tanto per
fare un esempio, è stato sufficiente ottenere il 36% di favore
degli
aventi diritto per conquistare una larga maggioranza parlamentare. In
altre parole, oggi il popolo sovrano, costituito da circa il 64% degli
aventi diritto, è governato da una coalizione sostenuta da una
minoranza di elettori che supera di poco il 36% degli aventi diritto.
Ancora una volta, però, il confronto con la precedente legge
elettorale non ci è di alcun conforto.
Anche
con i collegi uninominali, infatti, è possibile poter acquisire
seggi
con basse percentuali: l'importante è arrivare primi, al 50% o
al 10%
non fa differenza ai fini dell'assegnazione del collegio al primo
arrivato.
Anche con il Mattarellum, quindi, tenendo conto dei soli
voti validi, c'è stato modo di arrivare a conseguire molti
più seggi
dei voti effettivamente ottenuti, con quelli che potremmo definire
premi di maggioranza variabili che per l'esperienza passata hanno
facilmente superato il tetto del 10%.
Nel 2001, con la presenza di 2
sole coalizioni, senza, cioè, la presenza di terzi incomodi di
peso
come avvenuto per le elezioni del 1994, il premio di maggioranza fu di
circa il 14%.
In presenza di terzi incomodi di peso, invece, nel
1994 si è arrivati a ben il 19% (addirittura ad un +24% tenendo
conto
dei soli risultati delle due coalizioni del centro destra, non tenendo
cioè conto della dispersione dei voti provocata dalla scelta di
AN di
presentarsi da sola nei collegi del Nord). Allo stesso tempo, una forza
politica al 15,6% si vide assegnare, sempre per la quota maggioritaria
alla Camera, un misero 0,8% di seggi uninominali. Ed è questo
l'altro
aspetto che più dovrebbe far riflettere.
Soffocare sul nascere ogni
istanza politica di peso che potrebbe portare contenuti nuovi
attraverso i meccanismi di conta di tipo maggioritario, infatti, non
può che condurre all'ingessatura dell'intero sistema politico.
Soglie di sbarramento
Il Porcellum prevede una soglia di sbarramento del 4% alla Camera e
l'8% al Senato per i partiti non coalizzati.
L'obiettivo
è chiaramente quello di forzare i piccoli e medi partiti ad
entrare
nelle coalizioni maggiori, pena il mancato superamento del quorum
d'ingresso e pena il mancato godimento del "premio di maggioranza".
C'è
però da tenere conto di quanto successo alle ultime elezioni,
dove i
partiti maggiori hanno deciso di concorrere sostanzialmente da soli,
riducendo al minimo le alleanze.
Gli effetti sono sotto gli occhi di
tutti, con un'opposizione a sole tre voci, PD, IDV e UDC, di cui due
molto moderate e spesso in sintonia, nella sostanza, con la
maggioranza. Si veda, ad esempio, la vicenda del ricatto Fiat ai
lavoratori di Pomigliano, con un Governo totalmente dalla parte della
Fiat e a favore dello svolgimento di un assurdo referendum, e con
l'opposizione che ha espresso il suo massimo del dissenso con una
dichiarazione di Bersani: "la Fiat avrebbe potuto fare di più".
In
tal senso, quindi, l'attuale legge elettorale non solo si pone
l'obiettivo di garantire i numeri per la governabilità, ma anche
quello
di azzerare le voci dell'opposizione laddove i partiti minori vengano
tagliati fuori dalle coalizioni.
Che ci azzecca? verrebbe da dire.
Il problema, però, è che il Mattarellum non è per
nulla da meno anche sotto questo aspetto.
In
assenza di larghe coalizioni o di accordi di desistenza, infatti,
e stante la quota di sbarramento al 4% per la parte proporzionale, la
possibilità di ottenere seggi, da parte dei partiti minori, sono
ridottissime in entrambe le quote.
Ma non solo.
Come si è avuto modo di vedere, nel
'94 il Patto per l'Italia ottenne solo 4 seggi nei collegi uninominali
nonostante un risultato di tutto rispetto: 15,6%.
Per concludere, se l'obiettivo
è quello
di riparare alle storture del Porcellum, non è certo
riproponendo il
ritorno al Mattarellum che i problemi possono essere risolti.
C'è
sicuramente un'urgenza democratica e la necessità di restituire
agli
elettori la possibilità di esprimersi senza forzature e trucchi
contabili in grado di annullare o ridurre la quota di sovranità
che
spetta ad ogni singolo elettore.
La soluzione è a portata di mano e
fa parte del DNA di una Costituzione pensata e nata con un'idea di
democrazia fondata sul più semplice ed efficace dei pricipi: una
testa,
un voto.