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Riforme.net  -  7 dicembre 2011
 
Sulle province, le mani libere del decreto salva Italia


di Franco Ragusa

Grazie al decreto legge salva Italia del Governo Monti, ci siamo finalmente liberati delle Province.
Dopo anni nei quali la parola d’ordine è stata “efficienza=azione di governo il più vicino possibile ai cittadini”, ha prevalso la visione economicista di chi, invece, ha individuato nelle Province un inutile costo della politica.
Senza quindi cambiare la Costituzione, abbiamo scoperto, grazie alla sagacia del Governo tecnico targato Monti, che un Ente territoriale, ampiamente previsto dalla Costituzione e probabilmente più utile delle Regioni, la Provincia, può essere sottoposto a “mobbing” con un semplice decreto legge. Uno strumento nelle mani del Governo che, ricordiamolo, può essere utilizzato solo in casi di necessità ed urgenza.
E già su questo punto ci sarebbe da riflettere.

Cosa c’è, di urgente, nel disporre che da qui a qualche mese le funzioni attribuite dalla normativa alle Province (teniamo a mente che l’art. 118 comma 2 Cost. prevede funzioni amministrative proprie e conferite da leggi statali e regionali) dovranno essere assorbite da Comuni e Regioni?
E cosa c’è, di urgente, nel disporre la decadenza degli Organi in carica delle Province, non oltre il 30 novembre 2012?
Stiamo tra l’altro parlando di Organi elettivi, di Organi, cioè, per i quali la sovranità popolare si è espressa e per i quali ci si attende che il mandato conferito giunga a termine.
Nessun problema: arriva il Governo Monti e, dal nulla, con il plauso di tutti e del Presidente Napolitano, anche l’espressione della sovranità popolare può essere azzerata con decreto legge.
Diversamente dal caso Englaro, infatti, il Presidente Napolitano non ha avuto nulla da obiettare nel controfirmare un decreto legge che va ad intaccare diritti ampiamente maturati, siano essi il voto espresso per le provinciali che le pensioni di quei lavoratori che, all’improvviso e per pochi giorni di differenza rispetto ad altri lavoratori con pari età e vita contributiva, non potranno accedere alla pensione per altri 5-6 anni.
Ma torniamo agli ormai divenuti Enti inutili, le Province. Non perché ci stiano particolarmente a cuore e perché sia questo il problema da affrontare. Che le Province svolgano un ruolo di raccordo fondamentale è sin troppo ovvio ed è dimostrato da alcune funzioni sino ad oggi svolte e che, ragionevolmente, non potranno essere affidate ai Comuni; e né, tanto meno, ad un organo come la Regione che, come lo Stato, risulterebbe eccessivamente distante sotto il profilo della comprensione e del rapporto con le esigenze locali.
L’aspetto sul quale si ha l’ardire di stimolare un minimo di attenzione è il metodo adottato.
Non una modifica costituzionale, bensì una legge ordinaria; per di più attraverso lo strumento della decretazione di urgenza.
Sulla base dell’art. 117 Cost., comma 2, lettera p), il Governo Monti ha infatti interpretato la  competenza esclusiva dello Stato su “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”, intendendola non come un potere unitario di regolazione, bensì come un potere di vita o di morte. E per assurdo, ciò che è stato previsto per le Province dal decreto legge, potrebbe essere applicato anche ai Comuni.
Riduci le funzioni, cancelli gli organi di Governo, e il gioco è fatto!
Da un giorno all’altro, intendendo in un certo modo la previsione costituzionale sopra citata, il Monti di turno potrebbe quindi cancellare e far resuscitare Enti locali a piacimento.
Che ci sia qualcosa, in questo meccanismo, che forse non quadra del tutto, lo ha dovuto ammettere lo stesso Monti. Per l’eliminazione delle Province è infatti necessaria una modifica della Costituzione, per cui, qualche funzione simbolica bisogna pur lasciarla.
Ma anche messa così, i conti non tornano.
Come sopra accennato, l’art. 118 Cost., comma 2, dice qualcosa in più:
"I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze".

