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Riforme.net  -  20 marzo 2011
 
Articolo 11: l'Italia ripudia la guerra e anche l'ONU


di Franco Ragusa 

In perfetta continuità con quanto fatto dall'inizio del suo mandato, il Presidente Napolitano è di nuovo intervenuto per dettare la linea da seguire in politica estera.
Per difendere la Costituzione? In modo particolare quell'art. 11 che impone all'Italia il ripudio della guerra?
No, niente affatto. Come per il rifinanziamento delle missioni militari all'estero ai tempi del Governo Prodi, il Presidente Napolitano si è nuovamente contraddistinto per essere un caldo sostenitore dell'interventismo militare.
Per fini nobili, ovviamente. Ma chi è che ha mai sostenuto la necessità di un intervento militare per altri motivi che non fossero nobili?
Ma per l'appunto, basterebbe riflettere sulla strumentalità delle motivazioni e sui risultati ottenuti con gli interventi militari degli ultimi anni, per capire che i conti non tornano.
Come i conti non tornano di fronte alla facilità con la quale la comunità internazionale ha fatto e continua a far finta di nulla di fronte a tragedie di gran lunga superiori a quella che oggi ha motivato l'ennesimo intervento umanitario contro il dittatore (non da ieri l'altro) Gheddafi.
Ma l'ipocrisia maggiore di casa nostra, è il continuo nascondere la mano che tira il sasso con l'alibi delle decisioni ONU: da Di Pietro a La Russa, passando per il Presidente Napolitano, quando la comunità internazionale chiama al dovere, anche per l'Italia dell'art.11 non è possibile tirarsi indietro.
Che poi i tedeschi in questo momento stiano facendo esattamente il contrario, evitando di farsi trascinare nelle avventure promosse da un altro guitto della politica, il Presidente Francese Sarkozy, basta evitare di parlarne; ovviamente, utilizzando la stessa macchina mediatica già al servizio del guitto  di casa nostra.

Ma torniamo all'art. 11 della Costituzione che, come più volte intimato da Napolitano, va letto per intero per comprenderne l'esatta portata.
Perché è vero, sostengono i fedelissimi delle risoluzioni ONU, "l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", però... c'è un però.
Sempre nello stesso articolo, infatti, dopo un punto e virgola, si dice che l'Italia "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".

"Consentire, promuovere e favorire". Questa la formula magica che vincola l'Italia alle scelte, anche di tipo militare, avallate dalla comunità internazionale.
Ma ciò che manca alla formula magica, per essere completa, sono le "condizioni di parità" che di fatto impediscono, a chi è animato da buone intenzioni nei confronti di tutte le ingiustizie del mondo, di non rendersi complici delle sole iniziative militari che nulla hanno a che vedere con le questioni di tipo umanitario.
Come ben tutti sanno, infatti, di tutto vige all'ONU, meno il principio della parità. Ci sono alcune nazioni, di cui l'Italia non fa parte, che possono utilizzare il potere di veto per bloccare qualsiasi iniziativa dell'ONU.
In tali condizioni, parlare di automatica adesione alle deliberazioni dell'ONU, quali che siano, ha ben poco senso, visto che alcuni stati possono votare più di altri.

La lista dei veti posti dagli USA e dalla Russia, tanto per non fare eccezioni, è lunghissima.
Pure per le bombe a frammentazione lanciate dagli israeliani sul carcere a cielo aperto di Gaza, non ci fu il modo per attuare un minimo intervento di tutela per la popolazione palestinese.
Ma al di là della politica dei veti vigente all'ONU, ci sono alcune Nazioni che alla "forza della ragione" possono far valere "la ragione della forza". Per cui, se l'ONU le segue nelle loro avventure di guerra, tanto di guadagnato in termini di legittimazione; se non le segue, c'è la vicenda irachena che insegna.

L'ONU non autorizza la guerra degli USA all'Iraq di Saddam?
La guerra viene fatta lo stesso, senza incorrere in alcuna sanzione e con l'ONU relegata, in seconda battuta, ad un mero ruolo di fotografo della nuova situazione. E così facendo, paradossalmente, l'ONU finisce con il legittimare, a posteriori, l'occupazione militare conseguente al conflitto non autorizzato.
E questo è quanto è per l'appunto avvenuto in Iraq, con una massiccia occupazione di forze militari straniere con il compito, riconosciuto dall'ONU, di ristabilire condizioni di sicurezza secondo gl'interessi e i parametri decisi da chi la guerra l'aveva, unilateralmente, iniziata.

Ecco, questa è l'organizzazione internazionale che, in condizioni di (dis)parità tra gli Stati, ancora una volta viene utilizzata per far quadrare i conti con l'art. 11 della Costituzione.
Non sempre, però.
Il dubbio che l'ONU qualche volta possa prendere una cantonata, o che sia costretta ad agire in un certo modo in conseguenza della diversità di peso che i singoli Stati possono esercitare, fa sì che l'art. 11 qualche volta torni ad essere interpretato per quello che realmente dice e, quindi, al di là di quanto deciso dalle organizzazioni internazionali, non può mancare un giudizio di merito circa l'effettiva natura dell'intervento militare, per cui alla fine si va via dall'Iraq, ma non si sa bene perché si rimane in Afghanistan.

L'Art. 11, peraltro, anche nella parte per la quale giunge l'invito a leggere con maggiore attenzione, specifica chiaramente che l'Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.
Assicurare la pace e la giustizia FRA le Nazioni, è però cosa ben diversa dall'assicurare la pace e la giustizia NELLE Nazioni.
Che piaccia o no al nostro Presidente, ai padri costituenti l'idea di esportare la democrazia con la forza delle armi non piaceva, tant'è che hanno appunto precisato l'ambito entro il quale, eccezionalmente, l'Italia può consentire limitazioni di sovranità.
Per quanto, quindi, Gheddafi o i talebani possano risultare antipatici ed indigeribili (e in tutta franchezza lo sono), la nostra Costituzione vieta l'uso delle armi per sostituirli con qualcuno o qualcosa di più simpatico, anche se a dirlo è l'ONU o qualsiasi altra organizzazione internazionale.

La nostra Costituzione non vieta, però, altri strumenti per rendere la vita difficile a tutti i dittatori di questo mondo.
Ma per l'appunto, come già fu per Saddam Hussein, anche con Gheddafi oggi ci si dimentica che si è passati dalla politica degli affari (non solo da parte italiana) alla politica delle armi.
Anzi, sino a ieri l'altro, si era tutti contenti, o si faceva sostanzialmente finta di nulla, di fronte ai modi barbari con i quali Gheddafi ha garantito i confini europei dall'immigrazione nord africana.

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