Vi sono, quindi, delle funzioni amministrative proprie oltre a quelle conferite dal legislatore statale e regionale.
Quali?
Si tratta, forse, di quelle attribuite ai Comuni e che, per assicurare l’esercizio unitario, possono essere  conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. (art. 118 Cost., comma 1)?

Al di là di questo, vi è in ogni caso la previsione che consente alle Regioni, per le materie di propria competenza, di conferire funzioni amministrative alle Province, Comuni e Città metropolitane.
Il decreto anticrisi, quindi, per poter svuotare del tutto il ruolo delle Province, è dovuto intervenire anche sulle competenze delle Regioni, intimando il termine del 30 aprile 2012 per il trasferimento ai Comuni o alle Regioni di tutte le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province. E nel caso di mancato trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni entro il 30 aprile 2012, è previsto che si provveda in via sostitutiva con legge dello Stato (art. 120 Cost., comma 2; articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131).
Siamo di fronte ad un’applicazione, come dire, esondante, del principio di sostituzione previsto all’art. 120 Cost.: "Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione".

Lasciando da parte l’ovvia considerazione che l’articolo ha l’evidente finalità di permettere al Governo di risolvere le emergenze dovute ad inadempienze, inerzia e per garantire uniformità di trattamenti, cosa che nel caso specifico si è tradotta in una mera cancellazione della prerogativa prevista dalla Costituzione, per le Regioni, di poter conferire funzioni amministrative alle Province, vi è la precisa disposizione che la legge che regola i poteri sostitutivi debba essere rispettosa del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.
Se il principio di sussidiarietà ha quindi un senso, appare quanto mai discutibile che, senza forme di controllo, sia la legislazione statale a definire SE e a QUALI enti, tra quelli espressamente previsti dalla Costituzione e dalla stessa affidatari di competenze proprie, debbano essere assegnate le funzioni amministrative attribuite, in prima istanza, ai Comuni.
Così come per il principio di leale collaborazione, che dovrebbe quanto meno imporre il concorso e la verifica di sostenibilità degli enti interessati, nel caso specifico le Regioni, laddove ci si appresti ad una ridefinizione così profonda dell’attribuzione delle funzioni amministrative che potrebbero, peraltro, ricadere nella competenza esclusiva delle Regioni.

Per concludere, alla luce del metodo utilizzato dal Governo Monti, ma soprattutto del consenso ottenuto da alcune delle misure adottate, per annullare, con decreto legge e con un colpo solo, l’espressione della sovranità popolare, un ente previsto dalla Costituzione, nonché alcune prerogative costituzionali in capo alle Regioni, la domanda che viene spontaneo porre è ovviamente scontata: e se domani, al posto di Monti, saranno altri ad adottare simili provvedimenti, così poco rispettosi delle espressioni di sovranità popolare, dei diritti acquisiti e delle procedure?
Proviamo a rispondere e teniamolo a mente, in modo particolare quando verremo chiamati a contestare chi avrà avuto la forza di sottoporre all’esame della Corte Costituzionale parti del decreto salva Italia del Professor Monti.

Nota di aggiornamento.
Nella versione finale del Decreto "salva Italia" è spuntata fuori una piccola modifica; su suggerimento, probabilmente, degli Uffici tecnici del Quirinale.
Per lo scioglimento degli Organi provinciali non vi è più il termine ultimo del 30 novembre 2012, bensì si dispone che "Con legge dello Stato è stabilito il termine decorso il quale gli organi in carica delle Province decadono."
Anche con questa formulazione, però, le critiche rivolte, per quanto riguarda la soppressione dall'alto di Organi elettivi, rimangono sostanzialmente immutate. Non viene infatti sancito il principio della decadenza naturale di questi Organi, rimanendo nella discrezionalità di una futura legge dello Stato i termini per lo scioglimento.
Certo, in ipotesi questa legge potrebbe prevedere la fine naturale di questi Organi, ma si tratta, per l'appunto, solo di un'ipotesi tra tante possibili.
Altresì, a fronte di questa indeterminatezza, sia di contenuto che di tempo, sul punto viene implicitamente dimostrata l'assenza dei requisiti di necessità ed urgenza alla base dell'uso legittimo da parte del Governo dei Decreti legge.

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